- Ponza Racconta - https://www.ponzaracconta.it -

Il ruolo delle piccole isole nella migrazione degli uccelli

segnalato dalla Redazione
Caccia [1]

 

Ancor prima l’articolo era stato segnalato come link da Vincenzo Ambrosino in un suo commento ad un articolo di Adriano Sofri sul tema (leggi qui [2])
Lo proponiamo “in chiaro” dopo aver dato notizia del Convegno di Ischia in cui è stato presentato (leggi qui [3]) e per l’interesse che ha nel contesto ponzese.

.

Intervento di Francesca Buoninconti [*] al Convegno “Natura e cultura delle piccole isole” dell’edizione 2016 della Scuola Scienza & Società.

http://www.cittadellascienza.it/centrostudi/2016/04/il-ruolo-delle-piccole-isole-nella-migrazione-degli-uccelli/ [4]

Molte sono abitate, qualcuna è un po’ più selvaggia, qualcun’altra ancora è poco più di uno scoglio disabitato.
Le tremilatrecento piccole isole del Mediterraneo sono un luogo di sosta fondamentale per i milioni di uccelli migratori che ogni primavera si spostano dall’Africa verso l’Europa. Molti di loro pesano poco più di 10 grammi e affrontano un viaggio lungo oltre 10.000 km per mantenere la “promessa del ritorno”: arrivare ogni anno nello stesso luogo in cui sono nati per nidificare a loro volta.

Ma per tener fede alla promessa, devono attraversare due enormi barriere ecologiche: il deserto del Sahara e il Mar Mediterraneo. Il deserto, per quanto vasto e arido, è pur sempre terraferma su cui riposare anche all’ombra di un sasso, di una duna, o in un’oasi. Invece, cadere in mare significherebbe andare incontro a morte certa: nessun piccolo passeriforme migratore è in grado di nuotare o di riprendere il volo una volta caduto in acqua. Non ne sono capaci nemmeno altri migratori come i rapaci o le cicogne. E così le isole, le piccole isole, rappresentano l’unica possibilità di sosta per riposarsi e rifocillarsi per questi grandi viaggiatori.

Nonostante siano ancora tante le domande sul fenomeno migratorio che non hanno ottenuto piena risposta, una cosa è certa: durante la migrazione gli uccelli utilizzano le isole. Queste infatti funzionano proprio come stepping stones: “pietre di passaggio”. Noi umani per attraversare un ruscello senza bagnarci, saltiamo da una pietra a un’altra. Ecco, lo stesso fanno gli uccelli: sorvolano il Mediterraneo, “saltando” da un’isola a un’altra per raggiungere il luogo di nidificazione il prima possibile.

Su queste piccole isole, possono riposarsi, ripararsi dal sole, riprendere le forze e soprattutto ricostituire le riserve energetiche consumate durante il viaggio. Infatti, prima di iniziare la migrazione, gli uccelli accumulano le riserve energetiche sufficienti ad affrontare il viaggio. Entrano così in una fase detta di “iperfagia”: mangiano di più e più spesso, a volte anche cambiando completamente tipo di alimentazione [1] per mettere su velocemente peso, e accumulare il grasso che bruceranno durante il lungo viaggio.

Una volta partiti dai luoghi dove hanno trascorso l’inverno, gli uccelli migratori consumano rapidamente le energie accumulate, soprattutto in caso di venti contrari. È per questo che devono fermarsi a riposare e soprattutto a mangiare per ricostituire quelle riserve energetiche fondamentali per completare il lungo viaggio migratorio. Ed è che così che alle prime luci dell’alba (migrano di notte, nrd), scendono sulle isole per trovarvi ristoro. Ma solo chi ha necessità si ferma, chi è in buone condizioni continua il viaggio: arrivare il prima possibile, soprattutto per i maschi significa conquistare i territori migliori e avere più chances di riprodursi con successo.

Chi si ferma, dunque, deve trovare del cibo. Ma sulle isole, spesso, di insetti ce ne sono pochi e le bacche o la frutta in primavera ancora non sono mature. E allora va benissimo anche il nettare zuccherino dei fiori. Il nettare, infatti, presenta molti vantaggi: innanzitutto non è un animale, il che significa che non si può spostare né scappare, inoltre è molto energetico e facile da digerire. Un pasto perfetto, insomma, con il minimo sforzo.

Ogni primavera, quindi, sulle isole transitano centinai di migliaia di uccelli migratori. Un fenomeno ben noto agli isolani: i piccoli uccelli migratori per anni hanno costituito una delle rare fonti di proteine per gli isolani.

Dal 1992 però è entrata in vigore la legge 157/92 “Norme per la protezione della fauna omeoterma e per il prelievo venatorio”, che recepisce (con molto ritardo) la Direttiva europea 79/409/CEE, meglio conosciuta come Direttiva Uccelli (ora sostituita dalla 2009/147/CE). La 157/92 ha così stabilito che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è vietato cacciarla sia nel periodo di riproduzione, che durante la migrazione primaverile: quella verso i quartieri di nidificazione.

Purtroppo, però, una legge non è bastata a fermare questa carneficina. Ogni anno nel Mar Mediterraneo vengono abbattuti illegalmente fino a trentasette milioni di uccelli migratori. Sparati, intrappolati, catturati con il vischio e destinati alla morte. Purtroppo tra queste piccole isole, una primeggia su tutte: Malta. In barba a qualsiasi legge europea, e alle norme più elementari di conservazione delle specie, ogni primavera a Malta si consuma un massacro: vengono abbattuti 343 uccelli per chilometro quadrato, in un’isola che è lunga poco più di venti e larga appena quattordici chilometri. Subito dopo Malta nel primato per bracconaggio ai danni degli uccelli migratori troviamo un’altra isola: Cipro. Da soli gli abitanti di quest’isola, la terza per dimensioni nel Mediterraneo, abbattono 2,3 milioni di uccelli ogni anno, pari a 248 uccelli abbattuti ogni chilometro quadrato. In questa tragica e penosa classifica, troviamo però anche l’Italia. Con 5,6 milioni di uccelli abbattuti l’anno, l’Italia è il secondo stato del Mediterraneo, dopo l’Egitto, per numero di uccelli uccisi illegalmente. Un triste podio che si consuma per lo più nelle piccole isole e nelle adiacenti zone costiere italiane, soprattutto in Sardegna, Sicilia, Calabria.

bracconaggio-ponza [5]

Le isole, quindi, sono sì un punto di sosta privilegiato per questi piccoli passeriformi in volo sul Mediterraneo, ma sorvolarle o atterrarvi può significare anche andare incontro alla morte per mano dell’uomo.

Proprio per il loro ruolo strategico, però, le piccole isole del Mediterraneo sono anche un luogo privilegiato per studiare gli uccelli migratori. È proprio per questo che, nel 1988, è nato a Ventotene il Progetto Piccole Isole (PPI), ideato da Fernando Spina e coordinato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Il PPI è un progetto internazionale, che a partire da Ventotene si è diffuso in 48 piccole isole e lembi di costa del Mediterraneo, coinvolgendo ben 7 Paesi, oltre l’Italia.

In questi 28 anni, è stato così possibile conoscere e monitorare la migrazione primaverile di numerose specie attraverso il Mar Mediterraneo, grazie a una tecnica particolare: l’inanellamento a scopo scientifico. Un metodo di ricerca basato sul marcaggio individuale degli uccelli tramite anelli metallici in lega leggera, diversificati a seconda della specie, della struttura delle sue zampe e del tipo di ambiente frequentato. Ogni anello è contrassegnato in modo univoco da una sigla e da un codice alfanumerico progressivo, e una volta applicato alla zampa dell’uccello lo rende identificabile e riconoscibile facilmente. Un po’ come la targa di una macchina, che è unica in tutto il mondo.

Grazie all’inanellamento, si riescono a valutare importanti dati fisiologici, come la quantità di grasso accumulato o il peso, e morfometrici di un individuo. Dati importantissimi per lo studio delle popolazioni. Ma è la successiva osservazione di un uccello già inanellato, attraverso una ricattura o un avvistamento, ad essere fondamentale: grazie a una ricattura possiamo conoscere ad esempio i percorsi effettuati, la durata dei voli, e in alcuni fortunati casi anche la velocità, e ancora possiamo ricavare dei record di longevità. Tutte informazioni che hanno un’importanza gestionale enorme.

Tra le isole italiane,  Ventotene, Capri, Ponza, Ustica, l’Asinara, Palmaria, Pianosa e anche Zannone, Giannutri, Montecristo, Capraia e Procida sono state, e molte sono tutt’ora, sede dei campi di inanellamento a scopo scientifico del PPI.

In questi 28 anni, nelle 48 stazioni del PPI sono stati inanellati oltre un milione di uccelli, appartenenti a più di 250 specie diverse. Un risultato eccezionale ottenibile solo su questi minuscoli lembi di terra, speso fragili e minacciati, che sono le piccole isole del Mediterraneo.

 

Note

[1] – Molti insettivori, durante l’iperfagia, diventano frugivori, privilegiano frutti e bacche che favoriscono la lipogenesi come il sambuco nero. Altri come cannaiole e luì, che invece rimangono insettivori, prediligono gli afidi: pidocchi delle piante che si nutrono della linfa e hanno lo stesso effetto del sambuco. In questo modo, in un solo giorno, gli uccelli riescono ad accumulare grassi velocemente e ad aumentare il loro peso, raggiungendo così in due settimane le riserve giuste per affrontare la migrazione.

[2] – Foto dell’articolo originale, di Andrea Senese

[*] – Francesca Buoninconti – Giornalista scientifica, attualmente lavora presso il Centro Studi di Città della Scienza. Scrive per il quotidiano on-line Il Mediano e per il giornale scientifico Galileo, e ha collaborato con il programma radiofonico Radio3Scienza di Radio3. Ha conseguito il Master “La scienza nella pratica giornalistica” presso La Sapienza di Roma.