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Le immaginette di San Silverio

di Enzo Di Giovanni

immaginetta di San Silverio [1]

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Credo di averlo raccontato decine di volte, ma mai per iscritto.

Nel 2009 andai con altri amici ponzesi in delegazione a Le Lavandou, in Costa Azzurra, per le celebrazioni relative al Giubileo per i 50 anni dell’esodo dei galitesi che da La Galite si trasferirono in Francia.

La-Galite-Le-Lavandou.-Affiche-204x300 [2]

Un bel momento: l’incontro con i nostri amici de La Galite, la squisita accoglienza della comunità francese. Lo abbiamo ricordato in un convegno svoltosi a Ponza (Ritorno a La Galite leggi qui [3]).

Manifesto-Evento1 [4]

Durante le tante celebrazioni di un week-end lungo denso di emozioni, arrivò puntuale lo scambio dei doni ufficiali tra la comunità di Le Lavandou e quella ponzese, a margine di un convegno presenziato dal nostro amico Philippe D’Arco.

Io in un taschino della giacca avevo un discreto numero di santini di S. Silverio che Don Ramon mi aveva dato prima della partenza: “portali con te, vedrai che a qualche signora devota farà piacere!

Ma le immaginette rimasero ben nascoste, fuori dal protocollo ufficiale.

Mentre continuavano le cerimonie di prammatica, per un attimo me ne tornai all’interno della sala dove si era svolto il convegno. Mia moglie allora mi chiese perché non avessi mostrato, durante tutto il giorno, quel “segreto”. Risposi farfugliando che probabilmente era fuori luogo, che S. Silverio mi sembrava rientrasse più nella sfera dell’intimo.

Non cioè all’interno di una cerimonia pubblica; oltretutto in un paese laico per definizione in cui una buona metà dei convenuti erano figli di terza generazione che di ponzese, o galitese se preferite, avevano soltanto il cognome, ma ormai neanche un’inflessione dialettale …Magari dopo, fuori da quel contesto…

Mentre ero perso nei miei tentativi di inquadrare in schemi prefabbricati i miei ragionamenti, Maria Grazia, da buona ponzese, senza perdersi in sterili riflessioni prese una immagine sacra e la offrì ad una signora anziana che passava davanti a noi.

Senza dire una parola, la signora baciò S. Silverio ed uscì con calma all’aperto.

Dopo neanche un minuto, la piccola folla che partecipava all’evento si rovesciò, in ordinato silenzio, all’interno della sala.

Tutti, ma proprio tutti, vennero da me, anche ragazzi di meno di vent’anni. Tutti vollero la loro immagine personale, tutti la baciarono e la misero in un taschino o nel portafoglio.

immaginetta di San Silverio [1]

In meno di cinque minuti, quasi di nascosto, si volatilizzarono centinaia di immagini di S. Silverio mentre fuori continuavano le cerimonie ufficiali che prevedevano tra l’altro l’inaugurazione di una rotonda intitolata ai galitesi.
Una sorta di composta processione spontanea!

Immagino che i francesi veri nemmeno abbiano colto questa piccola rivoluzione del protocollo.

A questo ho pensato ieri, confuso tra la folla dei tanti, ponzesi e non, che partecipavano alla festa.

Noi ponzesi, sparsi in tutti i continenti, che idealmente ci incontriamo il 20 giugno di ogni anno, siamo gente sostanzialmente sobria.

Poco inclini all’ostentazione, spesso timorosi di apparire, quasi vergognosi di mostrare con orgoglio l’appartenenza ad una comunità che pure sappiamo essere ricca di storia, di sacrifici, di atti di coraggio e di volontà indomabile. Anche per questa indole, spesso gli altri non ci comprendono, e di conseguenza non riescono ad apprezzare le nostre vere qualità.

Ma queste cose ce le raccontiamo tra noi e con il nostro Santo, che anche per questo ci appartiene.