Ambiente e Natura

Quando la cernia non si accontenta…

di Vincenzo Di Fazio (Enzo)

la cernia di 18 Kg con polpo nello stomaco di circa 3 Kg

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Il prof. Adriano Madonna con i suoi bellissimi ed interessanti scritti di biologia marina ci ha avvicinati al mondo degli abissi, ai misteri che vi regnano e alle tantissime creature che vi vivono.

In alcuni dei suoi articoli, là dove ha trattato dei rapporti tra le diverse specie e la capacità di accudimento dei genitori nei confronti dei figli (leggi qui) non si è potuto fare a meno di associare quei comportamenti a quelli che avvengono tra gli esseri umani.

Rapporti, è vero, istintivi che discendono dalla necessità di conservazione della specie ma che comunque inteneriscono spingendoci ad assumere atteggiamenti benevoli nei confronti del mondo animale che ci circonda.

Ma l’uomo nasce cacciatore fin da quando ha messo piede sulla terra; lo è stato nell’età primordiale per procurarsi i mezzi con cui nutrirsi, lo è stato per necessità quando non aveva altro per sfamarsi, lo è seguendo un istinto che spesso non riesce a frenare nemmeno quando ammazzare un animale è inutile o addirittura dannoso.

Oggi è vero che si è più sensibili verso gli animali ma è pur vero che ci sono ancora tanti abusi, vedi l’irrefrenabile caccia alle balene, lo “spiumaggio” per finalità commerciali delle oche in epoche diverse rispetto al cambio della muta, la strage di squali per recuperarne solo le pinne di cui sono ghiotti certi popoli convinti di ritrovarvi improbabili poteri afrodisiaci, ecc. ecc.

Per quanto riguarda la pesca una delle prede più ambite dei pescatori sicuramente è ed è stata sempre la cernia.

Quando il faro di Zannone era presidiato dai fanalisti accadeva che, d’estate, ogni tanto vi facessero visita comandanti, ammiragli e capidivisione non per effettuare delle ispezioni ma specificamente per andare a pesca.

Il faro di Zannone con l'attracco

(il faro di Zannone con l’attracco)

In quelle occasioni montava tra i fanalisti un’ apprensione maggiore che nei momenti delle visite ispettive perché ognuno ci teneva a far bella figura e si sa che con la pesca l’esito non è mai scontato.

La pesca preferita dai “graduati” era in genere quella fatta con le coffe (i palamiti o palangari) e le relative attrezzature venivano selezionate ed approntate per tempo con la sostituzione degli ami usurati e la verifica puntuale delle corde, dei braccioli e dei fili di nylon. L’esca più adatta: pezzi di polpo fatto leggermente bollire ed affumicare, cibo preferito un po’ da tutti i pesci ma in particolar modo dalle cernie che ne sono ghiotte.

Come barca per operare si utilizzava la barca di servizio di Gigino Parisi, quella che curava i collegamenti settimanali tra Ponza e Zannone, una bella filuga ponzese di nome Santissima Trinità.

il gozzo Santissima Trinità di Gigino Parisi

(il gozzo Santissima Trinità di Gigino Parisi)

Nei fondali intorno a Zannone si trovava di tutto. Il mare era molto pescoso in quegli anni ed i fanalisti, grazie ai buoni rapporti che avevano con i pescatori di Le Forna, assidui frequentatori e conoscitori di quelle acque, sapevano dove andare a calare le coffe.
In genere la pesca era fruttuosa; capitava così di prendere lo scorfano, il sarago, la murena, il grongo, qualche dentice e ogni tanto anche la cerniola.

Il 7 maggio del 1958 fu, però, un giorno speciale. Arrivarono a Zannone in quell’inizio di primavera (mai successo prima!) il comandante della Zona Fari con tre ammiragli della Marina, i signori Americano, Briasca e Camicia. In servizio c’era mio padre e non so chi altro fanalista. Le condizioni climatiche e del mare erano ideali quel giorno, le coffe nuove e l’esca quella giusta

Io non ero a Zannone. Scrivo sulla base di quanto riportato nei ricordi di mio padre. Lo faceva mostrando le foto che ha gelosamente custodito negli anni e che, memoria materializzata di quella storia, oggi io mostro a corredo di quanto racconto.
La pesca non fu particolarmente fruttuosa quel giorno e si palesò tale fin dagli inizi della levata delle coffe.

Queste erano state calate intorno ad una serie di secche i cui segnali identificativi erano noti solo a pochi pescatori. Mi raccontava mio padre che dai primi tre quarti del palangaro portarono a bordo quasi nulla, solo una grossa musdea ed una murena tutta attorcigliata intorno al bracciolo nel tentativo di liberarsi dall’amo.

Fu l’ultima parte della coffa a dare soddisfazione visto che, mentre tiravano, comparve all’improvviso ad una decina di metri dal pelo dell’acqua una grossa macchia scura. Non capirono subito che pesce fosse, né ne avvertirono il peso, attenuato com’era, nella risalita dai fondali, dal gonfiore della vescica natatoria. Si accorsero che si trattava di una grossa cernia solo quando apparve fuori dell’acqua di fianco alla murata del gozzo.

il fanalista Di Fazio e il sig Barone
(mio padre, il fanalista Antonio di Fazio, e il sig. Barone)

il fanalista Di Fazio e gli ammiragli Brisca, Americano e Camicia

(mio padre con il basco e gli ammiragli Americano, Briasca e Camicia)

Una cernia di 18 chili, come risultò dalle verifiche di peso fatte a terra e fu grande la sorpresa scoprire che aveva nello stomaco, pressoché integro, un polpo di circa 3 chili!

la cernia di 18 Kg con polpo nello stomaco di circa 3 Kg

(la cernia di 18 Kg. con un polpo nello stomaco di circa 3 Kg.)

A dimostrazione di quanto ghiotte di polpi siano le cernie e di quali pericoli corrano questi cefalopodi, la cui intelligenza poco può fare se, fuori tana, si imbattono in una cernia ingorda, grossa ed affamata.

3 Comments

3 Comments

  1. Sandro Vitiello

    10 Gennaio 2015 at 10:38

    ..se per questo anche le pescatrici non scherzano.
    Tanti anni fa mio padre portò a casa una pescatrice di 4-5 chili.
    L’aveva tirata fuori dal mare in mattinata e lui tornò che era tarda sera.
    Mia madre sventrò la pescatrice e ne saltò fuori un polpo di almeno un chilo,intero, ancora in vita.
    I suoi tentacoli si muovevano ancora.

  2. Silverio Guarino

    10 Gennaio 2015 at 16:45

    L’altro pensiero che viene alla mente è di quanto non si accontentassero allora quei personaggi per i quali l’isola di Zannone, che era il sogno della gente comune, si schiudesse a loro, con la possibilità di fare battute di pesca eccezionali, da ricordare poi nei circoli ufficiali durante le noiose invernate.

  3. vincenzo

    10 Gennaio 2015 at 17:46

    Ero bambino e mi ricordo del gozzo di Luigi Parisi perché una volta insieme alla mia famiglia siamo andati a Zannone per andare a far visita a mio zio Massimo Oggero che faceva il fanalista.

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