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Fantasticherie. Major e Minor (5). Quinta e ultima puntata
Minor (seguito) Sorsero i mercatini a cadenza periodica. In questi erano offerti prodotti locali e non, soprattutto quelli della terra e dell’artigianato. I primi derivavano dai campi del circondario, i secondi dalle mani abili di donne ed uomini che avevano ripreso gli antichi mestieri. C’era chi utilizzava la moderna tecnologia, chi, invece preferiva i vecchi trapani e ’a chianozza. Insomma sembrava il risveglio dell’anno mille quando dal mondo chiuso e sonnolento dell’economia curtense si andò verso una nuova civiltà e soprattutto verso un nuovo modo di pensare. Qualcuno definì tutto questo come “Il futuro con il ritorno al passato”. Non basta: ogni anno, insieme ad alcuni eventi che rimanevano inamovibili, scartati quelli che non avevano avuto successo, ostinatamente se ne ideavano degli altri o si correggevano quelli precedenti e/o si adattavano ai tempi. Così i cittadini erano invogliati a riunirsi quanto più possibile e di conseguenza a confrontare le idee. Però, come spesso accade, questo fatto non era gradito a qualcuno il quale tentava di boicottare tutto adducendo varie ragioni (quelle più ricorrenti erano: “Non servivano a niente oppure erano una perdita di tempo”). Ma la maggior parte dei cittadini, ostinatamente, continuavano per quella strada, sordi al canto delle poche “sirene” che tentavano di imbrigliarli e, di conseguenza, di farli affogare. Così novità e tradizioni armoniosamente si fondevano e, pertanto, non c’era neppure bisogno di fare molta propaganda perché, si sa, le voci si rincorrono dappertutto. Una volta accadde una cosa strana. Durante una discussione animata in un consiglio comunale, dove si toccavano punti salienti e soprattutto concreti, un consigliere, alzandosi, propose di discutere in un successivo consiglio lo stesso punto posto all’ordine del giorno del vicino paese Major: “Agevolazioni per i nativi ma non residenti”. Tutti gli astanti si guardarono esterrefatti. Sicuramente quel Temerario aveva avuto qualche “soffiata” da parte di qualcuno proveniente dalla vicina località (l’invidia non si fa mai i fatti suoi). Il Primo cittadino decise non solo di porlo all’ordine del giorno ma anche di far partecipare al dibattito chiunque volesse, anche del pubblico (non erano molti i residenti anche perché, nonostante le numerose richieste, non era facile ottenerla). Tutti si iscrissero a parlare anche i bambini delle elementari. Alla fine, all’unanimità, fu deciso di approvare quell’unico punto posto all’ordine del giorno. Il Primo cittadino, persona molto pratica e senza fronzoli per la testa, per dare organicità e per verificare se quello che era stato approvato non fosse cosa “campata in aria”, come spesso accade, predispose un modulo da riempire per coloro che volessero fare delle agevolazioni, nel quale non solo si disegnava il periodo ma si quantizzavano, in termini monetari, le agevolazioni che si intendevano effettuare. In verità, un po’ incredulo, non fece stampare molti moduli. Invece andarono letteralmente a ruba e l’impiegato preposto dovette procurarsi un registro più grande per poter annotare tutto. Infatti non solo parteciparono i gestori di alberghi ma anche i privati misero a disposizione i loro appartamenti. Ad un certo punto, quello che pensa alle corbellerie perché non sa altro a cui pensare, osò presentare alla cittadinanza tutta, anche un’altra “curiosa” proposta: “Perché non facciamo anche una petizione per agevolare, per i suddetti, il costo del biglietto del battello?” Anche questa iniziativa riscosse notevole successo ed il primo a porre la firma fu il Primo cittadino e poi tutti gli altri fecero a gara perché ognuno voleva che la sua firma fosse anteposta a quella degli altri. Il solito cattivo, che gode delle lamentele e dei dolori degli altri, passando di là dovette ammettere tra i denti (forse masticava qualcosa di amaro): “Chesta gente non ten’ ’u’ pizz buon’ e i’ scell’ rott’ (letteralmente il becco buono e le ali rotte: sa solo ingozzarsi, senza far niente ), ma “sap’ leva’ ll’uovo ‘a cul’ a’ gallina” (letteralmente toglie l’uovo alla gallina prima che lo faccia cadere a terra, cioè ci sa fare e soprattutto si dà da fare)”. Questa volta se ne andò bofonchiando perché la sua cattiveria era stata punita. – Tutte stranezze! – disse ad alta voce qualcuno che si era messo ad origliare mentre queste facezie mi erano raccontate dal solito vecchio il quale, seduto sulla porta di casa su una vecchia sedia dal sedile di paglia, aspirava voluttuosamente boccate di fumo da una vecchia pipa. Il tabacco, però, non era quello profumato ma era il puzzolente e vecchio trinciato forte. Nota [Fantasticherie. Major e Minor (5) – Fine] Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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