Ambiente e Natura

In preparazione della ricorrenza del due novembre. Le piante e i modi del commiato e della memoria (1)

di Sandro Russo
Crisantemi

 

La siepe della mia infanzia era in una proprietà vicino casa. La città (Cassino) era distante solo tre chilometri – a quei tempi neanche una città, un paesone – ma da noi si era in aperta campagna, anche se la grande strada statale, la Casilina, passava proprio davanti casa. Il campo sterminato delle nostre imprese di ragazzini era un agglomerato di piccole case sparse che si estendeva su uno dei lati della statale, che avevamo la proibizione assoluta di attraversare. Dall’altra parte invece potevamo andare dovunque, fino al ‘rio’ – un ruscello di poca acqua, ma con gore e lingue di sabbia, che a noi pareva un fiume – e oltre, dove cominciava un’erta che avrebbe portato su su in alto, ad una collina, che dalla nostra parte saliva in modo abbastanza ripido, tanto da sembrare quasi una montagna. Si sa che da ragazzini tutto appare più grande…
Per tornare alla siepe… Da casa mia si saltava un fosso, si attraversava un campo e si era di fianco a un grande casolare. All’ingresso sulla via principale c’era un grande portale in pietra e la siepe fiancheggiava da entrambe le parti una stradina bianca, in fondo alla quale c’era il casale. Ci si andava a prendere l’aceto, che era famoso nei dintorni, e nelle stagioni giuste, anche a cogliere le rose per la maestra.

Siepe di bosso
La siepe era di bosso, di un bel colore verde scuro e dall’odore caratteristico, ‘amaro’, se può essere amaro un odore – a me piaceva, anche se ho letto poi che puzza di ‘urina di topo’ (?) – e c’erano le rose antiche (rosa centifolia) strette tra il bosso tanto da sembrare che spuntassero direttamente dalla siepe: non rosse, ma di un rosa intenso, con piccoli petali fitti, molto profumate.

Rosa centifolia.1

Rosa centifolia Oltre che per la maestra, andavamo a saccheggiare la siepe al tempo dei morti, quando il bosso serviva per ‘guarnire’ i crisantemi e i garofani da portare al cimitero
Queste cose – che la siepe fosse di bosso e la varietà delle rose – le ho sapute molti anni dopo, seguendo altre tracce, un tassello dopo l’altro, fino a che non si è completato il quadro d’insieme che avevo nella memoria. All’epoca neanche sospettavo che il bosso fosse una pianta famosa, con importanti correlati mitologici; molto usata per le siepi e le bordure dei giardini formali e nei cimiteri…

A Ponza il bosso non è diffuso; per alcuni usi simbolici e pubblici – ad esempio l’addobbo con festoni continui durante la festività di San Silverio – si usa il mirto che qualcuno chiama ‘mortella’; e qui nasce un equivoco perché altrove con questo nome viene chiamato il bosso.
Infatti con il nome comune di mortella si indicano due distinte specie botaniche:
– Il bosso comune (Buxus sempervirens) specie della famiglia delle Buxaceae.
– Il mirto (Myrtus communis) specie della famiglia delle Myrtaceae.
In definitiva due piante, seppur entrambe arbustive e delle stesse dimensioni, molto diverse tra loro

Bosso Tris

Foglie (fronte/retro) e fiori di bosso (Buxus sempervirens); tipicamente arrotondate le foglie e più piccole e coriacee rispetto a quelle del mirto ((lanceolate, vedi qui sotto)

Fiori e foglie di mirto. Myrtus communis

Myrtus communis. Foglie fiori e bacche

Mirto (Myrtus communis – Fam. Mirtaceae). Altra tipica pianta sempreverde dalla caratteristica fragranza, foglie lucide, lanceolate e numerosi fiori bianchi raggiati; Le bacche, una volta mature (di colore scuro, quasi nere, in autunno), sono utilizzate dopo macerazione in alcool per un tipico liquore isolano (sicuramente in Sardegna e a Ponza). Per i gli antichi romani il mirto era, unitamente all’alloro, simbolo di pace, vittoria e duraturo ricordo: i generali reduci dalle battaglie vittoriose, come anche i poeti e i letterati, venivano coronati di mirto

Dai ricordi in continente a Ponza: l’altra metà della mia vita per l’infanzia e l’adolescenza. Anche se quel che posso ricordare si arresta bruscamente alla fine di settembre; a ottobre venivo mio malgrado ‘impacchettato’ e seppur recalcitrante dovevo tornare a scuola dove stava la mia famiglia, cioè a Cassino.
Così non ho esperienza diretta di come venisse vissuta sull’isola – in quegli anni tra il 1950-’60 – la festività dei Morti, anche se ricordo molto bene il Cimitero.

Cimitero di Ponza. Foto di Cristina De Paoli
L'interno di una cappella copia
Per quello che mi è mancato ho preso informazioni: da Civita De Luca attraverso Mimma, da Adele Conte, zia di Rosanna e da Anna Maria Usai che ha dei ricordi precisi della nonna materna Michelina Montella.

A Ponza per quanto le signore succitate riescano a ricordare, per i morti si sono sempre utilizzati i crisantemi che negli anni del dopoguerra venivano coltivati sull’isola; solo successivamente – dagli anni ’70 circa – hanno cominciato ad essere ‘importati’ dalla terraferma.

Varie famiglie coltivavano i fiori per loro uso e anche per venderli, ma grande cura, capacità e pazienza erano necessari per molti mesi, soprattutto in quelli estivi, quando l’acqua a Ponza scarseggiava, mentre le piante per poter essere pronte per i giorni fatidici dovevano continuamente essere innaffiate e pulite dalle erbacce.  Se all’inizio dell’autunno capitavano delle giornate ventose era una vera e propria lotta per tenerle a riparo.
Venivano coltivate a filari e tenute con le canne più o meno come per i pomodori. Bisognava togliere con delicatezza i boccioli in eccesso per permettere a quelli che restavano di venire più grandi. I fiori non erano enormi, ma molto profumati e di diversi colori.
Negli altri periodi qualsiasi fiore andava bene, ma quasi sempre di propria produzione, fino a tempi recenti.

Civita ricorda come maggior produttore isolano dei suoi tempi un ‘giardino’ sulla Dragonara, poco oltre l’attuale “Piccolo Hotel Luisa”. Era attentamente curato da Civitina ’a vucculella (Civita Coppa).

Anna Maria ricorda che sua nonna Michelina coltivava a “fiori per i morti” un piccolo appezzamento ancor oggi di proprietà dei Montella, lungo la strada in salita tra la Torre e il Cimitero: quindi presso il luogo dell’utilizzo finale. Venivano prodotti sia quei piccoli astri che si chiamano ‘settembrini’ – con particolari accorgimenti venivano ‘tirati’ a fiorire leggermente in ritardo – sia i veri crisantemi che per essere forzati a fiorire al tempo giusto venivano protetti con cura (come si è detto) e addirittura spruzzati sul fiore con acqua tiepida.

Un altro venditore di fiori (forse anche produttore) era Gaetano Coppa ’u russ’ che al suo ritorno dalla Francia si era dedicato a vari tipi di commercio; molti ricordano i crisantemi messi in vendita in un secchio proprio fuori dal negozietto di Minicuccio.

Settembrini

5. Crisantemi foto multipla

Crisantemi in varie forme e colori. Genere Chrysanthemum, Famiglia Compositae (o Asteraceae); dalla radice greca (chrysós- ánthemon): ‘fiore d’oro’, verosimilmente perché il colore originale del fiore prima delle successive ibridazioni, era il giallo.
In Giappone è considerato il fiore dell’amore, lo stesso ruolo che hanno le rose da noi. Un crisantemo stilizzato è sullo stemma della famiglia imperiale nipponica. Il significato che in Oriente si attribuisce al crisantemo è quello di vita e felicità. Da noi è divenuto il tipico fiore dei morti per la sua fioritura intorno ai primi di novembre

Comunque a Ponza la tradizione dei Morti è stata sempre molto sentita; il Cimitero è frequentato in tutti i periodi dell’anno, con molta devozione e cura per le tombe e gli addobbi floreali.

Continueremo nelle prossime puntate con le altre piante e modalità di onorare i defunti nel vasto mondo fuori da Ponza…

 

[In preparazione della ricorrenza del due novembre. Le piante e i modi del commiato e della memoria. (1) – Continua qui]

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