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Mare di strade

di Francesco De Luca
Mondo subacqueo [1]

 

E’ il mare stesso a tracciare le sue strade. L’immenso corpo è trapassato da flussi. A nord a sud lambiscono coste, sprofondano per risalire più lontano. Trasportano calore, densità, vigore. Le correnti trafiggono il mare con moto improvviso quando è il vento che spinge e le porta a sfinirsi. Altre con cadenza mirata toccano isole e le riscaldano, lasciando che la vita si imponga.

Strade percorse da miriadi di esseri, dietro l’andare delle correnti. Da un estremo all’altro.
Sono strade conosciute e trafficate, sono strade segnate dal tempo e dalle stagioni.
Le migrazioni degli abitanti del mare boccheggiano dietro strade precise, impalpabili eppure nette.

I mari sono innervati dai percorsi che li segnano. E pullulano di branchi che animano le acque, le mettono a soqquadro. Vie evidenti per lo più, ma alcune arcane, misteriose. Portano vita inaspettatamente.
A questo complesso intreccio di strade intestine l’uomo ha aggiunto i suoi tracciati. Partano da punti definiti e giungono lì dove la volontà dell’uomo ha deciso. Sono rotte, sono porti, sono tratte, sono approdi.

Quante le strade nel mare e tante quelle sul mare!
Le hanno segnate con la fatica i nostri pescatori, il cuore a Ponza e la mente in Sardegna. Strade percorse con i calli ai remi e gli occhi alle quattro stelle che nel firmamento indicavano direzioni.

“Si navigava a mente. ’A chella parte avera sta’ ’a Tuscana”.
Ntunino la prima volta ci andò che frequentava la quinta elementare. Lasciò la scuola a maggio. Seguì la voglia di andare via per sentirsi finalmente apprezzato. A Le Forna era un ragazzo incapace, lì sarebbe diventato necessario per sé e per la famiglia. Così fu.
Oggi non naviga più, ha gettato definitivamente l’àncora, ma ricorda i tratti di mare trascorsi in silenzio, scrutando le onde, col cuore sospeso. Perché chi va per mare lascia il certo e approda nell’incerto.

Ci sono poi le strade che dal mare traggono alimento. Sono quelle del sogno, vergate del suo fascino, e agognate. C’è quella lucente che porta alla luna, descritta da D’Annunzio, c’è quella mortale, intrapresa da Martin Eden.

Stamane ho ripreso il mio mare – scrive il poeta – mi sono sciolto nell’abbraccio e sono quietato / come in grembo “.

Portano all’abbandono quelle strade, conducono dove nessuno c’è, nulla stride. L’estate lo favorisce, la vacanza invita, la spiaggia di Zannone, deserta e calma, spalanca il varco, e ci si trova immersi nel vuoto. E’ lì che l’animo trova compiacenza.
Uno sbuffo d’onda riporta indietro, nella calura del giorno. Più sereno è lo sguardo, più dolce la compagnia, più invitante il mondo.
Una breve strada nella felicità.

 

Il Mare. Le parole e la musica di “Com’è profondo il mare” di Lucio Dalla ne sottolineano il fascino (da YouTube)

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