Ambiente e Natura

A Ponza lo “stracquo” bis

di Biagio Vitiello
Meduse stracquate sulla spiaggia di Sant'Antonio.1

 

A causa della levantata dei giorni scorsi il lungomare di Ponza Porto, in particolare le spiagge di Sant’Antonio e Giancos, è stato interessato dallo “stracquo’ di migliaia di meduse che nei giorni scorsi hanno rilasciato un lezzo putrefattivo in tutta la zona.

C’è chi ha ricordato i tempi in cui stracquavano i totani e la ‘pulizia’ era immediata e totale…
Evidentemente neanche gli stracqui sono più quelli di una volta..!

Meduse stracquate sulla spiaggia di Giancos.2

 

Immagini. Meduse ‘stracquate’ e in via di dissoluzione sulle spiagge di Sant’Antonio e Giancos

 

 

Appendice delle ore 12,30

Dice Mimma che si trattava di velelle, pure a Ponza chiamate così: ‘i veléll’. E annota: – Quel che vorrei rimarcare, oltre alla puzza, è il periodo in cui sono arrivate. Generalmente questo fenomeno capitava a maggio, questa volta ad inizio marzo. Che sia anche questo un effetto dei cambiamenti climatici in corso?

Allega una foto della pulizia della spiaggia nella mattinata di oggi 15/3

Nota
Per le velelle, sul sito, leggi qui e qui

Velella

Velella velella. Fase 2

Fase 3

***

velelle pulizia spiaggia 001

 

Per (indiretto) suggerimento di Antonio Scotti abbiamo recuperato il video – YouTube – da cui è stato tratto il testo riportato:

.

.

 

 

10 Comments

10 Comments

  1. Adriano Madonna

    15 Marzo 2016 at 10:30

    di Adriano Madonna
    Mi piacerebbe sapere di quale specie di medusa si tratta, o, almeno, avrei bisogno di una descrizione delle meduse spiaggiate per desumerne la specie. Le meduse stanno proliferando in tutti i mari del mondo: gli oceani sono pieni di meduse, così come il Mediterraneo. Il fenomeno è da imputare in particolare al riscaldamento del mare, che ha ampliato i periodi di riproduzione di questi organismi. Ringrazio si da adesso chi vorrà darmi delucidazioni sulla specie di medusa che si è spiaggiata a Ponza.

  2. Martina Carannante

    15 Marzo 2016 at 12:33

    Caro Adriano, provo a darti qualche informazione in più.
    Queste meduse i ponzesi le chiamano “velelle” perché, a differenza delle comuni meduse, non hanno tentacoli, ma una lamina sul dorso che le fa assomigliare ad una barca a vela sull’acqua. Come si nota dalla foto, sono blu e mi pare che si nutrono di plancton. Non so se siano effettivamente meduse perchè le caratteristiche principali sono:
    – si nutrono di plancton, non hanno tentacoli, non si asciugano al sole, non sono gelatinose e neanche urticanti.
    Già lo scorso anno era capitata un’invasione di questo genere, seppur in numero ridotto; questa volta, forse per via del levante, le spiagge sul versante interessato da questo vento si sono riempite. La decomposizione non è tardata ad arrivare lasciando una puzza tremenda. Qualcuno so che le ha raccolte e portate dei giardini per usarle come concime, però non so se sia stata una mossa astuta.
    Spero di essermi spiegata abbastanza bene, adesso caro professore tocca a te!
    Attendiamo tue notizie, nonchè aspettiamo di rivederti a Ponza.
    Martina

  3. La Redazione

    15 Marzo 2016 at 12:41

    Aggiunta una foto, inviata da Mimma, della pulizia della spiaggia

  4. Sandro Vitiello

    15 Marzo 2016 at 13:23

    Eppure queste velelle sono state sempre presenti nei nostri mari ed erano considerate una manna.
    Venivano raccolte a quintali e conservate in contenitori appossimativi, casomai con l’aggiunta di un pò di sale.
    Venivano poi usate per fare “remiggio”, cioè per pasturare il mare quando si pescava con le canne dagli scogli oppure per quando si pescava con le bombe.

  5. Adriano Madonna

    15 Marzo 2016 at 16:41

    Ringrazio Martina Carannante per la sua esauriente descrizione della medusa: quindi, grazie Martina! Dunque, si tratta della Velella e in questo caso il nome dialettale (e anche uno di quelli comuni) riprende quello scientifico (ciò accade raramente), che è, appunto Velella velella, mentre uno di quelli comuni più usati è barca di San Pietro. Quando ho parlato della proliferazione delle meduse in ragione del riscaldamento delle acque, mi riferivo in particolare ad alcune specie di meduse, tra cui anche Velella velella, che in alcune zone del nostro Mediterraneo sta aumentando di quantità in maniera esponenziale. Questo cnidario, che non ha mezzi propri di spostamento talmente efficaci da riuscire a contrastare i moti del mare (correnti, moto ondoso etc.), tant’è che viene annoverato nel grande insieme del cosiddetto “plancton gelatinoso”, viene trasportato dal vento, poiché la sua parte emersa, piena di gas, funziona da vela, oltre a somigliare davvero a una vela. Lo stesso sistema lo troviamo in alcuni sifonofori, come la caravella portoghese, anch’essa munita di una sacca galleggiante denominata pneumatoforo. Velella velella appartiene alla classe degli idrozoi, quindi, a voler essere precisi, non è una medusa propriamente detta. Le “vere” meduse, infatti, appartengono alla classe degli Scifozoi (Scyphozoa), tant’è che i patiti della sistematica le chiamano scifomeduse.
    Tornando alla velella, è accaduto altre volte, in passato, di vederne vere e proprie invasioni sia sotto costa sia al largo. Ho sentito anch’io che vengono spesso usate come concime, ma non saprei con quali risultati, dato che le meduse sono praticamente “fatte d’acqua”, ma forse qualche proteina buona c’è.
    Ringrazio Martina per l’invito a Ponza. Sì, verrò davvero volentieri, anche per conoscervi tutti, amici di “Ponza Racconta”. Con tanti di voi, infatti, mi sono sentito solo per telefono, anche se credo che la nostra amicizia sia ormai consolidata. In ogni caso, fatemi sapere quando ci sarete tutti o almeno quasi tutti (Martina, ricordati di avvisarmi!)

    Grazie, saluti cari
    Adriano

  6. antonio scotti

    15 Marzo 2016 at 19:28

    La “velella velella” è una specie di medusa nota anche come “barchetta di San Pietro” perché galleggia sulla superficie dell’acqua e viene sospinta dal vento, proprio come una piccola barca a vela, innocua e non urticante per l’essere umano anche se viene sconsigliato di portarsi le dita agli occhi dopo averle toccate in quanto comunque contengono alcune tossine che gli consentono di uccidere il plancton di cui si nutre. Il ciclo vitale di questi organismi non è ancora del tutto conosciuto. Probabilmente le meduse velella velella si spostano in profondità dove si riproducono per via sessuale, cioè tramite la produzione di uova e spermatozoi. Nelle nostre zone si possono osservare nelle stagioni intermedie, cioè in primavera e in autunno.

  7. antonio scotti

    15 Marzo 2016 at 19:36

    La Velella è conosciuta anche come Barchetta di S. Pietro perché galleggia sulla superficie dell’acqua e viene sospinta dal vento, proprio come una piccola barca a vela.
    Le velelle presentano un disco di consistenza cartilaginea che galleggia sulla superficie del mare per via della presenza di camere d’aria all’interno del disco.
    Sulla faccia superiore del disco c’è una struttura triangolare che emerge dalla superficie del mare e funge da vela, permettendo all’animale di essere spostato dalla forza del vento.
    Sotto al disco vi sono numerose strutture simili a tentacoli. In realtà Velella velella non è un singolo organismo ma una colonia composta da tanti individui.
    Come possiamo, vedere gli individui sono diversi tra loro. Negli cnidari infatti, spesso si osserva il polimorfismo, ossia la presenza di individui diversi specializzati a svolgere funzioni diverse.
    Velella presenta 3 tipi di individui:
    1) al centro del disco c’è un unico grande individuo tubolare dotato di bocca e specializzato nell’alimentazione.
    2) attorno vi sono numerosi altri individui con funzione difensiva che hanno la forma di un tentacolo e sono privi di bocca.
    3) Infine vi sono altri individui che svolgono sia la funzione riproduttiva che quella alimentare.
    Le Barchette di S. Pietro hanno un colore blu intenso dovuto alla presenza di particolari pigmenti (astaxantine) che le difendono dalla esposizione solare.
    A primavera o in autunno non è raro vedere al largo delle enormi strisce azzurre formate dall’aggregazione di questi animali. Queste comparse improvvise di un numero straordinario di organismi gelatinosi prende il nome di bloom.

    Trasportate dal vento e dalle correnti le Barchette di S. Pietro spesso arrivano vicino alla costa e vanno incontro a spiaggiamento. In queste foto (nel video) osserviamo uno spiaggiamento avvenuto nel 2010 lungo le coste occidentali della Sardegna: migliaia di esemplari sono stati riversati sulla costa dopo una mareggiata.
    Le velelle spiaggiate si seccano sotto il sole e perdono il tipico colore azzurro, divenendo prima rosa e poi completamente prive di colore.

    Ma da dove vengono tutte queste Barchette di S. Pietro?
    Il ciclo vitale di questi organismi non è ancora del tutto conosciuto. Durante i bloom, le Barchette di S. Pietro si nutrono di uova e larve di pesci e di crostacei. Gli individui a funzione riproduttiva della colonia producono numerose minuscole meduse che si staccano e si allontanano. Successivamente le medusine formano due sottili tentacoli.

    Probabilmente le meduse di velella si spostano in profondità dove si riproducono per via sessuale, cioè tramite la produzione di uova e spermatozoi. I gameti maschili e femminili si fondono e dall’uovo fecondato nasce una larva. Il primo stadio larvale conosciuto è detto conaria ma potrebbero esserci altri stadi di larvali finora sconosciuti.

    La conaria va incontro ad una serie di cambiamenti morfologici e comincia a salire verso la superficie. Già dalle prime fasi di sviluppo è possibile osservare quelle che diverranno le strutture a forma di vela o di disco galleggiante. Le colonie completamente sviluppate quindi appaiono sulla superficie del mare.

    Le Barchette di S. Pietro si osservano solo a primavera in autunno. E’ probabile che parte delle uova fecondate o dei primi stadi larvali, invece di dare subito origine alla colonia galleggiante, sia in grado di formare cisti; una cisti è uno stadio quiescente che può rimanere a lungo sul fondo del mare permettendo all’organismo di superare un periodo avverso, ad esempio quando il cibo scarseggia. Superata la fase sfavorevole, la cisti si apre e libera l’organismo che continua il ciclo vitale dal punto in cui era stato interrotto.

    Come le meduse, le velelle posseggono cnidocisti, ossia organelli urticanti, ma il loro potere tossico è blando e non rappresentano un problema per gli esseri umani.

  8. La Redazione

    15 Marzo 2016 at 21:47

    Su (indiretto) suggerimento di Antonio Scotti abbiamo recuperato il video – YouTube – da cui è stato tratto il testo riportato in Commento (il video nell’articolo base)

  9. antonio scotti

    16 Marzo 2016 at 12:36

    UN GRAZIE AD ENZO DI FAZIO PER LA DOVEROSA PRECISAZIONE

  10. Rita Bosso

    18 Marzo 2016 at 08:53

    Le velelle sono state protagoniste di un evento artistico nell’ambito de LO STRACQUO, L’ARTE CHE VIENE DAL MARE, realizzato a Ponza due anni fa. L’artista Laura Cristin portò a Ponza le sue “creature marine” vuote proprio nei giorni in cui tante velelle stracquarono a Giancos, e trovò il modo di utilizzarle.
    https://www.ponzaracconta.it/2014/04/13/cronache-dallo-stracquo-14/

È necessario effettuare il Login per commentare: Login

Leave a Reply

To Top