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Mio padre Fernando, Chiaia di Luna e un altro mare

di Emanuela Siciliani

 

In molti a Ponza ricordano mio padre con affetto: veniva in estate a darci una mano a Chiaia di Luna. Si divertiva a fare il bagnino, sotto il grande ombrellone:
Mi sono fatto dei bei clienti – diceva la sera al ritorno a casa – sono stanco ma soddisfatto – e con il suo aperitivo in mano era pronto a raccontare gli aneddoti della giornata.

Una sera a cena ci raccontò con quel suo sorriso sornione che un cliente aveva noleggiato un pedalò. Ma prima di avventurarsi in mare aveva chiesto a mio padre dove fossero le grotte.
Le grotte? – Aveva risposto mio padre.
Ma sì, certo le grotte… guardi sono laggiù… – Aveva indicato con un cenno vago una direzione che poteva essere dovunque, perché mio padre dove stessero le grotte proprio non lo sapeva. Ma aveva risposto al cliente con un sorriso così disarmante che il povero turista aveva preso il mare senza sapere dove andare a cercare le sue grotte.

Un’ora dopo, terminata l’infruttuosa ricerca, il cliente tornato a terra era andato a cercare mio padre sotto l’ombrellone:
Mi dica la verità, ma lei alle grotte c’è mai stato?
Io? No, mai!

Si erano fatti delle gran risate e mio padre gli aveva offerto la doccia, per farsi perdonare….

***

In occasione della ricorrenza di mio padre Fernando, scomparso il 27 ottobre, mio fratello Stefano ha organizzato il solito ritrovo familiare, con gli zii, sempre meno numerosi e sempre più anziani.

Siamo stati a mangiare al Patio, un antico stabilimento balneare di Fregene: ottimo il ristorante, l’architettura dei luoghi ferma agli anni ’60, con le cabine di legno e gli arredi demodé. La giornata era grigia ma a tratti appariva il sole tra le nuvole, illuminando il mare di riflessi argentei.

Dopo il pranzo ci siamo ritrovati nel villino che mio padre aveva fatto costruire con tanti sacrifici e in cui ora abita mio fratello.

La nostra è sempre stata una famiglia schiva, unita ma parca nel dimostrare le emozioni. Mio fratello era eccitatissimo quando – insieme alla dolcissima Solange, sua moglie – ha apparecchiato la tavola in veranda, ricoperta di dolci e spumante, con il quale ha innaffiato il giardino dopo averlo ben shakerato (ma era quello da due euro a bottiglia; l’Amarone ce lo siamo bevuto).

Ha poi inserito una vecchia videocassetta nel registratore – da poco ritrovata – e sullo schermo è apparso mio padre, intento ad una partita a carte con gli amici. La tuta rossa, la bella faccia sorniona accompagnava i suoi gesti, a noi tanto cari.

Intanto aveva fatto andare a tutto volume, dagli altoparlanti della macchina parcheggiata in cortile “U sudato ‘nnamorato” cantata da Massimo Ranieri. Solange mi ha sussurrato che quella canzone è per mio fratello come una preghiera, la ascolta e la canta quando vuole ritrovare suo padre.

Quel padre che lo ha sempre difeso, anche quando era veramente un’impresa impossibile. Che lo ha amato sopra ogni cosa, sentendo che era il più fragile dei suoi figli.

E sulle note di quella canzone, spinti da una emozione fortissima, ci siamo ritrovati tutti abbracciati, una piccola mischia come i rugbisti prima del gioco, a piangere ed a gioire per quella vicinanza, per quella condivisione che solo il giorno dei funerali ci eravamo concessi.
…Io non penso che a te solo. Nu pensiero me consola, che tu pensi solamente a me…
…Oi vita oi vita mia, oi core ‘e chistu core, si’ stato ’u primmo ammore e ’u primo e l’ultimo sarrai pe me….

Mentre ci scioglievamo da quell’intrico di corpi e di emozioni, l’albero d’arancio del piccolo giardino di mio padre, carico di frutti, ci osservava immobile e bellissimo.

L'arancio del giardino di papà [1]

Per un istante, mentre mi perdevo in quel verde e in quell’arancio, ho sentito che mio padre era nel suo giardino, a bere vino e a mangiare con noi un cannolo alla crema, il suo preferito.

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Da YouTube, Massimi Ranieri canta “O’ surdato ‘nnamurato”

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Capita spesso che mi affacci sopra Chiaia per controllare le condizioni del mare. A volte mi sembra di vederlo, mio padre, armeggiare con un lettino che non si vuole aprire o seduto sotto il suo ombrellone, mentre osserva un bimbo che gioca coi sassi in riva al mare.