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La poesia insegnata ai bambini (1)

proposto da Sandro Russo, con la collaborazione di Gabriella Nardacci
DMB9 [1]

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Qualche tempo fa mi sono imbattuto in una poesia di un’autrice a me sconosciuta (o quella poesia mi si è imposta, tra le tante cose che leggo velocemente). La riporterò alla fine di quest’articolo: va letta più volte, lentamente e fatta entrare dentro.
Intanto ho raccolto informazioni sparse su questa scrittrice-poetessa (si chiama Chandra Livia Candiani), ho chiesto consiglio a Gabriella Nardacci che insegna (anche la poesia) ai bambini delle elementari e giro a tutti quelli che insegnano a Ponza, la richiesta di partecipare la loro esperienza, se il tema sembrerà loro meritevole…
S. 
R.

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Chandra-Livia Candiani-2 [2]

Dove abitano le parole? Esperienze di poesia a scuola
di Chandra Livia Candiani

“Da qualche anno conduco seminari di poesia nelle scuole elementari.
I bambini sono di otto, nove o dieci anni. Non sono solo italiani, ma anche stranieri che vengono dai paesi più diversi: Cina, Uruguay, Brasile, Panama, Perù, Colombia, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Filippine, Marocco, Tunisia, Russia, Romania, Ucraina. Partiamo da un punto in cui conoscere molte parole non è affatto quello che conta.

Non inizio mai spiegando loro cos’è la poesia, ma segnando un leggero e variabile percorso per andare insieme in cerca del luogo in cui abitano le parole.
Ma dove sono le parole? Un verso di un anonimo poeta nicaraguense dice: «Un poeta siente»: un poeta sente, percepisce, avverte, intende, ha sentore e presentimento. E così giochiamo con il sentire e scriviamo le tracce che i sensi lasciano in noi. (…).
(…) Spesso quando dico ai bambini «Un poeta sente, e so che anche i bambini sentono… sentono molto di più di noi adulti e così conoscono…» vedo le loro facce illuminarsi, si scambiano occhiate di complicità o si trasmettono un: «Questa ci riconosce!» oppure: «Ci ha beccato!» e così so che posso partire. Con loro.
Per fare questo viaggio insieme, è bello sedersi per terra, perché la terra dà sostegno e accoglienza, fa sentire più uguali e più improvvisati, meno impettiti, meno timorosi. Ed è utile sedersi in cerchio, all’inizio dandosi la mano e dicendo il proprio nome, perché il cerchio è semplicità, è inizio e fine, è visibile e invisibile, non si sa da dove parte, nessuno è al centro, tutti lo sono, è infinito. (…).

Alcune poesie dei bambini
Di fianco al nome dei bambini e all’età c’è anche il Paese d’origine perché lavorando insieme abbiamo scoperto che la poesia è anche memoria, viaggio verso gli antenati e le loro poesie assomigliano involontariamente alle radici della poesia del loro Paese. (L.C.)

 

Leonardo 9 anni (sudamericano)

La mia vita
La mia vita è come un animale che corre
e come

*

Steven 9 anni (boliviano)

Il silenzio
Le rondini un silenzio che si può vedere con gli
occhi
La pioggia lucente e un silenzio profondo.
Il silenzio è così che
non si sente però sembra un urlo.
Il correre è un silenzio molto raro

che bruccia dentro di noi.

*

Marius 9 anni (rom)

Il silensio
Paura volio giocare ma o paura,
volio
dire qualcosa ma o paura,
volio cantare ma ho paura,
tuti mi prendono
in giro e o paura,
o paura di tuto e sono da solo.
Silensio.

*

Nashua 9 anni (marocchina)

La mia mamma moriva,
le chiedevo aspetta
sta
arrivando il mio compleanno,
lei sorrideva e diceva:
avrai un
compleanno bellissimo!

*

Ivan 8 anni

Il serpente ha il cuore puro
ma lui
non ci crede.

*

Alessandro 9 anni russo

La mano
Dentro ci sono le vene
fuori arriva l’aria,
le mie mani stringono gli
oggetti
come regali.

*

Oreste 10 anni (italiano)

L’amore
alcune volte
dice boh!

*

Martina 10 anni (italiana)

Il suono della campana
come un bacio
che dura molto a
lungo.

*

Nashua 10 anni (marocchina)

Vorrei stare sempre con la mia mamma
come il testo che è formato da tante parole
come le piume che stanno
sempre insieme.

*

Fatema 10 anni (rom)

E’ bello
vedere l’aria felice.

Ascolto conchiglia.2 [3]

 

Mappa per l’ascolto

Dunque, per ascoltare
avvicina all’orecchio
la conchiglia della mano
che ti trasmetta le linee sonore
del passato, le morbide voci
e quelle ghiacciate,
e la colonna audace del futuro,
fino alla sabbia lenta
del presente, allora prediligi
il silenzio che segue la nota
e la rende sconosciuta
e lesta nello sfuggire
ogni via domestica del senso.

Accosta all’orecchio il vuoto
fecondo della mano,
vuoto con vuoto.
Ripiega i pensieri
fino a riceverle in pieno
petto risonante
le parole in boccio.

Per ascoltare bisogna aver fame
e anche sete,
sete che sia tutt’uno col deserto,
fame che è pezzetto di pane in tasca
e briciole per chiamare i voli,
perché è in volo che arriva il senso
e non rifacendo il cammino a ritroso,
visto che il sentiero,
anche quando è il medesimo,
non è mai lo stesso
dell’andata.

Dunque, abbraccia le parole
come fanno le rondini col cielo,
tuffandosi, aperte all’infinito,
abisso del senso.

 

[di Chandra Livia Candiani, dalla raccolta di poesie “La bambina pugile ovvero la precisione dell’amore” p. 14; Ed. Einaudi; 2014]

[La poesia insegnata ai bambini (1) – Continua qui [4]]