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Una lacrima sulla maiolica

di Silveria Aroma
gallinellablog [1]

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Io scrivo, lasciando a Voi la scelta di pubblicare…
S. A.

 

“Certe notti o sei sveglio, o non sarai sveglio mai…”, cantava Ligabue e io sono decisamente sveglia, anche il mio sangue, rosso acceso nella sua metà calabrese, veglia con me.

Certo sulla mia insonnia hanno avuto una forte incidenza svariati pensieri, molteplici parole e numerosissime analisi… e tanti, tanti segni rossi!
Il fatto è che ho sbattuto la testa in maniera piuttosto violenta contro una certa mattonella.

– J’accuse…” –, no! quella è un’altra storia, molto più nobile.

– La legge non ammette ignoranza! –, no! neanche questa c’entra, anche se…

– Ah, le maestrine col diploma piccolo e la penna rossa! – Chi, cosa di piccolo?

– Ma va, smettila e fila a letto tu, demone sonnambulo!

– Era una notte buia e tempestosa… – No! non ci siamo ancora.

Era una sera d’estate, si parlava con leggerezza – con troppa leggerezza, scoprimmo poi, decisamente troppa – di una scritta relativa al tunnel di Santa Maria… noi, vecchi bambini dal cuore ancora impacciato, ignoravamo l’ira funesta e le mazzate che avremmo preso, così, tanto per gradire – voglio dire – una cosetta fra amici.

Al banco degli imputati: Io amo una scrittura scorrevole, vivace, che prenda il lettore e non lo faccia sbadigliare. Ma qualcosa allora non funzionò nel modo giusto: o no, o no, o no. Me tapina!

Io non parlo il nostro dialetto, figuriamoci se lo so scrivere. Tempo fa ebbi bisogno di risolvere un dubbio insormontabile – per me – su come scrivere il nome di una pianta (l’agave) in dialetto.
Il vocabolo in questione mi serviva per completare uno scritto (un lavoro che valse alla scuola un attestato di merito grazie all’unità didattica realizzata dall’insegnante – insegnante con la laurea GRANDE – (di una scuola ponzese).
Miserina me, non sapendo come risolvere la questione, scrissi a Ponza racconta e prontamente un’anonima anima pia mi rispose ponendo fine al mio travaglio interiore. Nel caso specifico di cui trattiamo – Vostro Onore – ossia, la mattonella dell’indifferenziata, non ebbi né il tempo né la cura per farlo e così sbagliai a posizionare lo sberleffo.

Nelle ultime due righe, poi,  non ho tenuto troppo in conto l’idraulica né la fisica ma ho contemplato il piacere delle immagini (nelle parole) e bisogno di esprimermi per fotogrammi. Una posizione mentale assolutamente fuori luogo, vana quanto gratificante, che mi offriva la possibilità di legare insieme in un collage d’immagini immaginarie le cose che ho amato guardare, osservare, e nominare sin da piccola. Quelle che voi tutti conoscete ma anche quelle segrete, o ignorate dai più.
Lungi da me offendere il pensiero comune o denigrare i più grandi costruttori della storia. Per me tutto nasceva dall’idea di rendere uno spazio meno “vuoto”, senza pretendere in alcun modo di rappresentare un pannello archeologico ufficiale.

Ma le idi di marzo, no! di gennaio o, meglio, di febbraio… – ma da quanto dura?! – mi hanno colpito dritto in fronte: brutto pannello maiolicato da mettere a “scuncilli”! (si può scrivere così, Vostra Eccellenza?)
Procuratore di gastriti ed insonnia!

I numeri no! E no; su quelli faccio come Ponzio Pilato senza bus. Quegli ‘1‘ non li ho visti neanche in rosso gessato, neanche leggendoli li ho visti! Perché non c’erano. E’ stato necessario l’intervento del mio compagno di vita, nonché di guai e isterie miste e mistiche, a farmeli vedere.
Mai e poi mai avrei tradito i miei adorati numeri romani.

Neanche posso buttarla sul ridere citando una nota emittente televisiva, o facendo riferimento ad un noto premio Strega che lo avrebbe visto solo l’1 (ma non per tutte le teorie matematiche 1 è numero primo). E neanche, come ultima spiaggia, posso pensare a Ezra Pound e farli passare per un esperimento alfanumerico. Ci giocheremo una schedina!
E concludendo – modello tema delle medie – Signor Giudice, direi che questa esperienza è stata formativa per me, mostrandomi in via definitiva “la mia totale incapacità di scrivere sulle mattonelle” (…direte voi). No! Torno a me: la mia totale incapacità di comprendere le dinamiche umane e di confrontarmi con esse.
E qui la mia latente misantropia esulta, anzi, ulula di piacere.

In definitiva non so comprendere quale sia il confine tra la voglia di giustizia e la bramosia di rivalsa, dove l’onestà intellettuale sposi l’arroganza, e dove la politica si scontri con… la politica per far politica.
La gentilezza non è un limite, non va temuta come la rogna, e alle porte si può anche bussare prima di usare l’ariete.

E la sentenza? – chiederà il lettore attento.
Non c’è.

Grazie per l’attenzione
Silveria Aroma