Attualità

Mediterraneo. (2). I migranti e la provincia di Latina

di Paolo Iannuccelli

società multietnica

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Il Mediterraneo ha offerto spunti succosi per “spiegare” Latina, i suoi dintorni, lo sviluppo di città nuove attraverso genti diverse, ognuna con una storia diversa.
Il mare ha portato qui persone di origine italiana proveniente dai paesi magrebini del Nord Africa (Egitto, Tunisia, Libia, Marocco) da Israele, dalla Ex Jugoslavia, Albania, Cipro, Rodi e il Dodecaneso, qualcuno è arrivato da Salonicco, tutti porti, tutti punti di partenza.
Ci furono famiglie – lo racconta spesso Silvano Roccato, ex assessore socialista – che dal Veneto arrivarono a Littoria, poi furono invitate a raggiungere l’Albania (Durazzo, Valona, Scutari) per occuparsi di bonifiche, dopo l’occupazione del 1939 che portò alla costituzione del Regno d’Italia e d’Albania. Erano tutti tecnici molto preparati. Durò pochi anni la loro permanenza oltremare, gli eventi bellici portarono di nuovo in Italia nel 1943.
Stessa cosa fecero le venti famiglie di pescatori ponzesi che trovarono ospitalità nell’isola di Lagosta, lavorando in una fabbrica di trasformazione di sardine. Abitavano al Villaggio Razza, un posto incantevole dove si trovavano bene, quasi agiati su uno “scoglio” che somigliava al loro, non avevano problemi di ambientamento. Anche loro furono consigliati di lasciare la provincia di Zara — allora italiana — e di raggiungere di gran carriera Ponza dopo una breve ma travagliata sosta a Bari. Restò a Lagosta solo una ragazza, naturalmente per amore.

Lagosta

Làgosta (in croato Lastovo) è un’isola posta in mezzo all’Adriatico meridionale, non lontana dalle Tremiti. È sede di un famoso faro.

Nel 1955-56 furono aperte le Terme di Fogliano, create dalla famiglia Cimaglia, a due passi dalla spiaggia, la bontà delle acque convinse decine di persone a curarsi le malattie della pelle in quel luogo incantato, con balneoterapia ed elioterapia assicurata.
Il sole della zona pontina è gradito da sempre dalle nazionali di canoa e canottaggio che, durante il periodo invernale, si allenano sul lago di Sabaudia, gli atleti provengono tutti dai freddi paesi del nord Europa. Lago Lungo e lago San Puto sono considerati i migliori bacini in Italia per praticare lo sci nautico.
Altri migranti? Negli anni sessanta si sviluppò il grande fenomeno della salita operaia da sud a nord, con Torino meta preferita dei meridionali.

A Latina, baciata dalla fortuna della Cassa del Mezzogiorno, ci fu un fenomeno inverso, anche se con connotati sociali riferiti a classi di benestanti che scelsero l’Agro per lavorare in fabbriche che avevano messo radici, vedi la Rossi Sud, Fulgorcavi, Mira Lanza, Smalterie Genovesi, Plasmon, Pfizer e decine di altre.

Latina stabilimento della Plasmon

Lo stabilimento della Plasmon in prossimità di Latina

Un fenomeno interessante riguardò la Fulgorcavi che arrivò ad essere quasi una città nella città.
Il dottor Briasco, genovese, spinto dall’ottimo Dapelo, il patron, arrivò persino ad organizzare una squadra di calcio che in breve tempo raggiunse la serie D, con molti giocatori liguri a menar le danze. L’allenatore era il viareggino Eugenio Fascetti, un viareggino doc. I giovani più promettenti del florido vivaio di Borgo Piave, dove furono realizzati due splendidi campi, partivano per giocare con le squadre giovanili del Genoa.
Si parlava, allora, uno stretto dialetto genovese, bastava recarsi alla pensione Bellavista, in piazza della Libertà – zona bar Di Russo – per ascoltare lo slang dei giovani calciatori ma anche in importanti ambienti economici cittadini era usuale sentire certe battute inconfondibili.
Gino Bondioli, grande tecnico di settore giovanile, ha allenato a Latina, poi si è espresso con talento in Grecia e Siria.

Da scoprire le origini etniche di Aprilia. Giunsero da quelle parti nel 1940 una cinquantina di famiglie provenienti da Mahovljani, villaggio bosniaco abitato da trentini giunti lì nel 1883, spinti da Francesco Giuseppe. Andarono ad Aprilia, Pomezia ed Ardea, negli stessi anni arrivò una colonia di Italiani di Romania, guidati dalla famiglia Savioli.

Nel 1963 arrivarono a Campoverde di Aprilia – una volta Campomorto, – decine di famiglie reggiane, legate all’industria chimica Recordati.

Il nome Campomorto retaggio di una battaglia cruenta fu fatto cambiare da Arrigo Recordati che disse: “Come facciamo a produrre medicine in quel posto?”. Non aveva tutti i torti, ed ecco il cambio di toponomastica in Campoverde, sicuramente più appetibile.

L’Agro Pontino, la terra dove trovi più fenomeni linguistici rispetto a qualsiasi altra parte d’Italia. Se vai a Borgo San Donato parlano bassìanese, sono stati i lepini a costruire la realtà rurale, a poche centinaia di metri di nuovo il dialetto veneto. Roba da far diventar matti. A Le Ferriere sono veneti, dopo cinque chilometri, a Tre Cancelli di Nettuno, trovi una foltissima colonia di transumanti ciociari stabilitisi lì, provenienti da Piglio, Jenne, Arcinazzo Romano, Trevi nel Lazio.

E quelli che arrivarono prima del fatidico 1932, anno della fondazione di Littoria? Prendete il geometra Rossi, papà del giornalista Romano. Lui arrivò alla stazione di Cisterna nel 1927, proveniva dalla Bonifica Parmigiana Moglia in destra del Po, il primo esempio in Italia di bonifica idraulica e agraria totale. Non a caso finiti i lavori, l’ingegnere che progettò questo enorme complesso di canali e idrovore venne chiamato a bonificare l’Agro pontino.

Latina gruppo di bonificatori

Coloni ai tempi della bonifica dell’Agro Pontino

La bonifica Parmigiana Moglia e le strutture da essa lasciate (linee elettriche e telefoniche, ferrovie, strade) furono il trampolino di lancio per la bassa reggiano-modenese, fino a fare diventare questi luoghi alcune delle zone tuttora più innovative e progredite d’Europa.
Con i lavori di bonifica idraulica nella zona tra Boretto e Moglia si intendeva redimere dalle acque in modo stabile vaste zone di terreni che fino ad allora si trovavano in uno stato malsano ed improduttivo.
Fine dei lavori era di arrivare ad una razionale separazione delle acque basse da quelle alte, portando acqua in tutti i periodi dell’anno nei campi coltivati fino in Appennino.
Venne adottato il metodo dell’ingegnere Natale Prampolini.
A lui poi fu dedicato il piazzale dello stadio di Latina.

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