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Ponza come ‘Dune’. L’acqua e le cisterne. (2)

di Sandro Russo
Cisterna-della-Dragonara-copia [1]

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Per l’articolo precedente, leggi qui [2]

Le immagini fantasticate delle immense cisterne di “Dune” mi sono tornate alla mente tutte le volte che mi sono trovato in una grande cisterna sotterranea: dalle più grandi alle più piccole che ho visto.

Perché tra i riti che i ponzesi (nati, ‘nativi’ o oriundi) compiono quando sono lontani dall’isola – oltre alla ricerca di eventuali statue o immagini di San Silverio nella locale Chiesa – c’è anche quello di visitare le piscine e i luoghi dove si raccoglie l’acqua. Sarà la memoria genetica… chissà!

Istanbul.2 [3]

Cisterna di Istanbul (in turcoYerebatan Sarnıcı, “cisterna sommersa”, o Yerebatan Sarayı, “palazzo sommerso”). Scoperta sul finire del XIX secolo, la cisterna fu costruita sotto il regno Giustiniano I (527-565), il periodo più prospero dell’Impero romano d’Oriente, nel 532. Oggi si presenta come un enorme spazio sotterraneo di circa 140 metri per 70, in cui trovano spazio dodici file di 28 colonne alte 9 metri e distanziate l’una dall’altra di 4,90 m.

Via Appia [4]

I ‘Cisternoni’ di Albano (Castelli Romani) hanno una pianta pressoché rettangolare (circa 47 x 30 m )con una superfice di mq. 1436,50 e possono contenere ben 10.132 metri cubi di acqua. La cisterna fu scavata da principio parzialmente in un banco di peperino per la profondità di 3 o 4 metri e, successivamente, vennero innalzate in muratura i 36 pilastri che dividono la costruzione in cinque grosse navate che sorreggono la volta a botte.

Il cisternone romano di Formia. Zona Castellone [5]

Il “Cisternone Romano”, datato al I sec. a. C., è un’imponente struttura ipogea scandita in senso longitudinale da file di pilastri che suddividono l’ambiente in 4 navate coperte da volte a pseudo-crociera. Situato nella parte alta dell’attuale borgo medievale di ‘Castellone, era alimentato dalle sorgenti della zona collinare di S. Maria la Noce per garantire il rifornimento idrico dell’antica città di Formiae.

Piscina mirabilis di Capo Miseno [6]

Acqua potabile per le migliaia di uomini che lavoravano a bordo e attorno alla flotta romana con base di Miseno: per procurarla, fu costruito un lunghissimo acquedotto, che partiva dalle sorgenti del Serino (nel Sannio irpino), e con un tragitto di 96  chilometri – raggiungeva la Piscina Mirabilis, a ridosso dei bacini portuali di Capo Miseno

Si può quindi capire con che soddisfazione è stata appresa la notizia del recupero della cisterna della Dragonara che alla fine di un travagliato iter è stata messa in sicurezza e aperta al pubblico; così come si sono sostenute tutte le iniziative dell’attuale sindaco di rimetter mano al negletto patrimonio archeologico di Ponza (attinente alle acque, ma non solo).

Foto-cisterna-Dragonara [7]

La Cisterna della Dragonara (capacità stimata intorno ai 3000 m3 di acqua) è stata recuperata e resa agibile da poco tempo e questo va a indubbio merito dell’attuale Amministrazione (articolo di Rita Bosso, leggi qui [8]; annuncio del sindaco Vigorelli, leggi qui [9])

Della Cisterna del Comandante (valutata di circa 1000 m3) si parla in questi giorni (leggi qui [10]).

Per completezza e per restare solo alle maggiori riserve d’acqua e agli articoli più focalizzati, si è anche descritta La Grotta del Serpente: leggi qui [11]; non in collegamento diretto con l’acquedotto (perché ad una quota altimetrica superiore rispetto al suo punto d’arrivo) ma bacino di drenaggio dell’acqua della montagna sovrastante.

E veniamo infine alla Cisterna della Parata (la più grande, di capacità sui 4000 m3 di acqua), adibita a ‘bagno penale’ nel periodo Borbonico; è stata agibile e frequentata nel periodo bellico come rifugio antiaereo (per un articolo di Rita Bosso leggi qui [12]e per uno di Giuliano Massari, con vari commenti, leggi qui [13])

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Succede a Ponza che la più grande cisterna dell’isola, quella della Parata, “c’è” e insieme “non c’è”.

Cioè… Ad esserci c’è! Ci sono anche le indicazioni (con tanto di Tabellone) della Sopraintendenza dei Beni Archeologici a testimoniarlo. Però – schizofrenia somma – nello stesso tabellone è fotografata la grata che ne impedisce l’accesso: pennellata surreale di un’isola dalle tante realtà.

Salita per gli Scotti.Resized [14]

Salita degli Scotti. Veduta verso il basso. Resized [15]

La Cisterna di via Parata. Tab.1. Resized [16]

La Cisterna di via Parata. Particolare del tabellone [17]

Le indicazioni relative alla Cisterna della Parata all’inizio della salita per la Parata; poco oltre la casa di Ciro Iacono

Tabellone Cisterna della Dragonara [18]

Tabellone Cisterna della Dragonara

La lista dei siti archeologici considerati [19]

La lista dei siti archeologici considerati. I promotori di questa pregevole opera di catalogazione e presentazione del patrimonio archeologico di Ponza – ormai di vari anni fa – sono ben indicati in ciascuno dei tabelloni sparsi per l’isola (cliccare per ingrandire): Regione Lazio; Comune di Ponza; Soprintendenza dei Beni Archeologici del Lazio

Sulla Cisterna della Parata si è steso un velo pietoso da parte delle varie Amministrazioni che si sono succedute nel tempo, ma i racconti dei nostri genitori e nonni del tempo di guerra a Ponza serbano la memoria di un vasto locale agibile e complessivamente in buone condizioni.
Cosa è successo dal dopoguerra ad oggi?

Il Sindaco Vigorelli potrebbe manifestare la sua volontà / capacità di “fare” in un ambito che ha visto le precedenti Amministrazioni mostrare diverse posizioni: dal totale disinteresse al misero fallimento, con tutte le posizioni intermedie. E iniziare un percorso virtuoso che parta almeno dall’individuazione della condizione attuale (giuridica e di fatto) della grande cisterna della Parata per esperire quindi le possibilità di un suo recupero.
Valorizzazione delle cisterne e di altri resti archeologici di rilievo del passato isolano, ma in senso più generale riscoperta e riproposizione dell’ecologia isolana che faceva dell’incanalamento, conservazione e utilizzo delle acque un punto focale.
Includendo in questo il recupero dei sentieri, il ripristino e mantenimento della ‘parracine’ e tutto quel che rendeva la nostra isola un unicum ambientale e antropologico, una vera ‘perla’ del Mediterraneo.

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[Ponza come ‘Dune’. L’acqua e le cisterne (2) – Fine]