Ambiente e Natura

Un’isola da far crescere (2)

di Vincenzo Ambrosino

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Per la prima parte: leggi qui

Le persone tendono ad adeguarsi ai comportamenti delle maggioranze anche quando li percepiscono come errati, e questo è tanto più grave quando questi comportamenti incidono su ambienti limitati e fragili come può essere quello della nostra isola.

Ad un marziano potremmo dire: “Se vieni nell’isola di Ponza troverai i ponzesi persone cordiali, educate, moderate ma anche se sono costretti a praticarla, non hanno consapevolezza della parola “misura”.
La misura richiama una sfida di proporzioni, di armonia, di equilibrio che l’isola fatica a conservare.

Per dare un’idea di armonia e di confine, immaginiamo l’isola come un pentagramma sul quale si scrivono le note: noi stiamo imbrattando il pentagramma di note che creano dissonanze e non armonia.

La vita dell’isolano oggi, è scandita nella sua quotidianità da ritmi, da timbri, toni che sono tutto tranne che musica e non possono raggiungere l’armonia. È necessario – se non vogliamo ascoltare dissonanze sempre più insopportabili – assolutamente fare in modo che queste fasi della vita quotidiana del ponzese possano prendere forma, accordarsi per ritornare tra loro in armonia.

Faccio alcuni esempi banali, chiari a tutti noi, ma che forse ci possono aiutare a comprendere il concetto di “isola-misura” che non siamo in grado di mettere in mostra.

Imbottigliati-nel-traffico-a-Le-Forna.1

Primo esempio. Quante automobili, motorini, furgoni e furgoncini sono in possesso dei residenti? A giudicare dalle colonne di automobili parcheggiate di sera e d’inverno lungo la strada provinciale, dobbiamo dire che sono troppe. E d’estate aggiungiamo alle nostre automobili altre automobili, camion, addirittura tir sommando caos al caos. Da questo possiamo dedurre che i ponzesi si muovono in automobile per cui hanno ritmi da città caotiche e non adatti a ritmi per dare un’armonia isolana.
In questo caso sul nostro ‘pentagramma’ aggiungiamo rumori non note.

Chiaia di Luna. Lavori in corso

Secondo esempio. I lavori pubblici sono poi la goccia che fa traboccare il vaso della disarmonia. Si fanno lavori pubblici che hanno un solo senso: quello di mettere in mostra l’enorme ignoranza dei ponzesi nella pianificazione territoriale. Si pensa sempre di aggiungere nuove senza aggregarle né integrarle. Non abbiamo “la misura” per operare in quei pochi spazi che ancora rimangono a disposizione; agiamo come ‘elefanti in una cristalleria’, infatti gli spazi residui vengono occupati non per creare integrazione urbana – quindi armonia -, ma per aggiungere disordine.

Gabbiani-e-immondizia

Terzo esempio. Analizziamo i nostri rifiuti. A giudicare dalla qualità e quantità dell’immondizia che produciamo, dobbiamo desumere che abbiamo una cultura del consumismo più adatta ad una cittadina americana che ad un’isola mediterranea: troppi mobili usa e getta, troppi elettrodomestici che si guastano, troppi materiali non riciclabili che finiscono nei cassonetti.

Interno casa ponzese

Quarto esempio. L’arredamento degli interni delle nostre case (non quelle che vengono affittate): lo troviamo curato, motivato per dare conforto ma anche piacere di viverlo e farlo vivere… ma se lo paragoniamo all’enorme disordine urbano, potremo notare una forte ‘stonatura’ tra l’arredamento delle nostre case curato nei minimi particolari e quello del nostro quartiere, della strada della piazza assolutamente trascurato.


Questa è la cultura individualista
che si manifesta adeguata solo nelle cose private, dove si nota gusto, capacità di utilizzare gli spazi minimi, scelta dei materiali nell’arredare, mentre la stessa cura la stessa “misura” è assolutamente assente nelle cose pubbliche.

Ancora dissonanze: i ritmi suonati nel privato non trovano accordo con i ritmi suonati nel quartiere, nella strada, nella piazza: “con questi ritmi, con questi rumori non può nascere l’armonia”.
Queste “dissonanze” connotano anche il nostro sistema economico e sociale dove quel che conta è fare profitto in un tempo minimo; quel che conta è stabilizzare la propria posizione economica non importa ai danni di chi o che cosa. I problemi della strada, del quartiere, della società non sono affari dell’individuo, semmai dell’amministrazione.

La riprova di quello che dico si manifesta nella nostra propensione ad un’offerta turistica “mordi e fuggi” dove non ci si deve soffermare ma solo ‘consumare’; un turismo che si adegua alla domanda, improvvisato, che spera che arrivino migliaia di ‘turisti’ comunque, e in questo clima chi ha più rendite di posizione le sfrutta facendo grossi incassi in un tempo breve.
Lo spopolamento invernale è una conseguenza del sistema economico e sociale che si è venuto a determinare: quello del “prendi il malloppo e scappa”

Quello che ho cercato di spiegare è che i nostri comportamenti quotidiani evidenziano una cultura che si riverbera sulla nostra vita economica e sociale.
Il nostro rapporto con l’isola, con la natura, rimane ‘da dominatori’, e a mio avviso non ce lo possiamo più permettere.

E intanto, se non vogliamo essere completamente ipocriti e si traggono le conseguenze logiche da quanto ho scritto finora, dobbiamo concludere che:

I ponzesi non amano più la loro isola: i ponzesi sfruttano la loro isola!

I ponzesi tra di loro non si amano: si sopportano o al massimo si tollerano!

I ponzesi non sono felici!

 

[Un’isola da far crescere (2) – Continua]

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