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Umberto Greatti: sentimenti e parole (1)

di Rosanna Conte
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La delicatezza e la profondità di sentimenti che possono albergare in un cuore innamorato sono categorie universali percepibili nelle situazioni più improbabili; anzi nei luoghi e nei contesti più difficili si acuiscono e riescono a toccarci nonostante la distanza temporale:

” ….Ed anche il tuo viso caro cerco far rivivere innanzi ai miei occhi, compiacendomi nell’osservarti nelle diverse espressioni dei tuoi lineamenti, dei tuoi occhi, della bocca, della tua voce; ed allora converso anche con te ed il mio cuore ti dice tutte quelle parole che la voce non ti può far giungere, ma che vorrei tanto ripetertele per dirti che sei sempre con me, qui nel mio animo, nel pensiero, in ogni mio atto, per dirti che sento tanto il bisogno di sentirmi accanto a te e camminare per tutta la vita, così, tenendoci per mano, per infonderci vicendevolmente coraggio e forza

E’ Umberto Greatti. Triestino, confinato a Ponza dal 1933 al 1938 delle cui lettere alla moglie (alcune di esse: vedi in seguito) siamo venuti in possesso in circostante fortunose.

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Costretto alla lontananza, in una lettera del 20 agosto 1935, Umberto vuole esprimere il suo amore a Carla, la giovane moglie che soffre, insieme al dolore del distacco, anche la delusione di non poter vivere come aveva sognato.

Oggi non si scrivono più lettere, al massimo qualche email o SMS.
Tutto è velocizzato, semplificato, accorciato, anche le stesse parole: è sufficiente far arrivare l’essenza dell’idea, senza perdere tempo con i perché e i per come. Gli stessi sentimenti non vengono descritti, ma comunicati preferibilmente con gli emoticon, e, se proprio bisogna spiegarsi, si utilizza la telefonata. Poi, tutto sparisce, è cancellato.

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Una volta, per fortuna, non era così e noi oggi possiamo disporre di materiale documentario che ci aiuta non solo a capire uno spaccato di umanità che ci ha preceduto, ma anche a conoscere meglio aspetti di una società o vicende storiche direttamente o indirettamente a noi connessi.

E’ in questa ottica che si presenta la raccolta di lettere di Umberto Greatti che consta di 64 lettere – 18 in possesso di Carlo Marcone e 46 in possesso dell’Istituto regionale per la Storia del Movimento di Liberazione nel Friuli e Venezia Giulia con sede a Trieste- più alcune cartoline e vaglia postali, scritte fra l’aprile del 1935 il luglio del 1938.

In tutte le lettere si legge la tensione di Umberto nel mantenere vivo il legame con Carla. Le parla come se le stesse accanto, le chiede dei problemi economici che deve affrontare quotidianamente, del lavoro, dei rapporti di amicizia e parentela, e, quando avverte che sta cedendo allo sconforto, alimenta i suoi sogni per il futuro, un futuro sempre radioso e sicuro insieme.

„..Vedrai come saranno belli e pieni di gioia i giorni che ci aspettano. Non la scorgi tu la felicità che ci viene incontro con passo lento, sì, ma sicuro porgendoci il discreto velo della sua protezione? Non assapori la realizzazione dei nostri sogni, di tutti i nostri sogni; e la nostra tranquilla casetta, e la nidiata dei nostri piccoli (Edera o Anita? Massimiano o Oberdan?), il loro primo balbettio, la loro educazione, tutte cose che ci preoccuperanno e che ci daranno delle piacevoli angustie? E l’architettata sistemazione economica, il nostro grande stabilimento d’avicultura, dove tu parlerai in intimità con le tue predilette “corcò” e sorveglierai le tenerezze dei più giovani “glu”? (25/06/35).

Nei momenti più cupi, durante i lunghi mesi nel carcere di Poggioreale, dopo la protesta di febbraio del 1935, quando la condanna ai processi allunga i tempi per rivedersi e Carla diventa più insofferente, si avverte l’esigenza di Umberto di sentirsi amato:

Etta, scrivimi anche tu così, dimmi che senti le stesse impressioni, che soffri le mie medesime nostalgie. Ho bisogno, tanto bisogno che tu mi ripeta il tuo amore e che me lo sillabi di proposito con tutto il trasporto del sentimento dei tuoi venti anni! L’attesa sarà più bella ed il nostro nuovo incontro conoscerà l’incantesimo del primo amore…” (28/05/35).

Le chiede di non lasciarlo senza le sue lettere e sottolinea come, pur restando chiuso in uno spazio ristretto dove convive da tempo con le stesse persone e compie tutti i giorni gli stessi gesti, trova sempre una varietà di temi per “dialogare” con lei: ora, nel momento in cui lo sconforto potrebbe avere il sopravvento, la voce di Carla è l’unico suo sostegno.

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Il bisogno di Carla, però, non può coprire tutte le sue attese

..Io ti voglio bene, lo sai, ma voglio anche tanto bene a quello che è lo scopo primo della mia vita, a questo mio modo di vedere le cose e di pensare che rappresenta tanta parte di me, del mio carattere, dei miei istinti ed a cui non posso rinunciare, non so rinunciare senza mutar addirittura immagine, senza diventare un uomo vuoto, morto anzi e senza più nessuna meta di miglioramento innanzi al mio cammino.” (11/05/35).

Uomo ricco di sentimenti, Umberto è convinto delle sue scelte di vita e alla moglie crucciata per l’aggiunta dei mesi di carcere a quelli di confino dice:

“...Tutto contribuisce ad alimentare questi tuoi sentimenti nei miei confronti e forse non è estranea in ciò l’opinione di quelli di casa mia che vedono di mal’occhio quanto fo considerandomi quasi un fuorviato. Ma non ne hanno la colpa perché parlano secondo il loro modo di pensare di piccola gente amante della tranquillità e della pace, che seguono sempre il loro istinto di conservazione e preferiscono innanzi ad ogni cosa, il tornaconto individuale.” (05/07/35).

Le sue aspirazioni, invece, spaziano molto al di là del cortile di casa.

Umberto non è un avventuriero, ma un semplice commesso di negozio che ama coltivare lo spirito e la mente. Quando era in libertà andava a teatro, leggeva e commentava l’esperienza artistica che aveva vissuto, anche con Carla.

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La sua visione della vita è proiettata verso il futuro: non si ferma mai al qui, ora, così com’è, ma punta alla crescita dell’intelletto e dello spirito.

La vita così come ce la danno è poca cosa invero: sono i valori ideali, la speculazione soggettiva di questi valori, che fanno della vita una cosa ben più sublime ed elevata di quello che può essere un semplice complesso di cellule organiche.” (21/06/35).

Le sue lettere ci consentono di sbirciare nella vita dei confinati in maniera diretta: Umberto non racconta com’era la vita al confino, cosa che hanno fatto Sandro Pertini, Giorgio Amendola, Camilla Ravera, Altiero Spinelli e tanti altri nei loro scritti, ma ci fa penetrare al suo interno facendocene toccare l‘amarezza e la complessità.

Emergono tanti nomi che già conosciamo – Carolina Guarino, Libera Scarpati, Gino Vittorio, Germaine Lecoque, Mario Magri, Maria Bosso e Carlo Fabbri, il cane Titì – e anche tanti altri a noi meno noti, ma non per questo meno importanti.

C’è la descrizione minuziosa del funzionamento dei turni delle mense, sono riportati i costi di alcuni prodotti di stagione, la moda seguita a quel tempo, l’inizio dei bagni per i confinati, e tante altre notizie.

 

Note:
Per altre citazioni di Umberto Greatti sul sito: leggi qui [6] e qui [7]

Le immagini di Trieste antica, a corredo dell’articolo, sono tratte dal sito http://www.delcampe.net [8] 

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