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E la chiamano estate…

di Francesco De Luca
Estate [1]

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Non verrà più questo tempo. L’ho avvertito stamane. Il venticello solletica sempre quando il sole inizia a dar calore ai faraglioni e l’acqua sugli scogli sembra giocare a nascondino coi granchietti e i rufoli. L’invito era esplicito ma io non l’ho colto.

Anni fa mi sarei chinato sugli scogli a cogliere i rufoli più grandi, mi sarei spinto a staccare qualche patella più massiccia, allontanandomi dalla riva fino a bagnarmi i glutei e poi, inevitabilmente, avrei lasciato che le fresche acque dessero quel leggero tremore iniziale, mentre lo spirito si inondava di gioia.

Non è stato così. All’invito esplicito a rinnovare il bagno di prima mattina ho rinunciato, lasciando ai soli occhi di saziarsi dello spettacolo che, seppure in forma minimale, silenziosa, si svolgeva sotto gli occhi. Perché i rangetielle fingevano timore al sopraggiungere dell’acqua e zigzagavano fra i rufule immoti e apparentemente indifferenti, mentre due gabbiani insolenti vociavano dall’alto con cadenza noiosa.

Oggi più che l’agire predomina l’assistere. E domani sarà ancora di più il tempo del ricordo.

Anche questo tempo qui, come il colore rosa della mattina sfumerà, e un altro sentimento occuperà la mente.

Non sto farneticando, lo so che altri hanno lo stesso mio sentire perché comune è la gioia che ci dava il tempo di giugno. Avevamo allora il chiodo fisso del bagno. Non poteva passare mattino che non ci si vedesse sulla spiaggia a giocare col mare. Nella compagnia, allegra e caciarona, sono nati i primi dissapori coi coetanei, e quelle antipatie sono rimaste e perdurano ancora. Inconsistenti e inossidabili. Sono nati gli amori adolescenziali. Quanto tremore procurava abbracciare una ragazza mentre la si spingeva nella calata e, subito dopo, la si tirava su. Tremore e palpito.

Passerà questo tempo qui come è passato quello.

Ieri sera, nella calma indolente del porto, mi sono spinto a ricordare quando ci si intratteneva a parlare coi coetanei. Degli impegni scolastici futuri, mentre osservavamo il viso e le forme e l’andamento e il parlare di quella ragazza, bella e irraggiungibile, attorniata da amici più grandi, in grado di corteggiarla meno platonicamente di noi.

Non verrà più questo tempo, ecco perché è prezioso.

 

In appendice

La canzone proposta da Vincenzo Ambrosino

Cristiano De André – Nel Bene e Nel Male

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Dall’ultimo concerto di Fabrizio De André; 1998 (la canzone è scritta da De André e Fossati)