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La parabola di Veruccio. La bella donna (2)di Pasquale Scarpati
(Per l’articolo precedente, leggi qui) Finalmente, come dice il Poeta, “…come fosse la lingua che parlasse/gittò voce di fuori, Veruccio riprese il suo racconto visionario come se non avesse avuto già una conclusione… “Questo cataclisma può essere procurato, purtroppo, anche da quel luccichio di cui ti ho appena parlato. Una volta quando non esistevano né aerei rombanti che, volando a bassa quota, rovesciavano sulla terra martoriata acqua salata mista a schiuma sottile e soffice, né elicotteri che trasportavano un secchiello che sembrava la versione gigantesca di quelli che usano i bambini sulla spiaggia, né camion ululanti, le fiamme non avevano una cadenza così frequente come ora. Eppure stranamente vi erano più boschi e meno abitazioni. Forse per questo, oggi, molti attribuiscono la causa di tanto disastro a fattori astrali. Intanto la bella donna deperisce. Per evitare che sia indebolita dal cemento, dagli incendi e dalle frane, si decide di renderla intoccabile, lasciandola anche senza i dovuti interventi di conservazione. Così, a causa della debolezza, alla bella donna il respiro diviene sempre più affannoso, rantolante, ma soprattutto talmente flebile da essere udito da pochi, simile al respiro di una persona che sta per terminare i suoi giorni. E, invece di accostare, nel silenzio più assoluto, l’orecchio alla sua bocca per cercare di ascoltare le ultime volontà e soprattutto per capire se sia possibile un estremo rimedio, essenziale ed efficace, molti si mettono a dissertare sulla qualità e sul tono della sua voce, qualcuno nota le labbra e la lingua gonfie, ma non sa o non vuole approfondire e quindi conoscere le cause di tale patologia. Insomma, nessuno s’interessa alle vere cause che hanno portato la donna in quello stato, anzi fanno un gran zurrumon’ (chiasso cacofonico) senza né capire né prendere soluzioni veramente risolutive. Per ignoranza o altro? Parlano ancora intensamente i suoi occhi azzurri nei quali si può cogliere la ricerca affannosa di un aiuto. Guardarla è struggente: bisogna capirla. Il finale di questo secondo racconto, per quanto meno tragico di quello del primo, pure si avviava ad essere poco confortante e chiesi a Veruccio di tagliare corto, risparmiando altre spiacevoli stilettate al mio cuore. “Per l’incapacità di trovarle una cura, come spesso accade in situazioni simili, si è deciso di adottare un rimedio estremo, tra i più semplici e banali: divieto assoluto di toccarla. Così, allontanati tutti i dottori, è stato chiamato e posto a guardia Briareo, gigante dai cento occhi e cento braccia”. …Era uno dei mostri con cinquanta teste e cento braccia, gli Ecatonchiri o Centimani. Gli uomini lo chiamavano Aegaeon (Egeone), mentre gli dèi Briareo E mentre, tirando un respiro di sollievo, pensavo che questo finale fosse abbastanza accettabile, la voce di Veruccio pose un interrogativo: Sul mare sfrecciavano barche, gommoni, natanti di ogni genere. Una nave entrando nella baia, a causa della gran confusione, protestava lungamente; si faceva largo, quasi a gomitate, per andare a trovare il suo posto. “Lascia stare, non risolverai il tuo problema. Il Pensiero è in ciascuno di noi, ma per trovarlo ci vuole la riflessione che non ama né la confusione né il luccichìo. Anzi, proprio quest’ultimo invece di illuminare la mente, la ottenebra, generando, tra l’altro, anche l’Ira, la più acerrima nemica della riflessione. Quando svanisce la riflessione, il Pensiero stesso si dilegua, rimane solo l’istinto più becero che è quello che spesso insozza le mani che, invece, sono state create per operare, accarezzare, benedire. Ah, il tatto! Con gli occhi si può solo pre-gustare, ma soltanto con il tatto si possono chiarire tutte le cose”. Intanto l’Astro tutto tondo, andava a riposare, infiammando l’orizzonte. Il rossore che diffonde, secondo alcuni, è dovuto alla stanchezza per aver sopportato le enormi fatiche della giornata, secondo altri, i soliti pessimisti, alla la vergogna che prova dopo aver visto tutte le stoltezze e le brutture di cui son capaci gli uomini nel pur breve arco di una giornata di luce. Io, candidamente, penso che Lui vada a rischiarare e a dare la vita a coloro che sono rimasti nell’oscurità, altrimenti quelli, se al buio, perderebbero definitivamente la strada; se illuminati soltanto da luce artificiale, rimarrebbero freddi, insensibili e superficiali perché tale accorgimento, ideato dagli uomini, non riesce a penetrare e soprattutto a riscaldare in profondità. [La bella donna (2) – Fine] Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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