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Nel 400° anniversario della morte di William Shakespeare

proposta e traduzione di Silverio Lamonica
Title_page_William_Shakespeare's_First_Folio_1623 [1]

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Il grande poeta inglese, William Shakespeare, morì il 23 aprile 1616. Quest’anno ricorre, quindi, il 400° anniversario della morte.

Per commemorare tale avvenimento, ho scelto il Sonetto XVIII in cui afferma che in natura tutto si deteriora, ma la vera bellezza vive in eterno e conclude più o meno così: “finché l’uomo vede e respira, questi miei versi ti faranno vivere”

Sonnet XVIII

Shall I compare thee to a summer’s day?
Thou art more lovely and more temperate:
Rough winds do shake the darling buds of May,
And summer’s lease hath all too short a date:
Sometime too hot the eye of heaven shines,
And often is his gold complexion dimmed,
And every fair from fair sometime declines,
By chance, or nature’s changing course untrimmed:
But thy eternal summer shall not fade,
Nor lose possession of that fair thou ow’st,
Nor shall death brag thou wander’st in his shade,
When in eternal lines to time thou grow’st,
So long as men can breathe, or eyes can see,
So long lives this, and this gives life to thee.

 Shall I compare thee.. [2]

Nel tradurre in italiano, ho usato prevalentemente il dodecasillabo sciolto che rende al meglio il ritmo dei versi shakespeariani, così “meditabondi”…

Sonetto XVIII

Dirò che sei pari a un giorno d’estate?

Ma ben più amabile e calda tu sei.

Se a maggio i boccioli son scossi dai venti,

sì breve sarà l’estate che attendi.

L’occhio del cielo con troppo calore

brillar come l’oro lo vedi talora,

ma spesso il suo aspetto dorato s’offusca

ché ogni beltà dal bello declina

e muta in natura nel caos perenne.

Ma non svanirà l’estate tua eterna,

tua grande beltà per sempre trattiene.

La morte non vanti coprirti nell’ombra

ché al tempo opporrai tua stirpe in eterno.

Finché c’è il respiro dell’uomo e lo sguardo

questi miei versi sian vita per te.

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Immagine in alto nella pagina. Ritratto di William Shakespeare (Stratford-upon-Avon, 1564 – 23 aprile 1616) sull’edizione del First Folio del 1623, edito da John Heminges ed Henry Condell, colleghi attori de “Il Bardo”. Ne è autore Martin Droeshout (1601 – 1650), incisore inglese di origini fiamminghe.

Di Silverio Lamonica, in condivisione con www.buongiornolatina.it [3]