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Dai disegni i significati

di Francesco De Luca

disegno di sir Hamilton [1]

Il disegno sopra riprodotto, fatto eseguire da sir William Hamilton (1730 – 1803 – Ministro plenipotenziario di Gran Bretagna presso Sua Maestà il Re delle Due Sicilie – marito di lady Hamilton, amante dell’ammiraglio Horatio Nelson), durante la sua venuta a Ponza, mi ha sollecitato alcune considerazioni che voglio partecipare con i lettori di Ponza–racconta. Per inciso la foto l’ho notata nel blog di Francesca Iacono ‘Frammenti di Ponza’, che ringrazio.

L’occhio che ritrae sta a livello del mare. La cresta della roccia in primo piano esclude alla vista la spiaggia e il borgo di S. Maria, per cui direi che la spianata, sulla quale è tirata a secco la barca possa essere quella al di sotto del Cimitero, lì dove si innalza il muro eretto dai Borbone per installarvi la batteria dei cannoni (detta Batteria Leopoldo). Quel muro oggi è pronto a cadere e la zona della batteria infatti è interdetta perché pericolosa.

zona la Batteria del cimitero (foto dell'archivio di G Pacifico) [2]

(la zona della “batteria” al Cimitero in una vecchia foto dell’archivio di G. Pacifico)

La identifica anche quella scaletta intagliata nella roccia che superava il dirupo e portava sulla collina della Madonna. Quella scaletta veniva usata ancora decenni fa dai fanalisti di stanza nel faro sovrastante quando, lasciato il gozzetto che li aveva portati al faro della Guardia, si recavano a casa.

Mattei [3]

(la zona della “batteria” in un disegno di P. Mattej)

Da lì, ad una altezza di una decina di metri, negli anni ’60 e ’70, l’amico Tommasino De Luca si esibiva in tuffi acrobatici (ne ho già scritto sul sito).

Oggi quella scaletta è soltanto accennata ma c’è ancora, a dimostrazione che la parte sovrastante della collina trovava nella zona a mare un suo sfogo funzionale.

Ve ne erano altri di percorsi che portavano a mare.

Una scaletta di ferro, nella mia infanzia, metteva in comunicazione la batteria con la spianata a mare, dove i Romani hanno lasciato un’autentica rarità. E’ una piscina in petra excisa, tagliata nel tufo, con sul fondo una losanga, adatta per bagnarsi a mare ma protetti.

Doveva esserci anche una scala intagliata nella roccia che portava giù, come attestano i custodi del Cimitero. I quali, nel creare loculi nel terreno della batteria l’hanno trovata e… subito interrata.

Un altro percorso è documentato esservi stato subito fuori le grotte (di Pilato) a destra, seguendo il declivio della roccia. Così come un altro portava sulla collina e partiva da lì dove c’è una sorta di scalo di alaggio naturale, con una grotta quasi a livello del mare. Presumibilmente fungeva da magazzino per attrezzi da pesca e forse anche da riparo per piccoli natanti.

grotte%20di%20pilato [4]

Tutto questo per sottolineare come l’intera collinetta della Madonna gravitasse funzionalmente verso la costa sottostante. Perché? Perché era occupata dall’insediamento della villa augustea. La cui grandiosità è fatta trapelare dagli studi archeologi. C’erano stanze, c’erano camminamenti, c’erano strutture teatrali, per non dire delle peschiere (le grotte di Pilato). E c’erano insieme, cisterne per la raccolta dell’acqua piovana e passaggi d’acqua dolce nelle peschiere a mare.

Di tutto questo oggi compaiono soltanto miseri resti, nient’altro (questo è quanto riportato in Le Isole Pontine attraverso i secoli – Guidotti Editore – Roma – pagg. 86, 87)

Ancora una riflessione a margine. Tutta quella zona, o meglio tutta la collina della Madonna, dovrebbe essere sottoposta ad una indagine archeologica più oculata e convincente al fine di dare risposte più esaurienti.
Punta della Madonna schema plamimetrica dei resti della villa romana [5]

Ritornando al disegno: la collinetta con le grotte azzurre è distinguibile, non così lo scoglio del caciocavallo. Ve ne sono due di scogli che si ergono dal mare. Uno forse è caduto, l’altro (presumibilmente ‘u casecavallo) non è tanto definito nella figura.
disegno di sir Hamilton [1]

C’è poi lo scoglio della Ravia. Ancora privo della costruzione che lord Bentinck vi installò (1813, allorquando venne come Comandante della spedizione militare anglo-siciliana), facendolo diventare un fortino. E’ un po’ squallido, in verità, privo com’è di quella macchia bianca che oggi lo incorona e lo evidenzia.

Dietro c’è il piccolo promontorio sul quale sarà costruito il fortino di Frontone.

Anche la piana bianca è individuabile.

Le colline (Frontone, Tre venti, Le Tortore) sono prive di parracine, segno che l’opera di terrazzamento ancora non aveva toccato quei terreni.

Come concludere? Siamo nel 1786, ossia cinquanta anni dopo l’inizio della colonizzazione. Gli abitanti, a detta di Hamilton (Un viaggio all’isola di Ponza – Londra 1786 – riprodotto da Salvatore Perrotta – Ponza 1980 – pag. 18) erano 1700. Non c’è modo di vedere dove fossero stanziati e la consistenza dei vari borghi.

Certo è che l’isola, non essendo stata resa tutta coltivabile, aveva ancora potenzialità di produzione agricola e dunque di aumento della popolazione.

Un’ultima curiosità. Riporto dal libro di cui sopra e scrive sir Hamilton : “Il Governatore del castello di Ponza, che vi risiede da 53 anni, mi disse che l’isola era ancora soggetta a terremoti; che c’era stata una violenta scossa circa quattro anni fa; ma che la più violenta che vi avesse mai sentita fu proprio nel giorno e nell’ora del grande terremoto che distrusse Lisbona; che due case su tre, che c’erano allora sull’isola, furono buttate giù. Questo sembra provare che il materiale vulcanico, che diede origine a queste isole, non è esaurito ”. Ne consegue che “E’ possibile che tutte queste isole e scogli possano col tempo essere livellati dall’azione del mare”.

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