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Giunto alla fine della lettura proposta qualche tempo fa, non mi sembra di saperne di più sul mare, ma forse ho più chiari i modi di scriverne.
Se torniamo alla domanda iniziale: “in che misura il mare e la navigazione (a vela) ispirino la scrittura”, a Larsson non sembra che il mare in sé abbia la capacità di stimolare grandi storie, supportato in questo anche dal giudizio di Goffredo Fofi che da un’analisi della letteratura italiana conclude: “il mare non produce immaginario, o quanto meno non produce immaginario nei letterati”.
Larson introduce il termine “terraioli”, senza accezione spregiativa, ma nel senso dei “guardatori del mare”: coloro che su di esso proiettano immaginario, fantasie e metafore; un mare quindi fortemente idealizzato.
Non è necessario essere o essere stati naviganti, per affrontare il tema, anche se può aiutare; due esempi per tutti: Joseph Conrad e Bernard Moitessier [digita i rispettivi nomi nel riquadro ‘Cerca nel sito’ per richiamare quanto abbiamo pubblicato di loro, sul sito].
Ma altri grandi scrittori hanno scritto di mare e di marinai in base a conoscenze di “terraioli”: come Francesco Biamonti nel libro di Larsson; Fernando Pessoa, Jean-Claude Izzo, per citarne solo qualcuno.
Il mare e la gente di mare sono anche un esempio di macroscopica omissione, da parte di altri grandi scrittori: gran parte della letteratura francese (che è lo specifico di Larsson), ma soprattutto Balzac, Zola che hanno lasciato un affresco globale della società, curiosamente mancante di qualunque accenno al mare.
Allo stesso modo grandi pensatori come Marx hanno ‘dimenticato’ di menzionare una intera (e ben numerosa) categoria: quella dei lavoratori del mare (“I lavoratori del mare” è invece il titolo di un romanzo di Victor Hugo, del 1866).
Trasferendoci dal passato al presente, si nota anche che il mare ha perso di “presenza” nella società moderna: “per viaggiare non dobbiamo più ricorrere al mare” (…) “le navi hanno disertato i centro-città e la prossimità della vita urbana”. Le chiese costruite nelle città costiere per affidare i naviganti a santi e madonne sono ormai un ricordo. Il mare si è di fatto ritirato dalle nostre vite.
Dal punto di vista del “raccontare il mare”, altre “mancanze” si sono avvertite nel saggio in questione
Francisco Coloane, cileno (1910-2002) marinaio e scrittore, su cui il mare ha agito “per assenza”: ebbe infatti a dire di essere diventato scrittore per nostalgia, per la mancanza del mare e delle sue isole.
Arturo Pérez-Reverte [digita il nome nel riquadro ‘Cerca nel sito’ per quanto di lui abbiamo pubblicato], navigatore e scrittore di tanti romanzi, ma nessuno sul mare.
Spesso, anche nel saggio di Larsson, il tema del mare confluisce in quello ancora più vasto del viaggio, e allora non si può non ricordare Bruce Chatwin (sul sito leggi qui), che in Larsson trova una solo fugace citazione.
Anche un’altra dimenticanza rileviamo, e riguarda lo scrittore indiano Amitav Ghosh, che sta delineando nella cosiddetta “Trilogia dell’Ibis”, un potente affresco storico-sociologico dell’India e del capitalismo ai suoi esordi. L’Ibis è un veliero che, nella prima metà dell’800, solca le acque tumultuose dell’Oceano Indiano coinvolto nella Guerra dell’Oppio e nel trasporto di un’umanità eterogenea tra cui i ‘lascari’, marinai appartenenti a razze diverse, cinesi, bengalesi, arabi e malesi, che parlano un lingua tutta loro e non indossano altro abito che una striscia di tessuto intorno ai fianchi (il ‘lascari’ il linguaggio di questi marinai, ricchissimo di termini nautici e marinareschi, era l’analogo indo-pacifico del “sabir” la lingua franca dei marinai del Mediterraneo, ormai scomparsa (leggi qui).
Si vuole segnalare in appendice al saggio di Larsson – per omogeneità e assonanza col tema trattato – una raccolta sul significato di «leggere e scrivere il mare»:
“Racconti di venti e di mare”, a cura di Giorgio Bertone (2010); pp. XXII – 576 Einaudi (Supercoralli);
La raccolta, inframezzata da commenti del curatore, si apre con Joseph Conrad, Stevenson e Pessoa ed esplora un universo fatto di vento – con Italo Svevo, Marquez e Jack London -, isole – Gaugin e Melville -, sogni e deliri marini – Carver, Camus e il terrificante naufragio di Poe -, naviganti, terraferma – le spiagge liguri di Montale, la baia di Rio di De Amicis -, ma anche dei resoconti dei più grandi marinai della storia – il disastro dell’Endurance capitanata da Shackleton [digita il nome nel riquadro ‘Cerca nel sito’ per quanto su di lui abbiamo pubblicato sul sito], il ritorno di Colombo dal nuovo mondo, Cook e la barriera corallina, sciagure, corsari e pirati, sirene, approdi e surf.
Possiamo continuare a scrivere e leggere racconti marinari quindi – il mare che da Omero in poi fa parte dei miti fondativi della nostra civiltà – con una libertà in più: siamo esentati da un lungo apprendistato, non dobbiamo cominciare come mozzi e finire capitani, né dobbiamo affondare insieme alle nostre navi.
Dal mare prendiamo la libertà, l’assenza di confine e di appartenenza; tra le sue onde ci perdiamo, nelle sconfinate distese della fantasia…
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[“Raccontare il mare”, di Björn Larsson (3) – Fine]
Per le puntate precedenti digita – Larsson – nel riquadro “Cerca nel sito”
L’immagine qui sopra (e in copertina) è una riproduzione di “Study of Sea”, di Joseph Mallord William Turner, ca. 1820-30