Ambiente e Natura

La storia del soccorso sanitario aereo a Ponza (1)

di Alessandro Romano

 

Considerato che di recente la questione del Soccorso sanitario aereo di Ponza è finita più volte nella cronaca provinciale e nei discorsi preoccupati dei ponzesi, è mia intenzione portare un piccolo contributo a quella che è stata la storia di questa importantissima e vitale funzione di emergenza.

Occorre necessariamente premettere che quando fu fondata la nostra comunità isolana, il concetto di primo soccorso era ben diverso da come lo concepiamo adesso, come era ben diverso il concetto di sanità.

Nel ’700, tra i vari interventi infrastrutturali quali il porto, il palazzo del governatore, le strade, il giudicato (pretura), la chiesa e le abitazioni del centro storico, fu realizzata anche l’infermeria. (Foto 1).

Foto 1 InfermeriaInfermeria. Foto d’epoca, ancora con le scale sulla salita per la Torre

Nell’analisi tecnico-storica, il termine è abbastanza improprio dato che quella struttura che oggi accoglie la Guardia di Finanza, era un ospedale a tutti gli effetti in grado di praticare le principali funzioni sanitarie, comprese quelle di pronto soccorso ed urgenza. Rimarco il termine di “pronto soccorso” e non di “primo soccorso” (oggi in funzione) che non è, come molti pensano, un pronto soccorso diversamente denominato. In effetti, allora, sull’isola fu insediato un presidio medico completo, dotato di tutte le strutture e le capacità scientifiche conosciute in quel tempo ed organizzato in un modo tale da non prevedere il trasporto d’urgenza che, date le difficoltà marine, i mezzi di trasporto e la distanza da Napoli, appariva assolutamente impraticabile.

Dopo l’unificazione italiana le cose cambiarono notevolmente. L’ospedale fu via via abbandonato dal corpo medico ed infermieristico specializzato, restando solo un alloggio delle suore che, in precedenza, vi prestavano assistenza. Da quel momento in poi la sanità isolana restava affidata ai soli medici locali ed ogni urgenza diventava un vero e proprio serio problema. È rimasto ancora nel linguaggio comune la frase “ha fatto ’nu vuzzo p’arriva’ ’u Monte”. Dove il Monte era il Circeo, il punto della costa più vicino, che spesso, considerati anche i mezzi di soccorso e le strutture sanitarie costiere, significava raggiungere il nulla. Pertanto barche a vela o gozzi a sei o a otto remi che, comunque, raggiungevano velocità relativamente ragguardevoli, dopo il 1861 rappresentavano l’unico mezzo di soccorso e, pertanto, l’unica speranza di salvezza.

Qualcosa cambiò sul finire degli anni ’30 e comunque prima del Secondo conflitto mondiale quando a Ponza fu installata una base di idrovolanti militari da ricognizione. L’hangar fu realizzato a ridosso della Spiaggia di Santa Maria ed accoglieva un solo velivolo. (Foto 2, 3).

Foto 2 Hangar

Foto 3 Hangar

Da quanto è dato sapere, i trasporti di soccorso con gli aerei furono pochi e difficoltosi. Probabilmente la scarsa disponibilità al soccorso sanitario sempre mostrata dai piloti militari dipendeva dalle effettive serie difficoltà operative per effettuare un trasporto. Infatti, le manovre di imbarco del paziente erano complesse e pericolose dato che l’abitacolo dell’aereo era posto molto in alto rispetto alla linea di galleggiamento, inoltre era sufficiente un poco di levante per non consentire il decollo (Foto 4, 5, 6).

Foto 4 Idrovolante

Foto 5 Idrovolante

Foto 6 Idrovolante ponza#001

Si racconta di imprese al limite dell’eroismo di uomini che si lanciavano in mare per agganciare l’idrovolante e rimorchiarlo in una posizione più adatta per procedere poi con le complicate operazioni di imbarco. Una pratica che, di solito, veniva effettuata sulle secche di Sant’Antonio o sulla riva del “mamozio”, con immaginabili disagi per i passeggeri.

L’avvento dell’elicottero coincise con la realizzazione delle banchine nuove che subito risultarono un ottimo campo di atterraggio di emergenza. Allo stesso tempo, in quegli anni, ci fu un’altra fortuita coincidenza: due ponzesi, sottoufficiali dell’Aeronautica Militare, furono mandati in servizio presso il Distaccamento di Campo Inglese che, da qualche anno, aveva soppiantato quello interforze dell’antico Semaforo di Monte Guardia (Foto 7).

Foto 7 Semaforo-1955.1 Monte Guardia#001Operatore del “Semaforo” di Monte Guardia

I due aviatori erano Luigi Tricoli, comandante della nuova postazione militare, e Giuseppe Romano, appartenente ai ruoli sanitari dell’Aeronautica Foto 8, 9, 10 “i primi avieri di Ponza”.

Foto 8 Luigi Tricoli

Foto 9 Romano Giuseppe #001Foto 10 Teleposto uomini#001

Anche se negli anni ’50 gli elicotteri presentavano una precarietà nella stabilità e nella sicurezza del volo che, oggi, sarebbe inaccettabile, l’utilizzo di questo veloce mezzo di trasporto a Ponza diventò sistematico e risolutore di diverse
situazioni di gravità, riuscendo a salvare molte vite umane. Il sistema ideato dai militari ponzesi e dai medici isolani era semplice ed efficace.
Il medico, appurata la gravità del paziente, avvertiva il Distaccamento ponzese dell’Aeronautica Militare che immediatamente allertava via radio la base di Pratica di Mare (presso Pomezia) dove erano dislocati gli elicotteri. Basta pensare che nei casi più complicati, l’elicottero arrivava a Ponza dopo un’ora e mezza dalla chiamata. Per quei tempi un record (Foto 11).
Foto 11 Elicottero leggero Agusta-Bell

Elicottero leggero Agusta-Bell

Quando a Ponza arrivarono i telefoni, e stiamo negli anni ’60, non a caso il primo numero fu assegnato proprio al Distaccamento dell’Aeronautica Militare che ancora conserva quel numero telefonico 80.000 (oggi 0771 80.000).
Da allora bastava una telefonata del dottore e l’elicottero arrivava puntualmente. Curioso ricordare che, prima del telefono, l’addetto ufficiale incaricato di allertare il Distaccamento Aeronautico di Ponza era Raffaele Pelliccia che, contattato (e pagato) dai parenti del paziente da soccorrere, raggiungeva con il suo taxi in velocità il “Campo inglese” strombazzando a più non posso. Poi, qualora ne fosse emersa la necessità, avrebbe provveduto, con la sua seicento multipla dotata di sedili ribaltabili, anche al trasporto del malato presso le banchine nuove per effettuare il trasbordo sull’elicottero.

Nei tanti rapporti del tempo viene menzionato anche un incidente aereo che sfiorò la tragedia. A seguito di una chiamata d’urgenza per una sospetta peritonite ad una giovane ragazza di Le Forna, fu inviato un elicottero che, a causa del forte vento di ponente, giunto nella baia di Ponza seguì una rotta aerea insolita. Costeggiando a bassissima quota da Cala Inferno e superata la baia di Frontone, puntando alle banchine nuove finì per impattare nei cavi elettrici tesi tra lo Scoglio Ravia e la sommità della montagna delle Grotte Azzurre. Allora non solo i cavi elettrici non appoggiavano sugli scogli intermedi del Caciocavallo, come si vede adesso, ma nemmeno erano opportunamente segnalati. Tuttavia, nonostante il blocco del rotore e del motore, l’elicottero riuscì ad ammarrare ed a restare in superficie grazie ai galleggianti di cui era dotato. Fu poi rimorchiato nella spiaggia della “Caletta” del porto e, quindi, issato sulla nave-cisterna Sesia per essere trasportato a Napoli.

 

[La storia del soccorso sanitario aereo a Ponza (1) – Continua]

5 Comments

5 Comments

  1. vincenzo

    29 Marzo 2016 at 11:25

    Tu scrivi: “In effetti, allora, sull’isola fu insediato un presidio medico completo, dotato di tutte le strutture e le capacità scientifiche conosciute in quel tempo ed organizzato in un modo tale da non prevedere il trasporto d’urgenza che, date le difficoltà marine, i mezzi di trasporto e la distanza da Napoli, appariva assolutamente impraticabile”.

    Una domanda: La differenza con un presidio della Capitale (Napoli) era essenzialmente una questione di posti letto oppure anche di organizzazione e capacità tecniche-scientifiche. Nel nostro ospedale c’erano medici, infermieri? Erano impiegati nell’ospedale e pagati dalla corona oppure erano medici che si servivano solo della struttura ospedaliera. C’era un direttore dell’ospedale? E poi, – siccome hai parlato di completa autonomia, che io ritengo dipendere oltre che dalla difficoltà del trasferimento in continente anche dalla cultura sanitaria del tempo- ti chiedo: tutto ciò che si faceva in ospedale di Napoli – in questo campo – si poteva fare anche a Ponza?

  2. Alessandro Romano

    29 Marzo 2016 at 11:50

    Innanzitutto va detto che il numero degli abitanti di Ponza era maggiore rispetto a quella di oggi, pertanto era più che giustificato un ospedale a tutti gli effetti. Ad onor del vero va anche detto che la struttura sanitaria ponzese, inserita nella riforma sanitaria del tempo, era militarizzata e, pertanto, anche per questo dotata del massimo supporto scientifico e medico.
    In merito a quello che si poteva fare a Ponza lo si evince anche da alcuni interventi di amputazione di arti, di “cuciture emorragiche interne” e di “gestazione assistita” chirurgicamente. Senza parlare delle vaccinazioni periodiche della popolazione, anche carceraria. Certamente il numero dei posti letto era relativamente limitato soprattutto per le lunghe degenze che, a quanto risulta, erano effettuate presso le abitazioni dei pazienti. Pertanto, come accenni tu, la differenza con la capitale era essenzialmente nel numero dei posti letto e, probabilmente, nell’esperienza e preparazione dei medici ed infermieri in servizio.

  3. Alessandro Romano

    29 Marzo 2016 at 12:02

    ….dimenticavo: tutte le prestazioni mediche a qualsiasi titolo, anche a domicilio, erano gratuite per i pazienti. I medici erano pagati dallo Stato (non dalla Corona). Mentre i medici comuni (non in servizio in ospedale) erano a pagamento, ma solo per chi aveva un “censo superiore”, così come avveniva per “i paglietta” (avvocati).

  4. vincenzo

    29 Marzo 2016 at 16:47

    Quindi comunque era un vero ospedale, certamente come succede da sempre la cultura individuale di un medico dipende anche dall’esperienza che questi fa, che a sua volta dipende dal numero dei casi che egli affronta giornalmente; immagino che i “primari importanti, probabilmente risiedevano altrove ma dalla tua descrizione si evidenzia una struttura ospedaliera completa che dovevano assicurare il soccorso in maniera integrale.
    A questo punto faccio una domanda che potrebbe sembrare ingenua:
    “al di là del progresso nelle conoscenze mediche, sanitarie intercorse nel tempo, tu pensi che la percezione di fiducia dell’isolano verso l’assistenza sanitaria sull’isola sia aumentata o diminuita?
    In altre parole: rispetto alla sanità isolana aveva più fiducia un ponzese di metà ottocento oppure uno del 2016?

  5. Alessandro Romano

    29 Marzo 2016 at 17:30

    Caro Vincenzo, tu mi tiri in un campo che non è più storico, ma sociale e politico. In ogni caso non mi piace sfuggire alle domande, ma consentimi di risponderti al termine della pubblicazione di tutto il mio elaborato. Comunque grazie per la considerazione.

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