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La poesia insegnata ai bambini (2)
Di solito comincio con delle filastrocche, possibilmente con quelle non-sense che divertono i bimbi e che a volte, senza volere, diventano lunghissime perché ogni bambino ci mette del suo. Ne capiscono la struttura e cercano la rima per ogni verso. Non hanno bisogno di costruire, ma puntano all’ironia. Sono filastrocche bislacche che hanno il potere di farli ridere. A volte diventano ‘conte, altre volte cantilene. L’importante per loro è che producano la risata. Questo inizia in prima e seconda elementare. Certamente è difficile trascriverle subito… Allora le registro e poi loro le vogliono riascoltare fino all’esasperazione imparandole a memoria. Un po’ come le favole, insomma… In terza elementare comincio con il leggere un libro di narrativa per l’infanzia e intensifico la lettura sia tecnica sia tonale. Faccio leggere a più voci i dialoghi e li faccio rappresentare e poi leggo loro le poesie presenti sul libro di testo e su altri libri. Non spiego mai cosa significa una poesia ma invito loro a parlarmene. Si leggono diverse cose e loro sanno capire subito il tono giusto da usare. A volte, nel leggere brani di letteratura o poesie, sono un po’ curiosi. Cercano di imitare i grandi che vedono in televisione o imitano me. Abbassano la voce, scandiscono bene le parole, mi chiedono una musica in sottofondo, e usano toni bassi e alti secondo le parole presenti nella poesia o nel brano. È molto importante leggere in un certo modo un libro! Occorre fare l’attore… interpretare insomma. Una lettura piatta crea distrazione mentre una lettura che dà voce ai personaggi, crea curiosità, voglia di leggere in quel modo, ascolto. È dalla lettura che nasce la voglia di scrivere, secondo me. I bambini a me affidati, in terza elementare, avvertono la necessità di creare loro stessi, le storie. Si fanno spillare i fogli come fossero piccoli libricini e scrivono le loro storie complete di disegno. Ho sempre gratificato questa loro attività e tra le letture del testo o del libro di narrativa o del quotidiano, abbiamo sempre letto anche le loro storielle inventate, senza che io abbia apportato le correzioni perché sono loro stessi che, leggendole, si accorgono di qualche errore di ortografia, di qualche refuso e sottolineano alcune parole che poi controllano sul dizionario. Fanno insomma un piccolo editing del loro stesso lavoro. In quarta e quinta elementare la grammatica corre in loro soccorso. Cominciano a usare meglio i verbi e le frasi si allungano con le giuste espansioni. I racconti e i testi sono più articolati, più ricchi di concetti, più rispondenti alla realtà. Il pensiero prende forma e, tra il serio e il faceto, vengono fuori delle bellissime storie. A questo proposito, una volta diedi da fare una recensione su un libro letto durante l’estate. Un bambino mi disse che lui non aveva letto un vero e proprio libro ma un libro di fumetti su Spiderman. Gli dissi che andava bene lo stesso, invitandolo a scrivere una chiusa con un insegnamento. Lui scrisse: “…Io ho capito, leggendo questa specie di libro, che chi è così potente, ha pure la responsabilità di riuscire in quello che fa… e allora è meglio essere normali!”. Ovviamente ritengo importante offrire al bambino tutti i mezzi per arrivare vittoriosi agli obbiettivi prefissati dalla programmazione. Cinema, teatro (da fare e da vedere), pittura, storia, lettura… insomma ogni forma d’arte è buona affinché il processo di apprendimento avvenga in modo ottimale. Le poesie occorre saperle scegliere. Non tutte piacciono e non sempre sono comprensibili. Ce ne sono alcune che colpiscono al cuore e lascio a loro la scelta di alcune su cui parlare e farne prosa. Quando nessuno si propone per inventarne una, chiedo io di scriverne qualcuna collettivamente. Basta questo per scatenare in loro la voglia di costruirne una propria. Molte sono in versi liberi e altre invece in rima. Non le correggo mai e sono loro stessi che decidono quando andare a capo. Capita che alcune siano così belle da togliere il fiato ma anche quelle che apparentemente sembrano senza senso, quando si leggono più volte, traducono il loro mondo interiore che non è fatto solo di risate o di gioco, ma anche di solitudine, inquietudine e malinconia. In un ciclo (dalla I alla V) ebbi modo di mettere a frutto tutto il lavoro di cui sopra e ne venne fuori un libro che intitolammo “Fiaborie e Poestrocche”. Ci sono fiabe e storie, la memoria (con foto antiche di nonni e bisnonni e la loro lettura), testi e poesie. Quest’ultime scritte in quinta. C’è stato un ciclo in cui ho insegnato in una scuola a forte componente di bambini stranieri. Ho conosciuto bambini di diverse etnie e ho ascoltato storie piene di colori. Avevo portato in classe un grosso scatolone e i bambini avevano portato oggetti e vestiti che raccontavano il loro paese. A una certa ora, aprivo lo scatolone e tiravo fuori un oggetto o una stoffa o una scarpa. Nascevano delle storie fantastiche. Ho scritto un pezzo concernente quel periodo “Suli e il… mare” che è stato pubblicato anche su Ponzaracconta (leggi qui). Ora insegno in seconda elementare e già ho cominciato a ricevere piccoli libricini con storielle brevi. Qualcuno mi dice che da grande vuole scrivere un libro…
Tramonto La natura La montagna d’inverno. La montagna dorme / accompagnata da una ninna nanna danzante / della neve. / Il freddo tutt’intorno / viene accarezzato / da una casa calda e accogliente. / Gli alberi carichi di neve / s’inchinano a questo spettacolo. / Nel silenzio / grida di gioia di bambini. La neve La luna Amici Apollo 11 La sera L’inverno Nel campo di dolore . Quando un bambino pensa
Quando un bambino pensa è una gran festa che arriva a colorare il bianco e il nero e con tutto il suo bel pensare nella testa riunisce pezzi sparsi in un intero.
Un bambino calcia i sogni che escon dai calzini ritorna a casa con i pensieri ricamati a mazzi di carta le barchette e d’oro i fiorellini e gli ombrelloni a pezze sui terrazzi.
Un bimbo appende nubi a un fil di lana rincorre un aeroplano sui prati di campagna s’immerge nel sapere al suon di una campana e solca gli orizzonti al mare ed in montagna.
E sì che ci sta bene in fantasia anche il colore della nostalgia perché un bambino è anche il sogno nel cassetto perché un bambino è anche il cielo in una stanza perché un bambino è angelo e folletto e non conosce guerra né distanza.
Quando un bambino pensa è una carezza che arriva lenta lieve e appassionata e mi cancella l’ombre e la tristezza per quell’infanzia pura e ormai passata. [di Gabriella Nardacci, dal libricino citato, stampato in proprio]
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