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In estate, la pesca con le cianciole
Sulla banchina Di Fazio si muovevano gruppi di uomini. Andavano radunandosi per salire a bordo delle cianciole che ancora praticano la pesca alle alici. Le ultime due di una flotta numerosa negli anni ’80, quando si attuò un metodo di pesca innovativo e redditizio. Una volta individuata con l’eco-scandaglio la massa delle alici in profondità, due potenti luci vengono accese sulla superficie del mare. Le alici ne sono attratte e risalgono, dando in tal modo possibilità alla rete, già calata, di cingerle e catturarle. Oggi la praticano i fratelli Bonarino, e Gennaro Portazzero. La causa dell’assottigliamento della flotta peschereccia risiede nel fatto che nel Mediterraneo questo tipo di pesca ha ridotto le alici e la loro facoltà riproduttiva. Il fenomeno si inserisce nella riduzione delle risorse naturali a causa della moltiplicazione indefinita dei bisogni umani. Tutta la pesca mostra evidente il divario fra la richiesta di consumo e la limitata possibilità di risposta della natura. Chi ha visto il debordante pescato che si estraeva negli anni ottanta (si parlava di 400 cassette), oggi si avvilisce davanti alle 10 – 20 cassette tirate su in una notte di pesca. Si esce a tarda sera, priva di luna, per essere sul posto a notte fonda e tendere l’inganno alle alici. Uno è lo stato del mare. L’esecuzione di quella pesca esige la bonaccia perché occorre calare in acqua due “gozzetti” (sono loro che attirano con la luce le alici dal fondo ); se ne devono seguire gli spostamenti e… quando la massa al di sotto è abbastanza compatta occorre gettare la rete, in modo circolare affinché il pescato sia il più abbondante possibile. L’operazione, di per sé lunga e laboriosa, può essere vanificata se la massa viene dispersa da qualche pesce predatore oppure se il mare comincia ad ingrossarsi, rendendo tutte le manovre più difficili. C’è, è vero, la bravura dei pescatori a contrastare i fattori negativi. I luciaiuoli , infatti, debbono allettare la massa dei pesci, compattarla, farla emergere e impedire che l’insieme si disperda. Il capitano deve valutare se il cambiamento del vento permetterà il recupero fruttuoso della rete gettata o sarebbe meglio sorvolare su tutto e scappare in porto perché la furia del mare è prossima. In questa pesca non si avvera quel legame poetico e fascinoso dell’uomo col mare. No, in essa c’è un terzo elemento fastidioso ed è il dover trarre dal mare il guadagno. Nella pesca due istinti si fronteggiano. Meglio è dire che ad un istinto si contrappone una intelligenza, anzi una umanità. . Francesco De Luca (da Frammenti di Umanità – Isolaitudine Edizione – Ponza 2014)
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