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Il Real Ponte Ferdinandeo sul Fiume Garigliano (1)

di Alessandro Romano

 

Quando nel febbraio del 1828 Francesco I di Borbone incarica Luigi Giura di provvedere alla costruzione di un ponte sospeso in ferro sul fiume Garigliano, già esistono esemplari del genere in Inghilterra, Francia ed Austria.

Francesco 1 ritratto [1]

Francesco I                                          

Giura Luigi [2]

Ing. Luigi Giura

Tuttavia qualche tempo prima della commissione al giovane ingegnere lucano, il Direttore Nazionale del Regio Corpo delle strade e dei ponti, Carlo Alfan De Rivera, informato ufficialmente dell’intenzione del Governo di affidare al suo Servizio la realizzazione di un’opera viaria sospesa di avanzata ingegneria sul fiume Garigliano, si riservò di accettare ed inviò prontamente uno dei suoi migliori ingegneri, appunto il Giura, in un viaggio di studio per osservare, studiare, disegnare (non esisteva la fotografia) e, possibilmente, acquisire i progetti dei ponti in ferro già esistenti nel mondo.

Alfan De Rivera, da buon “manager” di impresa d’altri tempi, resosi conto dell’incredibile importanza economica, politica e sociale dell’ardita opera, voleva essere più che sicuro del buon esito di quella sfida alle potenze industriali del tempo.

Francesco I, il 13 febbraio del 1828, su richiesta del Direttore Alfan De Rivera, incaricò personalmente Luigi Giura, ingegnere di Stato, di procedere alla fase di rilevazione e progetto.

Il 14 aprile del 1828, con ben due mesi di anticipo sui tempi previsti, l’ingegnere presentò il suo elaborato completo e dettagliato in tutte le sue parti compresi i rilievi, i sondaggi del terreno ed il costo totale (chiavi in mano).

Approvato dalla Direzione Nazionale delle strade e dei ponti, il carteggio tecnico e descrittivo venne illustrato al Re che comandò l’avvio immediato delle gare di appalto che dovevano essere rigorosamente limitate a ditte e materiali del Regno delle Due Sicilie. Il 20 maggio dello stesso anno le ditte fornitrici ed appaltatrici iniziarono i lavori (è interessante confrontare i tempi di esecuzione degli atti tecnici ed amministrativi di allora con quelli attuali).

Un giornale Inglese, The Illustrated London News, espresse “perplessità sulle capacità progettuali e costruttive dei napoletani” e manifestò le “sue vive preoccupazioni” sulla sorte dei poveri sudditi regnicoli (abitanti delle Due Sicilie) “sicure vittime di quel vano esperimento di sprovveduti dettato dalla solo voglia di primeggiare”.

Ponti di ferro [3]

Disegni prospettici di Luigi Giura

In effetti, fino a quella data, i ponti sospesi in ferro avevano tutti un grosso problema dovuto all’eccessiva flessibilità della lega metallica utilizzata allora che li rendeva oscillanti ai grossi pesi ed al forte vento. Ma il Giura sapeva il fatto suo e, sicuramente, ne avrebbe dato prova.

Erano appena iniziati i lavori di sbancamento presso il fiume Garigliano per realizzare le fondamenta delle quattro torri portanti, quando a Parigi, a causa del forte vento, crollò il ponte sospeso in ferro progettato e realizzato dal “grande accademico” Claude Louis Navier.

Claude Louis Navier [4]

Claude Louis Navier

Immediatamente in Inghilterra venne chiuso al transito il ponte in ferro Driburgh sul Twed in attesa di essere rinforzato e tirantato. La stessa cosa accadde in Austria. In pochi giorni in tutta Europa si alzò un vespaio di critiche contro questo nuovo tipo di costruzione fin dai primi esperimenti considerata precaria ed insicura. Naturalmente lo stesso brusio si ebbe nel Regno delle Due Sicilie dove il Presidente del Consiglio dei Ministri, Carlo Avarna, il Capo della Consulta, Giuseppe Ceva Grimaldi, il Procuratore Generale della Gran Corte dei Conti, Giustino Fortunato ed il ministro dell’Interno, Nicola Santangelo si precipitarono dal Re per convincerlo a revocare l’incarico al Giura, al fine di “evitare una perdita economica ed una brutta figura annunciata”.

Ma il Re Ferdinando II (appena succeduto a Francesco I) non si scompose e, dopo essersi consultato con Luigi Giura, congedò l’autorevole quartetto con una delle sue tipiche risposte: “Lassate fa ò guagliòne”. Ed il guagliòne fece.

Ferdinando II Foto completa [5]
Ferdinando II

Quel ponte, ultimato, era più bello di come appariva nei progetti: slanciato, leggero, resistente, stabile, sicuro e, soprattutto, utilissimo.

Il 4 maggio del 1832 il solito giornale inglese, volutamente male informato e colmo di livore verso i napoletani, sentenzia che il ponte sul Garigliano è pronto da tempo, ma che il Corpo delle Strade e dei Ponti non ha il coraggio di collaudarlo “per timore del suo sicuro crollo”. Menzogne, le solite. Infatti il 10 dello stesso mese e dello stesso anno Ferdinando II, Re per grazia di Dio e volontà della Nazione, erede legittimo di Francesco I che ne aveva commissionata la costruzione, si presenta davanti alle torri del ponte, armato con due squadroni di lancieri a cavallo e 16 carri pesanti di artiglieria colmi all’inverosimile di materiali e munizioni, per inaugurare e collaudare la struttura. Dalle due rive del fiume Garigliano gli fanno ala ambasciatori, militari, decurioni, ministri, delegati, sacerdoti e popolo, tanto popolo, una folla trabocchevole proveniente da Gaeta, Mola e Castellone, Itri, Castelforte, Minturno, Sessa, Capua e Napoli.

Ponte Garigliano. Dipinto inaugurazione [6]

Quando il sovrano si piazzò al centro del ponte a cavallo del suo destriero con la sciabola alzata si fece un gran silenzio. Con voce sicura e imponente comandò agli uomini di passare il ponte più volte in ambo le direzioni, prima al trotto e poi al galoppo. Infine, alla carica. Sempre dalla sua posizione ordinò il passaggio dei carri e, una volta transitati questi, il passaggio a piedi delle truppe. Transitati i militari, il vescovo di Gaeta si affiancò al Re per la benedizione del ponte, seguito a breve distanza dal popolo come in una processione. Appena dopo, la festa fu grande: danze, canti, grida, gioia, colori, fuochi d’artificio. In mezzo a quel trambusto inverosimile la struttura non si mosse di un solo millimetro e Re Ferdinando, confermando la sua repulsione per gli inglesi considerati formidabili iettatori, “rivolgendosi verso di loro si toccò vigorosamente”.

Il Regno delle Due Sicilie con questa realizzazione, rigorosamente fatta in casa, aveva dato l’ennesima sonora lezione ai grandi del tempo.

Ma quale fu il segreto del Giura? Come aveva fatto ad essere così sicuro del suo progetto, conciliando perfettamente snellezza e robustezza?

 

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