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Cisterna tour

a cura della Redazione

 

Le foto all’interno della Cisterna della Dragonara sono state scattate da Maria Pagano, che ringraziamo per la gentile collaborazione.

Il cartello esplicativo della Cisterna della Dragonara [1]

Il tabellone esplicativo della Cisterna della Dragonara

Planimetria della Cisterna della Dragonara [2]

Planimetria della Cisterna della Dragonara

L’utilizzo delle cisterne per la raccolta dell’acqua è diffuso in tutto il bacino del Mediterraneo e costituisce il più semplice e funzionale sistema per la conservazione delle risorse idriche durante i periodi di siccità: sia le città, anche quelle dotate di acquedotti antichi che potevano essere interrotti in caso di assedi, che le ville e le fattorie rurali disponevano di queste strutture, le quali differiscono dai serbatoi per il fatto che raccolgono esclusivamente acqua piovana.
Sulle isole, soprattutto quelle vulcaniche come le Pontine, molto povere di risorse idriche, le cisterne sono spesso gli unici impianti disponibili per garantire il fabbisogno d’acqua della popolazione.
La casa tradizionale mediterranea, nei particolare tipo di casa in grotta ponzese, dimostra un perfetto adattamento a questa cronica carenza: i tetti infatti sono progettati come vasche di raccolta, intonacati e comunicanti, che permettono un perfetto convogliamento della pioggia nelle cisterne sottostanti.

Le cisterne romane di Ponza hanno caratteristiche tecniche ripetitive ben rappresentate nel casa della cisterna della Dragonara, perfettamente conservata nel suo impianto originario. Scavate nel tenero tufo dell’isola, presentano uno o, come in questo caso, più corridoi voltati, posti su file parallele che si incrociano con navate perpendicolari; questo metodo di scavi forma una scacchiera di pieni e vuoti che consente di realizzare il massimo volume di raccolta risparmiando solidi pilastri di sostegno.

I pavimenti e le pareti fino all’altezza dell’imposta dette volte sono rivestiti da uno spesso strato di intonaco idraulico (cocciopesto) per l’impermeabilizzazione della vasca, mentre una serie di condotte in entrata e in uscita garantivo il corretto funzionamento idraulico.
Una o più aperture, poste generalmente in alto, immettevano l’acqua all’interno; poco più bassi si trovavano gli sbocchi per il troppo pieno. Nella sezione inferiore delle pareti si aprivano invece le condutture d’uscita, poste ad una quota leggermente superiore rispetto al piano pavimentale per impedire lo fuoriuscita delle impurità più grossolane che si posavano sul fondo.
Infine una serie di pozzi aperti sulle volte permettevano il prelievo diretto dell’acqua e consentivano l’aerazione delle camere.

L’accesso alla cisterna della Dragonara avviene tramite una scaletta ricavata nel tufo presso l’angolo nord; alla base di questa troviamo un primo canale d’uscita verso est, mentre un secondo sbocco con analoga funzione s trova nei corridoio adiacente, rivolto in questo caso a settentrione.
Entrambi risultano tamponati in età moderna, in quanto la cisterna era usata fino a tempi recenti come conserva per l’acqua d’uso comune, ma in origine dovevano essere collegati con la rete idrica di rifornimento dell’area portuale.
Sempre nel primo ambiente a più di tre metri dal suolo, si innesta da sud il condotto di rifornimento che proveniva dai bacini di raccolta, mentre sul cielo della volta due aperture ravvicinate potevano convogliare la pioggia proveniente dall’immediato sopraterra.
Sulle volte della cisterna infine si aprono pozzi circolari e quadrati per la raccolta diretta dell’acqua.

[Testo integralmente tratto dalla tabella esplicativa, a cura della Redazione]

 

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