Rimane sempre lontano dagli occhi e lontano dal cuore, questo amatissimo scoglio natìo; il cattivo tempo e la stagione inclemente, il lavoro in “continente” e la necessità di non poterla vivere quando e come vuoi, quando puoi.
Eppure basta poco per farti riaccendere il desiderio e la passione per questa instancabile amante Ponza, isola nostra: i profumi, i ricordi, i sapori ti scatenano l’adrenalina dei sentimenti ed ecco che sei lì, con la tua valigia colma di ansia e di desideri, pronto a ridesiderarla e a riconquistarla per una volta ancora.
Basta poco.
Poi nuovamente emergono i litigi giornalieri, le cause in tribunale con il vicino di casa, i soprusi quotidiani, l’astio delle giornate buie, la difficoltà per raggiungerla, i rimproveri dei tuoi compaesani, i lavori nascosti in attesa dell’estate opulenta, il livore dei sopravvissuti all’ennesimo inverno desertificato.
E ti passa la voglia di rifare la corte a questa tua stanca isola. Stanca di essere dimenticata, svilita nei suoi sentimenti, dove nessuno più si saluta per strada, anzi si gira la faccia dall’altra parte; dove l’amore e la carità sono diventati solo oggetto dei sermoni domenicali e non del vissuto quotidiano.
Effimeri desideri che si dissolvono così come nascono.
Basta poco.
“Odi et amo. Quare id faciam fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior”
“Odio e amo. Forse chiederai come sia possibile.
Non so, ma è proprio così e mi tormento”
Così suona in italiano, nella traduzione di Salvatore Quasimodo, il LXXXV Carme di quel giovane promettente poeta veronese del I secolo A.C. di nome Gaio Valerio Catullo, che così trasmette ai suoi lettori la passione senza fine per la sua amata Lesbia.
Così come il mio amore per l’amato scoglio.