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Piante e frutti perduti, ritrovati, fantasticati… (1)26 Agosto, 2015
di Sandro Russo
Vorrei riproporre in più puntate, con minime modifiche e aggiornamenti, un mio scritto originale comparso qualche anno fa su “O”, il giornale on-line di “Omero”, Scuola di Scrittura in Roma.
L’asino viene lasciato con la briglia sciolta. Il percorso è sempre lo stesso e l’animale particolarmente abitudinario. Ma stavolta durante la salita, le sue froge sensibili fiutano qualcosa, nell’aria rarefatta del primo mattino. Scuote la testa e cambia direzione all’improvviso. Qualche passo più avanti il vecchio lo raggiunge e guarda con una certa curiosità. La testa dell’asino emerge dalla macchia mediterranea che ha colonizzato quasi del tutto i vecchi terrazzamenti. Sta brucando qualcosa, dai rami più bassi di un albero, sembra. Il vecchio si avvicina. Sono delle piccole mele rosa, appiattite, di una forma che non ha mai visto prima… Ne prende qualcuna e l’assaggia. Nasce così, per scoperte occasionali, per curiosità personale, più di rado per un progetto che si delinea con maggior precisione nel corso degli anni, la volontà di recuperare il passato attraverso le infinite varietà di piante che una volta arricchivano i frutteti, gli orti delle case, i chiostri dei conventi. Certo può sembrare lontano da noi un mondo dove ancora esistono gli asini; dove per la frutta si aspettano le stagioni giuste, senza andare al supermercato: fuori posto nella nostra era tecnologica. Un mondo, che non cammina con la velocità di internet, ma ancora al passo lento degli asini per impervie salite e ripide discese… Ma a ben guardare la distanza è solo apparente.
In questo mondo, parallelo e contemporaneo al nostro, è importante riconoscere e conservare le piante; tramandare tecniche colturali e memorie di antichi saperi, di cui ad ogni generazione si perde una parte consistente. Ogni volta ci si stupisce, ma è attraverso le variegate e settoriali conoscenze da parte di pochi appassionati, che si nutre la memoria del passato: la speranza di un mondo non completamente omologato.
Un libro che parla di frutti dimenticati, gustosi anche solo per il suono delle parole che li nominano, e affascinanti per storie ricordate o sentite raccontare, per la ricerca che ha portato al loro recupero, a volte tra le mura dei conventi o nei frutteti ormai incolti di cascinali abbandonati… I nomi delle piante, poetici e misteriosi, fantastici o legati alla vita di tutti i giorni; a volte derivati dal colore del frutto (mela ‘bianchina’, mela ‘verdona’, mela ‘roggia’) o dalle caratteristiche della polpa (pera ‘briaca’, pera ‘ghiacciola’, mela ‘rosa in pietra’, ‘ciriegia amarina’) o delle caratteristiche del fiore e delle foglie (“fiori di pesco magni petali a corolla porporina”; mela ‘a fiore nero’; mela ‘fogliona’); altre volte con riferimento alla zona di produzione (mela ‘fiorentina’, mela ‘conventina’) o all’epoca della maturazione (mela ‘rossa al presepe’, pera ‘luglia’). Molti i nomi di santi, per la cui ricorrenza il frutto è maturo… Interessante la storia del ‘fico degli zoccolanti’, dal frutto di dimensioni eccezionali, così denominato per essere coltivato nel convento dei frati ‘zoccolanti’ di Gualdo Tadino (PG), che dal legno del fico ricavavano i loro zoccoli. E ancora… Le ritualità dimenticate del raccolto, quando il contadino lasciava almeno tre frutti sulla pianta: uno per la terra, uno per il sole, uno per la pianta stessa, che si meritava un dono per aver così duramente lavorato. Perduti i nomi, le forme e i sapori, come dimenticati dai più i tanti modi di riprodurre le piante: per talea, per propaggine, per innesto… Le varie tecniche per ‘innestare’ gli alberi, fondamentali per riprodurre identiche le caratteristiche di una pianta su un’altra, con essa compatibile, che funge da portainnesto. Similarità “assoluta” che la riproduzione per seme, ad esempio, non permette. Le ‘Pomone’ Giorgio Gallesio (1772 – 1839), ligure, fu funzionario pubblico e diplomatico (partecipò al Congresso di Vienna per la Repubblica di Genova); successivamente lavorò sempre con funzioni pubbliche per il Regno sabaudo. Pur senza una formazione specifica botanica ma da appassionato di genio e dotato di ottime capacità di osservazione e di esperienza pratica, mise a punto un’opera di rilievo per i tempi che gli richiese tempi lunghissimi per la preparazione e non era ancora completata alla sua morte Pomona è la dea romana dei frutti (Patrona pomorum); Vertumnus (v. in seguito) la divinità etrusca dei giardini e della frutta, capace di cambiare aspetto con il volgere delle stagioni (‘vertere’: mutare, cambiare). Nel sincretismo religioso romano Vertumno corteggiò a lungo Pomona e alla fine si unì a lei. Immagine tratta dalla ‘Pomona’ di Gallesio e, nel riquadro piccolo, foto della mela ‘panaja’, di grosse dimensioni, schiacciata ai poli; denominata anche ‘mela pagliaccia’ Immagine e (parziale) didascalia della susina ‘verdacchia’, sempre ripresi dalla ‘Pomona’ di Gallesio . [Piante e frutti perduti, ritrovati, fantasticati (1) – Continua]
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