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Tra le religioni dello Sri Lanka, con un pensiero a Ponzadi Emanuela Siciliani
Michael Ondaatje (*) scrittore canadese dai bellissimi occhi blu Questo scambio verbale ci fa capire in un istante che aria tira qui in Sri Lanka, quando si parla di morte e di destino. Ci si affida al fato, credendo fermamente che non si possa cambiare. Che al karma – così sei nato e così muori – non c’è rimedio tranne l’accettazione. Senza addentrami in un terreno troppo complicato, mi piace raccontare il nostro modo di vivere le varie religioni osservate nel paese, avendo la fortuna di poter visitare, anno dopo anno, lo Sri Lanka. Monaci buddhisti (novizi) sulla spiaggia di Polhena, Matara, Sri Lanka La famiglia di Jezima – artista di batik che è venuta di recente a Ponza, rimanendone incantata – è musulmana. E’ una gran donna, il punto di riferimento di una grande famiglia sparsa in tutto il mondo, e nessuno dei suoi componenti ci ha mai minimamente ricordato l’immagine feroce e sanguinaria dei combattenti dell’ISIS, per citare solo la più recente accolita di fanatici che usano la religione di Maometto come scusa per uccidere innocenti [solo durante l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein il marito di Jezima, Mohammed (che sta per Maometto), appese all’ingresso della grande casa cadente il ritratto del dittatore iracheno]. Frequentando la casa di Jezima – è con i suoi lavori tessili che abbiamo arredato il Piccolo Hotel Luisa – ci è capitato di incontrare donne completamente velate in nero, altre che entrando in casa lasciavano cadere sulle spalle il multicolore scialle di cotone leggero, abbinato al salwar kametz, il vestito con pantalone che usano le donne musulmane. Bellissimo e freschissimo, con lo scialle che ripara sì dagli sguardi ma anche dal sole cocente e dalla pioggia equatoriale. Jezima tra i suoi batik E se qualcuno sta male sul serio, Jezima offrirà riso e zucchero e thè alle famiglie più bisognose, rinforzando così con le opere di bene la portata salvifica delle preghiere del gruppo. Laica sì ma non al punto di non richiedere l’aiuto di chi sta in alto quando ne ho bisogno. A Ponza c’era zia Lucia, un metro e mezzo di saggezza e di bontà. Superati i 90 anni, pregava davanti alla televisione sempre sintonizzata sui programmi religiosi, da quando non ce la faceva più a recarsi alla Messa. E lei ci rassicurava sempre dicendo che a noi ci pensava lei, nelle sue preghiere. Qui in Sri Lanka – paese a forte maggioranza e connotazione buddista – oltre alle preghiere di Jezima, rivolte ad Allah, ci affidiamo anche a Babà (che significa bambina) – così la chiamano nel villaggio di pescatori dove vive – in una casa distrutta dallo tsunami del 2004, una casa antica e bellissima che si affaccia su un placido fiume. Della casa lei occupa attualmente la veranda, ingombra di rottami di ogni genere. Quando piove è un disastro. Il portico della casa di Baba Appartiene ad una antica famiglia nobile di Kandy, vive in assoluta povertà e passa tutti i pomeriggi al tempio buddista di Matara, elegante e con gli occhiali da sole da ragazzina (deve avere 80 anni) che le ho regalato. Non ha un dente in bocca e quando le portiamo dei piccoli panini piccanti per la colazione – se non sono di suo gradimento – non ce lo manda certo a dire, con il tipico piglio di chi è abituata ad essere servita. Un vero mito. Il piccolo porticciolo al Fort di Matara Girovagando per la città di Matara – soggiorniamo nel vicino villaggio sul mare – siamo entrati nella parte più antica della città, un’enclave chiamata Fort poiché cinta da un alto muro difensivo, eretto dai dominatori olandesi. Padre Herath Alto, vigoroso, vestito di una tunica bianca e a piedi scalzi, ci ha fatto accomodare nel suo studio e ha preso a raccontarci del miracolo avvenuto nella sua chiesa, quando l’onda terribile dello tsunami si è abbattuta sulla città mietendo migliaia di vittime. E fu così che divenimmo habitué la domenica. La gente accorreva numerosa e intonavano canti corali di cui non capivamo un’acca. Ma si sentiva un fervore e una speranza, nello sguardo dei genitori di quel bimbo colpito da maleficio, deposto tra le braccia del padre Herath che più che pregare sembrava insultasse gli spiriti maligni, un’onda energetica e vitale che ci aveva conquistati. Tempio buddhista su una collina nei dintorni di Matara S.L. e (sotto) interno dello stesso Tempio: iconografia sacra Folla di divinità su un piccolo tempio induista Nei templi buddisti si trovano sempre immagini e statue di divinità induiste, il caro Ganesh, Dio Elefante bonario e simpatico, Krishna e Parvati, la scimmia Hanuman… Ce n’è per tutti i gusti e sono Dei simpatici, coloratissimi, di cui anche volendo non capiamo mai nulla perché le loro gesta, narrate in un libro antichissimo che è un po’ la loro Bibbia, il Maharabharata, contiene tanti personaggi e tante vicende che la mitologia greca in confronto è acqua di rose. Il grande Buddha di Dondra C’è un tempio a Dondra molto imponente, un grande Buddha si erge ad un’altezza di più di 70 metri e alle sue spalle troviamo i vari edifici del tempio e le varie statue a cui si fa devozione. Spesso andiamo a visitare i sacerdoti – torso nudo e straccio legato intorno alla vita – che ci benedicono con una sorta di scopetta, te la fanno girare sulla testa e poi ti segnano con una crema di sandalo lo spazio tra le sopracciglia, il terzo occhio che scaccia il malocchio. Il grande Aukana Buddha di Bentota Tanto per non sbagliare crediamo pure a quello, scopetta e terzo occhio, incenso e litanie sconosciute, che però basta crederci, ti avvicinano a Dio. Ma è alla Natura, che qui regna sovrana, che ci abbandoniamo ogni giorno, a piedi o in bicicletta, o quando nuotiamo vicino a una tartaruga che si diverte a girarci intorno per ricordarci che Dio, da qualche parte sì, esiste.
(*) Michael Ondaatje (Colombo, 1943) è uno scrittore singalese naturalizzato canadese, noto soprattutto per il romanzo Il paziente inglese, vincitore del Booker Prize, da cui è stato tratto l’omonimo film vincitore di 9 premi Oscar [bibliografia completa su Wikipedia ] 1 commento per Tra le religioni dello Sri Lanka, con un pensiero a PonzaDevi essere collegato per poter inserire un commento. |
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Apprezzabile il sincretismo religioso della nostra Emanuela, che però non è “isolana” in senso stretto. In proposito ho ricordato due episodi di interazione (le credenze religiose dell’isola alla prova delle novità del vasto mondo).
Una, pura espressione del pragmatismo ponzese in fatto di religione – di cui parlava anche Franco De Luca (leggi qui) -, di una delle prime volte in Sri-Lanka con uno di Ponza:
– Chiste guideno comm’i pazze… ma tu he viste quant’ poch’incidenti che fanno? Sicondo me… ’u Ddie allore ‘funziona’ meglie d’u nuòste!
Il secondo episodio si riferisce ad uno storico viaggio di un gruppo di ponzesi con don Salvatore, in Thailandia.
In un tempio buddista, appunto, il buon prete aveva dato una dotta spiegazione del fatto che la spiritualità si manifesta in modo simile nei diversi popoli, anche se poi ciascuno dà al loro Dio un nome diverso… (argomento poi ripreso recentemente da Papa Francesco)
Tra le persone al seguito, una signora di una certa età per niente convinta ha toccato il piede della statua e si è baciata la mano scuotendo la testa: – Aaah, Ggiesù Criste mie, piénsece tu!