Ambiente e Natura

Le piante e il tempo (2). I giganti della Terra

di Sandro Russo

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Per la prima parte, leggi qui

Che le piante abbiano una durata di vita diversa da quella degli umani non è un fatto da poco. Perché a diverse caratteristiche biologiche, organi di senso e connessioni neurali – è una lezione della biologia comparata – corrispondono proprietà diverse. Con implicazioni che forse neanche riusciamo ad immaginare.

3.Kandy 1

4.Kandy 2

Uno dei più grandi alberi del mondo: il Ficus religiosa, Fam Moracee, del giardino botanico di Peradeniya a Kandy (Sri-Lanka): (‘religiosa’ perché sotto la sua ombra trovavano riparo i pellegrini o anche perché alla sua ombra il Buddha ricevette l’illuminazione). L’area coperta dall’albero è di circa 2000 m2. Tipicamente questi Ficus sorreggono le loro grandi chiome con radici pendule che successivamente radicano nel terreno e formano tronchi accessori.

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Di un altro racconto mantengo un ricordo molto vivo, per avermi fatto intravedere una relazione nuova tra il tempo degli uomini e quello delle piante…

[Ha un incipit intrigante]

“L’uomo morto se ne stava ritto in piedi in una piccola radura della giungla rischiarata dalla luce della luna, quando Farris lo vide. […] Se ne stava ritto senza appoggiarsi a niente, gli occhi sbarrati che fissavano senza batter ciglio innanzi a sé, un piede leggermente alzato. E non respirava.
– Ma non può essere morto! – esclamò Farris – I morti mica se ne vanno in giro per la giungla!”

[E continua… Provo a farne una sintesi]

Quello che Farris vede – siamo nelle foreste del Laos, lungo il bacino superiore del Mekong, ancora largamente inesplorate – è un indigeno, e sembra immobile; ma avvicinandosi di più si accorge che, anche se lentissimamente, si muove. Il piede che prima era sollevato ora ha toccato terra, le palpebre si chiudono e si aprono, ad un ritmo estremamente lento, quasi impercettibile. L’uomo è incuriosito, vorrebbe capire e saperne di più, ma i portatori sono impauriti e lo convincono a non toccarlo.
– E’ hunati – dicono – Quest’uomo è hunati, non toccarlo! …anche gli animali si tengono a distanza.
Sebbene a malincuore, l’uomo dà loro ascolto.

E’ l’inviato di una grossa società di import-export di legnami e si trova in Indocina a rilevare un altro agente della Compagnia, che ha spedito rapporti sempre più radi, fino a cessare ogni trasmissione. Lui ha il compito di capire cosa è successo e se possono esserci problemi che pregiudichino la regolarità delle forniture.

La storia è complessa; l’uomo arriva nella località che gli è stata indicata e trova l’altro agente vago e reticente, dall’aspetto emaciato e febbrile, stranamente reattivo sulla possibilità di continuare a tagliare gli alberi. Sembra in preda ad una ossessione sconosciuta. Ha una sorella con sé, che lo accudisce, ma anche lei è disperata e allo stremo. Insieme – il nuovo arrivato e la sorella – assistono ad una delle crisi dell’uomo che sotto l’evidente influsso di una droga, assume uno sguardo fisso e lo stesso aspetto dell’indigeno incontrato nella pianura: quasi immobile, i movimenti lentissimi, i battiti cardiaci appena percettibili, tutte le funzioni vitali rallentate all’estremo.

[Condenso il più possibile]

La droga è stata sviluppata da una cultura animistica molto antica; chi la assume acquisisce un rallentamento tale delle funzioni vitali che permette di entrare in comunione con ‘i Giganti della Terra’, alberi antichissimi depositari di una coscienza sovra-umana e per ciò stesso sovranamente indifferente agli uomini.

In un passo successivo del racconto il protagonista è egli stesso sotto gli effetti della droga, che gli è stata iniettata per renderlo inoffensivo. Partecipa ad una cerimonia in una radura e ai suoi occhi rallentati gli eventi comuni assumono un ritmo del tutto diverso: i giorni e le notti si susseguono velocemente, gli altri umani appaiono come marionette che si muovono a velocità folle. Il tempo è quello degli alberi – su cui incombe una minaccia terribile – e la loro voce, i loro movimenti, assumono ora un significato comprensibile e solenne.

[Estratto e riassunto da: Edmond Hamilton – Hunati (1969) –  In: Elwood R., Moskowitz S. (Eds.) Alien earth and other stories (Anthology) – Urania (rivista di Fs – Periodici  Mondadori); Febbr. 1976]

E’ un racconto suggestivo che apre una quantità di speculazioni, abbastanza realistiche: che entità senzienti diverse e tra loro non interferenti possano convivere senza  consapevolezza reciproca.

Un universo ‘fuori misura’ rispetto ai parameri umani: più longevo, più grande e lento. Potrebbe essere il mondo degli alberi, oppure l’intero nostro pianeta visto come organismo unitario (Gea), o entità astrologiche aliene. Come dire che perché due specie viventi si accorgano l’una dell’altra è necessario che non solo condividano lo stesso spazio-tempo, ma anche che le velocità, il life-span, i pensieri, siano sincronizzati.

Tra le piante più antiche della terra ci sono le sequoie del Sequoia National Park (Giant Forest), in California, che solo per un caso si salvarono dalla distruzione, alla fine del secolo scorso. Gli esemplari hanno un’età che oscilla tra i 2500 e i 3000 anni e sono imponenti.

5.Sequoia

6.Sequoia

Queste sequoie (Sequoiadendron giganteum, Fam. Cupressaceae) giungono ad avere un diametro fino a 32 m. alla base, ed un’altezza fino a 83 m. Sono considerati gli esseri viventi più grandi del pianeta
La maggior parte delle sequoie è situata all’interno del Parco nazionale di Redwood (lungo le coste californiane dell’oceano Pacifico), e nello Yosemite National Park (nella catena montuosa della Sierra Nevada, sempre in California). Delle sequoie sono state introdotta in Europa nella prima metà del XIX secolo per scopi ornamentali; in questo relativamente breve lasso di tempo, con non più di 100/150 anni di vita, hanno raggiunto altezze di 40/50 metri.

Pinus Methuselah
‘Matusalemme’ è un pino dai coni setolosi (bristlecone pine) della specie Pinus longaeva. Si trova ad una quota di 2900-3000 metri nella “Forest of Ancients” delle White Mountains, in California, in una zona chiamata Methuselah Grove – il bosco di Matusalemme – poco distante dal confine col Nevada, insieme ad altri esemplari anch’essi di età rispettabile; è alto 8-9 metri. La sua germinazione è stata stimata al 2832 a.C., per cui la sua età attuale (2015) è di 4.847 anni (sul sito leggi anche qui).

Nell’epoca d’oro dei “cercatori di piante” ovunque nel mondo – tra il 1700 e il 1800 – per il trasferimento in Occidente (soprattutto ai Kew Gardens di Londra e da lì la successiva diffusione) si deve a Engelbert Kaempfer (1651 – 1716), un veterano del Giappone), la scoperta di un albero mitico, un fossile botanico vivente sopravvissuto a lontane epoche geologiche: il Ginkgo, preservatosi per l’antica consuetudine dei monaci di piantarlo nei cortili del loro monasteri. Se ne trova menzione storica fin dal 1100 a.C. nel sud-est della Cina, da dove forse fu trasferito dai monaci buddisti in Giappone.

Il ginkgo (Ginkgo biloba) è l’unica specie vivente della famiglia delle Ginkgaceae. In questa foto il ginkgo ha le foglie ancora verdi, sullo sfondo di altri alberi già con i colori autunnali

Il ginkgo (Gimnosperme) non ha veri fiori ma strutture con funzioni analoghe dette ‘coni’. Nella foto: coni maschili.
Il ginkgo è anche una pianta dioica: i caratteri sessuali, con fiori di diverso aspetto, sono portati da due piante distinte (come per i kiwi!)

In autunno le foglie del ginkgo si colorano di giallo oro: in quella stagione l’albero è assolutamente riconoscibile. Sotto: particolare della foglia verde e (a fianco) inclusioni fossili di foglie risalenti al Giurassico (circa 170  milioni di anni fa: l’era dei dinosauri!)

In Oriente il ginkgo è considerato un albero benaugurale; per la caratteristica delle foglie bilobate, con due corpi separati uniti alla base, si regala ai matrimoni

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[Le piante e il tempo. (2). Continua qui]
–> Per la prima parte, leggi qui

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