Ambiente e Natura

Epicrisi 42. Dei cambi di stagione

di Giuseppe Mazzella
Odio i Cambi distagione. Vignetta

  

È passata un’altra estate e ci incamminiamo rapidamente verso l’inverno, anche se il tempo, che è stato splendido per mesi, continua a regalarci giornate di sole.
Ci avviamo verso il “letargo” invernale, una condizione ideale anche per riflettere sulle tante questioni irrisolte della nostra Ponza.
Al centro dei contributi della settimana c’è l’annosa e complessa “destinazione d’uso” della nostra isola a vocazione turistica.
Sì, ma quale turismo? Silverio Lamonica, riprendendo l’articolo di Alfredo Somoza rilanciato sul sito nella settimana precedente, analizza i diversi aspetti di un turismo possibile ed ecocompatibile da applicare a Ponza.
Credo che una visione corretta del problema, come di tutti i problemi, sia inquadrarlo nel contesto generale.
Il turismo, qui come altrove, va visto non come una “parentesi rosa” tra un inverno e l’altro, ma come una funzione strutturale in un contesto civile.
E cioè quali sono le opere che permettono di rendere la nostra isola per la maggior parte dei mesi dell’anno veramente turistica?

È quasi inutile ripeterlo: collegamenti adeguati che ne facilitino l’accesso, una portualità che offra sicurezza e possa ospitare in qualsiasi mese natanti, garantendone anche tutti i servizi necessari a terra e a mare. Senza questi interventi strutturali (darsene, scali d’alaggio, manutenzione ordinaria e straordinaria per le barche), il turismo nautico continuerà ad essere una comparsa estiva e non un’attività che dura, pur con presenze diverse, per tutto l’anno.

Non a caso il sito suggerisce, attraverso articoli redazionali e link ad altre testate, non solo alcune anomalie che l’Europa ha riscontrato negli ultimi anni nel servizio dei collegamenti pubblici, ma anche delle smemoratezze di chi deve controllarne la regolarità.

Della crisi dei collegamenti, e della lontananza dal “continente”, si lamenta anche il nostro “cugino” ischitano Giuseppe Mazzella di Rurillo che sottolinea che con il taglio dei rapporti con Ischia, isola di provenienza di molti ponzesi, è stato recisa un’altra radice identitaria.

Lo sappiamo tutti che la nostra ricchezza principale è il mare: splendido, ricco, accogliente.
Dei rischi che corre da qualche tempo il nostro Mediterraneo, a causa dei mutamenti climatici, ci parla ancora una volta con straordinaria affabulazione, in una conferenza tenuta a Gaeta, il prof. Adriano Madonna, commentata da Enzo Di Fazio.
L’analisi approfondita sul Mediterraneo in genere e sul nostro mar Tirreno, dovrebbe spingere ad armonizzare ogni intervento di sviluppo con particolare attenzione.
La soluzione di ‘spalmare’ sull’intero anno il turismo nautico – e la cosa è possibile grazie al nostro clima – è una garanzia perché non ci siano afflussi tali che possano danneggiarne l’habitat, oltre ovviamente alle evidenti ricadute economiche e quindi di miglioramento della qualità della vita.
Sull’eco-compatibile ad ogni costo, una delle “religioni” moderne, personalmente ho qualche perplessità. Ricordo che quando fu realizzato l’inceneritore a Monte Pagliaro fu presentato come il non plus ultra della sicurezza ecologica. Salvo poi scoprire che produceva diossina.
Che cosa sappiamo, solo per fare un esempio, sugli effetti nocivi dei dissalatori di prossima installazione?
Su tutte le innovazioni ‘eco’ penso sia utile un maggiore approfondimento, con relativa diffusione di dati alla popolazione interessata, prima di abbracciarle incondizionatamente. Dal momento che in natura nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma, è bene capire in cosa, prima di decidere.

E veniamo a terra. La maggior parte del territorio isolano, un tempo utilizzato per l’agricoltura, è oggi difficilmente fruibile. Dell’antica vocazione contadina scrivono con accorata passione Domenico Musco e Luisa Guarino che, felicemente sorpresa da una vecchia trasmissione televisiva, rivede la “nostra isola” con gli occhi della nostalgia da qualche migliaia di chilometri di lontananza, dopo averci raccontato in un altro suo articolo il fascino del primo e più antico emporio di Ponza, quello dei Musella.
Sempre di sano humus e di coltivazioni locali ci parla con particolare competenza Sandro Russo che, analizzando le diverse specialità di legumi, sta raccontando articolo dopo articolo uno degli aspetti salienti della storia agricola di Ponza.
Un altro suo originale contributo ci viene anche dalla sua esperienza di medico alle Maldive, con gli inevitabili confronti tra i due mari e le isole.
Ed è ancora Sandro che, in prossimità della ricorrenza del 2 novembre racconta, sul filo del ricordo, il tributo che dobbiamo ai nostri morti, facendoci conoscere le diverse abitudini locali di adornarne le tombe.
È ai nostri antenati, dopo Dio che ce l’ha donata, che tutti dovremmo ricollegarci non solo in tali occasioni, ma sempre. A loro dobbiamo la conservazione di un’isola dalla straordinaria bellezza, alla loro sagacia e prudenza, al loro umile lavoro quotidiano. Dopo duecento ottanta anni di storia, che hanno segnato il nostro carattere nel bene e nel male, ci auguriamo di continuare a vincere la sfida di vivere in un’isola.

Anche a terra le cose non stanno proprio così bene. Al di là di interventi che qui in dialetto chiamiamo “sperpetui”, uno per tutti quello in corso a Frontone, dove vengono impegnate ingenti risorse economiche a fronte di non si capisce bene quali rischi, le strade vicinali rimangono abbandonate, invase dalle erbe e sempre più impraticabili.
Sembra quasi che ci sia un disegno perverso nel non recuperare alla fruizione le antiche vie fatte dai nostri coloni, per concentrare come “polli da batteria” il turismo in pochi luoghi privilegiati e sempre gli stessi.
La tradizione isolana è invece, proprio l’opposto, e anche una sana gestione la dovrebbe seguire: distribuire sull’intero territorio offerte e servizi. Per far questo è necessario collegarlo in maniera adeguata. Di quanto il turismo possa beneficiarne in tutte le stagioni non è difficile immaginarlo.
Di tutto questo abbandono si paventano i guasti, come ricorda in un delizioso articolo Martina Carannante, che racconta la storia del “Lavo”, il ruscello che dai Conti sfocia sulla spiaggia di Santa Maria, che ha già causato tanti danni e anche vittime, proprio a causa dell’incuria e della mancata manutenzione, oltre che di scelte sbagliate.
Su queste criticità si sofferma Vincenzo Ambrosino parlando dell’allerta meteo, una moda recente delle nostre istituzioni che, attivandole pensano di aver risolto il problema. E’ ormai del tutto evidente che l’allerta meteo-marina, che ha la funzione di avvertire i cittadini, serve anche a garantirsi in caso di danni. È vero, le previsioni non possono essere scientifiche al cento per cento, anche se hanno un costo impegnativo, ma quando falliscono clamorosamente, c’è da immaginare che qualcosa non va. Con tutti i danni che causa, come è accaduto in tante occasioni nelle quali reiterate previsioni sbagliate hanno allontanato i turisti dalle zone turistiche.
E qui la questione si fa seria.

In un’epoca digital-virtuale – e per me che sono nato e vissuto a Le Forna quando ancora non c’era la luce elettrica è uno sforzo notevole stare al passo coi tempi – tutto appare ma non sempre come è in realtà. Lo abbiamo visto con le notizie diffuse e smentite sulla malattia del Papa, o in mille altre occasioni non meno importanti.
La guerra delle notizie false, nell’era della globalizzazione se ben propagandate, diventano realtà. Per chi non è più che accorto e puntiglioso nelle analisi, c’è rischio di gravi abbagli.
Una realtà, quella nostra isolana – non voglio fare una geremiade -, sempre più impegnativa e irta di difficoltà, al di là delle apparenze virtuali.

Per queste ragioni il nostro sito, se ha un merito e un’utilità sociale, è quello di impegnarsi, pur con i limiti e le inevitabili imperfezioni e nel rispetto delle diverse “visioni”, a tenere gli occhi ben aperti.

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2 Comments

2 Comments

  1. silverio lamonica1

    25 Ottobre 2015 at 16:50

    Caro Giuseppe, col mio articolo intendevo dare qualche suggerimento per l’ IMMEDIATO. So benissimo che occorre mettere mano alla portualità, ma questo è un problema risolvibile a medio-lungo termine. Da facebook mi risulta che l’attuale Amministrazione sta lavorando per portare a buon fine questo argomento, con la realizzazione del porto a Cala Acqua. Sta alla cittadinanza e alla minoranza fornire tutti i suggerimenti possibili affinché quel porto non soddisfi solo le brame di qualche speculatore, ma serva anche ai cittadini con la realizzazione di un molo che consenta l’attracco delle navi di linea, in modo da decongestionare l’attuale porto borbonico.
    Per quanto riguarda la puntualità delle linee di comunicazione ne ho fatto cenno, se leggi bene quello che ho scritto prima della frase in neretto: “se qualcosa non ha funzionato, è bene che chi di dovere si chieda il perché e provveda …. ”
    Consentire che Ponza rappresenti una “parentesi rosa” per chi la visita è importante, invoglia il forestiero a tornare e quindi ne trae beneficio anche chi vive a Ponza tutto l’anno

  2. silverio lamonica1

    25 Ottobre 2015 at 16:53

    Logicamente nella realizzazione del porto a Cala Acqua occorre prevedere anche le strutture cantieristiche e, purtroppo, attualmente sono ferme, come mi ha confidato un addetto ai lavori.

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