Guarino Silverio

Silverio Giuseppe Salvatore

di Silverio Guarino

 

La fate facile voi che avete un solo nome: Isidoro, Biagio, Sandro, Luisa, Rita! Pensate se ve ne toccassero tre, come al sottoscritto: Silverio Giuseppe Salvatore. Senza virgole, ovviamente.

Quando è stata registrata la mia nascita all’anagrafe di Ponza, era nato un bambino dal nome: Silverio Giuseppe Salvatore. Sarebbe bastato mettere le virgole: Silverio, Giuseppe, Salvatore o che si specificasse: è nato un bambino dai nomi (plurale): Silverio Giuseppe Salvatore, per poter usare solo il primo nome, quello con il quale vengo chiamato: Silverio.

E invece no.

Senza infamia e senza lode, pur apprezzando le considerazioni di Massimo Troisi a proposito del nome da mettere al proprio figlio (preferire: Ciro a Massimiliano per rapidità di pronuncia e “per farlo venire più educato”), sono arrivato fino all’età di 57 anni senza grossi inconvenienti, anche perché il mio codice fiscale era stato elaborato solo dal primo nome (GRN SVR etc.) e ciò mi garantiva tranquillità di identità.

Sì, qualche documento conteneva un solo nome, altri tutti e tre, ma non mi sembrava cosa disdicevole o fonte di disguidi.

Fino al dicembre 2006, quando decisi di acquistare una nuova autovettura.

Alla Motorizzazione (che si era completamente computerizzata) del comune di Latina (mia città di residenza), risultavo proprietario di moto ed autoveicoli con diverso nome; contemporaneamente l’agenzia delle entrate pretendeva un chiarimento ed una modifica del codice fiscale per l’inesattezza dei dati a loro disposizione. Cominciarono contemporaneamente a vacillare le mie certezze relative ai documenti di studio e di carriera (diploma, laurea, incarichi di lavoro e di insegnamento) che avevo fino ad allora messo da parte.

Quesito immediato al Comune di Ponza, Ufficio dello Stato Civile.

Grazie alla solerzia di Antonio (Toni) Coppa, ecco servita la soluzione: Guarino Silverio, Guarino Silverio Giuseppe e Guarino Silverio Giuseppe Salvatore, sono la stessa persona! (vedi certificato allegato, in file .pdf : Silverio. Tre nomi)

Questo certificato da allora mi accompagna sempre, prezioso ed insostituibile per non far decadere i titoli di studio, i miei documenti personali e tutto ciò che riguarda la mia identità professionale e psico-fisica.

La stessa agenzia delle entrate, commossa, mi ha condonato lasciandomi lo stesso codice fiscale.

Silverio Giuseppe Salvatore
Io, da sempre, continuo a farmi chiamare solo ed esclusivamente con il nome di Silverio, anche se, quando me lo chiedono le persone che ancora non lo conoscono, specifico: – Silverio, ma con la “S” minuscola: nome “comune” di ponzese; silverio, insomma.

Messaggio forte e chiaro: Quando si sceglie un nome per un nuovo nato, che sia solo uno (checché ne possano disquisire parenti, amici e conoscenti)!

4 Comments

4 Comments

  1. Francesco De Luca

    12 Agosto 2015 at 19:54

    La fate facile voi… che avete tre nomi dello stesso genere. Cosa devo dire io che sono stato nominato negli Atti: Francesco Stanislao Maria ?
    “Una ricca dote – dovettero pensare i miei – questo figlio abbonderà in vita ! “ Perché? Perché Francesco mi inseriva nel tessuto parentale, accostandomi a cugini, zii, ad avi di un secolo indietro. Stanislao rendeva onore ad un parente volutamente dimenticato per taluni handicap. Maria me l’aveva regalato don Luigi Dies all’atto del battesimo, per ingraziarmi i Superi.
    I miei erano orgogliosi di questo nome variegato, quasi altisonante. E io? Io cominciai a dargli importanza nell’adolescenza. Allorquando ci si intratteneva nelle facezie relative ai nomi plurimi, dopo Francesco buttavo sul tavolo quello Stanislao dal sapore slavo, poi sparigliavo tutti col Maria. Zittivano per un attimo e poi lì a chiedermi spiegazioni. Ma intanto il dado era stato tratto e qualcuno già chiedeva : “il DE di De Luca è maiuscolo o minuscolo?“
    Roba da adolescenti, infarciti di storia, letteratura, c’a capa fresca.
    Per un po’ ho giocato con questo nome (plurimo). Poi ho incontrato altri Francesco Maria (e ho vacillato, e infine un Francesco Maria Vassili. Oie mamma, un autentico borioso!
    Capii che le intenzioni dei genitori erano state coltivate in un tempo storico inadeguato. Ho cercato di ringraziarli facendo onore al solo nome che mi accomuna ai tanti. Gli altri due li ho lasciati sulla carta.
    Sei quello che gli altri riconoscono.

  2. Silverio Guarino

    13 Agosto 2015 at 23:28

    Questione di virgole, non di numeri.

    Mia sorella Luisa ha tre nomi; mia cugina Maria, sicuramente almeno due; Francesco (Franco) De Luca, tre. Mezza Ponza ha due o più nomi. Anche i miei figli ne hanno tre, ma tutti rigorosamente separati da una virgola.
    I miei tre nomi: Silverio Giuseppe Salvatore, senza virgole!

    La virgola in italiano viene definita come quel segno di interpunzione a forma di bastoncino ricurvo che indica la pausa più breve (insomma, indica il segno grafico).
    In inglese, invece, si dice “comma” (dal latino comma, dal greco komma, che indica sempre il segno grafico inteso come “pezzettino”), che chiaramente vuol dire: pausa, intervallo, interruzione.

    Può sembrare una cosa da niente, eppure una virgola cambia l’interpretazione di una frase. Ricordate tutti il responso che la Sibilla dava al soldato in partenza per la guerra che le chiedeva del suo futuro destino:
    “Ibis, redibis, non morieris in bello” (Andrai, ritornerai, non morirai in battaglia)
    “Ibis, redibis non, morieris in bello” (Andrai, non ritornerai, morirai in battaglia)

    La Sibilla non sbagliava mai. Era la virgola a fare la differenza.

    Come nel caso dei miei tre nomi che, pur senza essere di generi diversi (di aristocratico stile vaticanista) o di non comune riscontro (l’unico Stanislao che ho conosciuto è stato quello Stanislao Moulinsky, genio del crimine e grande trasformista, nemico acerrimo di quel Nick Carter, fumetto di Bonvi e De Maria degli anni ’70, quello che, catturato dal detective più imbranato del mondo, diceva con accento dei paesi dell’Est Europa misto sardo: “Ebbene sì, maledetto Carter, hai vinto ancora!”), avevano il torto di non essere stati divisi dalle virgole.
    E l’assenza delle virgole mi stava per creare una vera e propria rivoluzione esistenziale.

    Rivoluzione scampata grazie anche al buon senso di legislatori che avevano già preso in considerazione una situazione come la mia, fornendomi con quel certificato dell’Ufficio Anagrafe del Comune di Ponza, la soluzione dell’inghippo della mancanza delle virgole.

    Questione di virgole, non di numeri.

  3. silverio lamonica1

    14 Agosto 2015 at 00:06

    A proposito di Stanislao: nella prima metà del secolo scorso, operava a Ponza un ottimo maestro d’ascia; lo chiamavamo “Stanìse” (molto probabilmente è il diminutivo ponziano di Stanislao). Il suo laboratorio era la grotta a S. Antonio, attuale “garage” dei taxi di Agostino Pilato, proprio dove c’era il capolinea delle corriere. Lì, negli anni ’50, costruì la barca in legno “Albatros” (un canotto) per conto di Silverio Califano, zio del nostro amico musicologo Tonino Esposito.

  4. Rosanna Conte

    14 Agosto 2015 at 16:01

    Se non altro per voi maschietti esisteva la coincidenza di uno dei nomi dichiarati con quello con cui venivate chiamati. A me, invece, è capitato di peggio. Dichiarata come Rosa Anna, senza virgola, sono sempre stata chiamata Rosanna. Ho scoperto questa anomalia solo all’esame di ammissione alla prima media, quando, all’atto della firma, fui ripresa dall’insegnante che mi svelava sic et sempliciter che non ero Rosanna, ma Rosa Anna. Quando il legislatore diede l’opportunità di aggiustare le situazioni complicate come quella di Silverio e la mia, avevo già troppi documenti con il nome legale e scelsi di non cambiare, anche perché il problema dei nomi. per me, si era ulteriormente complicato con le intestazioni dei contributi che le segreterie delle scuole dove insegnavo mi versavano. Nei primi anni d’insegnamento vigeva ancora la regola di corredare il cognome delle insegnanti donne con quello dei mariti e mio marito aveva un doppio cognome. Se ricordo bene, levando e spostando i due nomi e i tre cognomi complessivi si ottennero versamenti per almeno cinque identità diverse. Mi rassegnai a firmarmi con un nome che non sentivo mio, per evitare l’impazzimento generale.

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