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Palmarola, o della libertà (1)

di Sandro Russo
Palmarola. Da Ponza. Pp. Spartium junceum [1]

 

Poteva essere il 1973… Non sono bravo con le date, ma posso ricostruire così: nel novembre ’71 mi sono laureato; a febbraio del ’72 già lavoravo (altri tempi!); qualche mese per mettere due lire da parte e la prima spesa – il mio più grande desiderio, in realtà – fu l’acquisto di un gommone. Quello che mi potevo permettere era il più piccolo degli Zodiac, serie Astral 360 (piccolo ma sincero!) con un motore Mercury (nero, splendido splendente da 4 cavalli e ½) che con una-max due persone a bordo, purché a digiuno e strategicamente disposte, riusciva addirittura a planare come i gommoni veri!

Zodiac 'Astral' 360 [2]

Zodiac ‘Astral’ 360

Iniziò nel gioco, l’avventura del mio primo (e unico) gommone. Ricordo che quando andammo a prenderlo – a Roma sulla Cristoforo Colombo, alla Concessionaria Zodiac –, un mio amico ed io con la mia cinquecento, sulla via del ritorno, sulla Tiburtina all’altezza del Verano, fummo colti da un violento acquazzone che in breve allagò tutta la strada fino all’altezza degli sportelli: traffico bloccato, ovviamente, e gente che dalle macchine si scambiava quattro chiacchiere… Noi aprimmo il tettuccio della 500 e tirammo fuori i remi (2 + 2 pezzi, componibili), la lunga cima e il salvagente arancione di dotazione e facemmo la nostra sceneggiata (avevamo anche i razzi di segnalazione!).

Iniziò nel gioco… e così prosegui, con innumerevoli stagioni di mare e sole tra Ponza, Palmarola e Zannone, in cui successe di tutto… (una sola volta in trasferta – a Palinuro – fuori dalle nostre isole).

Ma tra le tante, la storia che voglio raccontare è quella dell’andata a Palmarola con amici, per un “campeggio selvaggio”…
L’esperienza di Palmarola è già stata ricordata su queste pagine negli articoli di Jean Claude Di Bernardo (leggi qui [3]) ed Enzo di Fazio (leggi qui [4]). Forse che a quei tempi, a quell’età, era come un rito di iniziazione…

Ma lo stato d’animo, credo, era diverso… La nostra avventura non ebbe mai momenti di pensosità o di silenzio. Erano i giorni del sole: la vita era una mela da mordere, per divertirsi e ridere in compagnia, senza troppi pensieri…


I preparativi e la partenza

Partenza in due tappe; dal porto sono partito io da solo col gommone, (stra)carico di tutto l’occorrente per sopravvivere su un’isola pressoché deserta e inospitale per una settimana in quattro persone; tappa intermedia la spiaggia di Chiaia di Luna, dove avrei caricato Dante, Silverio (Guarino) e Renzo (mio fratello). Destinazione Palmarola.

Chiaia di Luna al tramonto [5]

Partenza dalla spiaggia di Chiaia di Luna, quasi al tramonto

Solo che il gommone era piccolo e con quattro persone più i viveri (taniche d’acqua, pentole e via dicendo…perfino le bottiglie di pomodoro fornite dalle zie!) risultava stracarico. Il mare era una tavola, ma anche così viaggiavamo a pelo d’acqua: ricordo che continuando a fare i buffoni, sollevammo i bordini sul tubolare del gommone per non far entrare l’acqua. Partimmo di tardo, tardissimo pomeriggio – altra cosa da non fare – con discussioni infinite su chi avesse la colpa maggiore del ritardo…

Tracce sul mare [6]

Tracce sul mare

Comunque viaggio tranquillo e mare calmo che cominciò a muoversi solo appena superata ‘a porta ‘ranne, la classica via di entrata a Palmarola da Ponza (l’isola l’abbiamo circumnavigata sempre in senso orario, chissà perché…).

Prua verso Palmarola [7]
Prua su Palmarola

Niente a che vedere con un’altra traversata da Palmarola a Ponza in motoscafo – abbiamo rievocato questa avventura e l’altra solo qualche settimana fa, tutti insieme – NdR – sul filo di una buriana di fine estate con minacciose cod’i zéfere in lontananza; in quell’occasione viaggiammo con maschera e pinne infilati, pronti, alla peggio, a buttarci in mare.

Comunque, tra frizzi e lazzi arrivammo a Palmarola…


A Palmarola alfine

La tenda fu montata sulla lingua di terra dove adesso atterrano gli elicotteri della Fendi, alla base del promontorio di San Silverio, con vista sulle due insenature: sabbia grossolana e ghiaia la spiaggia principale; sassi grandi e molti legni portati dal mare l’altra: era la nostra legnaia.

Il luogo del campeggio [8]

Il luogo del campeggio

Dall'alto. Lo stacco delle due spiagge [9]

Dall’alto. Lo stacco delle due spiagge in una foto recente: il ‘nostro’ posto è diventato luogo di atterraggio per elicotteri!

La spiaggia principale. in primo piano i Piatti [10]

La spiaggia principale con i Piatti, vista dal largo

L'altra spiaggia di Palmarola chiusa in fondo dalla Chiana 'u viaggie [11]

L’altra spiaggia di Palmarola chiusa in fondo dalla Chiana ‘u viaggie

Le giornate si svolgevano secondo le classiche e ben codificate regole di queste escursioni. Pesca tutto il tempo, subacquea e dal gommone: a sorci, prevalentemente.

La Forcina vista dal versante di Ponza [12]

Il luogo classico della pesca ‘a sorci’: sottocosta, tra Tramontana e la Forcina, con fondale sabbioso

La sera era dedicata alla preparazione della cena, unico pasto della giornata, ma prima c’era la sosta sulla spiaggia per il tramonto (altra ‘devozione’, e ‘must ’ locale). Eravamo funestati da un’aureola di zanzare che come santi ci incoronava la testa (…è possibile che le punture superassero la muta di 3 mm? E’ possibile!): rispondevamo con enormi focarazzi: di legna ce n’era in abbondanza e tanto comunque bisognava prepararci da mangiare…

Per il resto, mare, cieli sconfinati, scherzi tra amici e tutto quello che rende una vacanza “indimenticabile”; anche se a distanza di anni se ne sono scordati tutti i particolari…
Dopo 3-4 giorni, ma una diversa disponibilità di tempo e per anticipare un maltempo che stava arrivando, Dante e Silverio decisero di tornare prima a Ponza.

Costa moonlight [13]

Costa moonlight


La seconda parte del soggiorno sull’isola

Rimanemmo mio fratello e io; abbiamo sette anni di differenza, quindi, partito Dante, diventavo ufficialmente io capo della spedizione. Avevamo scorte alimentari alquanto decurtate e l’incertezza su quanto sarebbe durato il cattivo tempo (solo di mare e di vento, peraltro; c’era sempre il sole). Comunque allora l’incertezza sulle condizioni atmosferiche era totale: prima di telefoni cellulare e men che meno di altri trappolini elettronici. In effetti l’unico collegamento col mondo era la barca di Giuànn’ ’a scigna (prima ancora della “Giovannina” ’i Vicienz’ Muscardìn’) che la mattina portava i turisti (e il pane per noi);! ma col maltempo non veniva. Uno che invece si muoveva (quasi) con ogni tempo col suo gozzo, era ’u diavule ’i Palmarola.

 

[Palmarola, o della libertà. (1) – Continua]
Per la seconda puntata, leggi qui [14]