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Alcune estati fa…

di Francesco De Luca
Motoscafo Riva [1]

 

Lo scalo d’alaggio sotto il Municipio, il mamozio per intenderci, aveva perso la funzione propria di luogo dove tirare a secco i gozzi per la normale manutenzione. Si stavano organizzando per questo i cantieri a Santa Maria.

Al mamozio vengono tirate le barchette, quelle a remi. E queste, dietro la spinta turistica dell’estate, stanno moltiplicandosi. Sono utilizzate per portare i villeggianti a visitare le grotte.

Siamo negli anni ’50 – ’60 e da Anzio i romani arrivano a frotte. Alcuni, i più avveduti, comprano casa. Fra di loro spicca il notaio De Martino. Ha acquistato un palazzo niente male sia per posizione sia per grandezza. Ne fa la sua villa. Ogni estate viene con la famiglia.

Al mare va con un motoscafo in mogano. Lucido e bello spicca fra le barche ormeggiate al mamozio.

“Era un Riva?”
“No, era un motoscafo dei cantieri Chiavari” – mi corregge Peppino Iacono. Lui lo ricorda bene.

Modellino di un antico cabinato  dei Cantieri di Chiavari. Italia anni '50. Lunghezza cm 80 [2]

“Cosa ci facevi tu allo scafo, che io ti ci vedevo sopra, prima che prendesse il largo?” – domando.
“Niente, ci toglievo il sale. Senza acqua dolce, cos’altro potevo farci ? “ – mi risponde sornione.

Perché lui? Perché era lui il fortunato fra tutti noi, che poteva salire su quello splendore ?
Il notaio De Martino ha amicizia col padre, Ciro Iacono. Abitano anche vicino, in via Parata. Eppoi Ciro ha un magazzino-laboratorio giù, al mamozio, e dunque è comprensibile che si faccia capo lì ogni mattina, e poi si prende il largo.

Insieme al notaio ci sono i figli, due maschi e due signorine. Queste si accompagnano con le figlie di don Mario, il farmacista. Accodati, altri giovani ponzesi.

Lo spettacolo che attendiamo è la messa in moto del motoscafo, e l’uscita dal porto.

Il motore ha quel rombo chiuso e vigoroso degli entrobordo di razza, e l’uscita dal porto, col notaio, immancabile, alla guida, riporta ai film.

Esce tardi, verso le undici. A quell’ora sul Corso si ozia in attesa di andare in chiesa o di assistere alla venuta della nave da Anzio.

Tutto era più a dimensione di un villaggio di mare. Menecuzzotte smaglia nel suo gozzo, dirimpetto al negozio ’i Barbaresca, i pesci dalla rete; Maurino smanica vicino ad un fuoribordo in un fusto, fuori dal suo laboratorio; Ciro Iacono stuzzica i passanti con battute; il maresciallo dei Carabinieri, Betronici, sorride benevolo. Questo nella zona bassa, sul molo. Nella zona alta, sul Corso, il “Conte”, gestore del Maga Circe, duetta con la moglie, Luigi ’u pitto staziona davanti al suo bar Tripoli.

Ecco che il motoscafo fa tremare il cavo del porto col suo motore. Poi esce. Lucido, elegante, signorile.

Oggi Peppino Iacono non ne vuole parlare. Io insisto, ma invano.

L’ho già detto, Ponza sottostava all’andare sonnolento e improvvisato di un villaggio di mare. Nessun paragone con l’estate di oggi, intasata e distratta. Dove perdono gentilezza anche le gondole, inadeguate sullo sfondo delle grotte azzurre, in acque perlacee.

 

Immagine di copertina. Un motoscafo anni ’60 dei cantieri Riva