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Epicrisi 55. Dell’assenza di Ulisse. Mi scuso con gli eventuali lettori di questa epicrisi e con gli autori dei pezzi recenti: avrei dovuto soffermarmi sul materiale pervenuto nell’ultima settimana, invece ho enucleato, in modo del tutto arbitrario, tre figure emblematiche, tre voci rappresentative. Per inciso, la poesia di Franco mi è sembrata notevole anche dal punto di vista stilistico per la potenza delle immagini, per l’uso delle onomatopee. Se appizziamo le recchie, nelle voci stanche e arrochite dei vvecchie (che) arèt’i lastre /‘uardeno preoccupate forse possiamo trovare traccia degli strilli degli scugnizzi che si radunavano sulla spiaggia di Sant’Antonio e sentivano di appartenere a/possedere quella spiaggia, quel mare, quelle strade. Il bambino è principe, non ha ancora provato la mestizia di quando si va a pigliare ‘u vapore, lo sradicamento. Nei due scritti di Domenico Musco e di Franco De Luca che ho selezionato tra quelli pubblicati nell’ultima settimana – ripeto, in modo del tutto arbitrario – manca l’adulto che torna ed esercita un ruolo attivo e propositivo. Manca Ulisse. A scanso d’equivoci preciso che, se Ulisse è assente – come a me sembra – la colpa non è di Franco o di Domenico, che descrivono ciò che vedono, ciò che percepiscono; la precisazione può sembrare superflua ma, qualche settimana fa, su Facebook, si è sviluppato un gustoso scambio di battute intorno al Memo della Befana, che un lettore aveva inteso come boicottaggio dei festeggiamenti; “Eh no, basta con le bugie, abbiamo avuto la befana al Porto e il presepe a Le Forna!”, è stato rimproverato a me e a Ponzaracconta. Così, nella speranza che tale lettore continui a leggere Ponzaracconta, metto le mani avanti. C’è un barlume di speranza nel racconto di Domenico: la mamma che, di fronte all’inosservanza dell’orario di rientro, scende in spiaggia e usa le maniere forti. L’adulto, energico e normativo, fatica a farsi sentire sia dal vecchio che dal bambino ed è perciò costretto ad urlare come un forsennato; tra i sospiri lamentosi di uno e gli strilli dell’altro, bisogna anche saper alzare la voce. 1 commento per Epicrisi 55. Dell’assenza di UlisseDevi essere collegato per poter inserire un commento. |
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Rita, hai liberamente interpretato due pensieri e li hai fatti diventare un messaggio, provo anche io a dare la mia interpretazione per continuare nel mio messaggio.
Tu dici: “Il vecchio della poesia di Franco De Luca, il bambino di Domenico Musco, sono due diverse rappresentazioni dello stesso individuo, colto in momenti diversi della sua vita.”
Io dico che tra il messaggio di Franco e quello di Domenico ci passa il mare.
Franco descrive sensazioni e lo fa in forma poetica ma poi scrive:
“Uommene e femmene,
viecchie e guagliune
c’a capa avasciata
aspetteno ca passa ’a iurnata….”
C’è la tempesta che è sempre reale che domina la vita dell’isolano. Per cui non ci sono adulti in giro che non fanno ritorno a casa ma tutta la famiglia è rifugiata in casa aspettando che passi ‘a “nuttata”.
Primo messaggio: “Solo la famiglia viene riconosciuta come ancora di salvezza contro gli uragani della vita e non solo!”
Questa capacità di sopravvivenza utile nell’isola fattoria si è dimostrata negativa nell’isola aperta al mercato: questo è un problema che impedisce di far crescere un’azione corale.
Domenico si rivede principe da bambino e re da adulto, con un lavoro precario ma che ha tutti i connotati della libertà, per cui della felicità. Ma poi è costretto a partire e quando ritorna diventa un imprenditore del mordi e fuggi. Non è colpa sua, è colpa della realtà economica isolana e infatti Domenico riconosce che questo non va bene per cui dice:
“… Credo – è stato detto mille volte – che l’obiettivo serio sia creare occupazione per far sì che l’isola viva. Occorre aprire autostrade e vie preferenziali a chiunque proponga e voglia fare qualcosa, da una semplice manifestazione a delle proposte di lavoro, occorre snellire la burocrazia e velocizzare i tempi di qualunque pratica in modo che si creino senza ritardi soluzioni e alternative per raggiungere gli obiettivi che ci si propone.
Avere progetti comuni, culturali o economici o sportivi, sono le premesse essenziali per far sì che l’isola viva anche d’inverno.”
Ma poi aggiunge la frase da ‘imperatore’: “Se però non sussistono queste condizioni, Ponza resta dominio esclusivo di coloro che non hanno la possibilità di andare fuori.”
Secondo messaggio:
“Dominio esclusivo di coloro che non hanno la possibilità di andare fuori.” Sottolineo questa frase che fa perdere tutta la poesia e dimentica che ci sono famiglie che sono rintanate nelle proprie case, aspettando che passi la nottata per continuare ad alzare una ‘parracina’ che cade e portare un fiore ai loro morti.
1) “Parracina che cade pietra dopo pietra” è il simbolo della realtà quotidiana che solo una politica economica a favore dei residenti può cambiare.
2) “Un fiore ai morti” è simbolo della continuità di una vita comunitaria che si mantiene solo con la presenza sull’isola e non con l’assenza e le pretese commerciali estive.