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Filastrocca del ventennale. Presepe Italia ’94

di Silverio Lamonica
E' di nuovo Natale.. [1]



Durante il periodo natalizio del 1994, venti anni or sono, visitai i presepi di San Gregorio Armeno a Napoli. Fui curioso, come tutti, di “scoprire” le statuine dedicate ai personaggi della politica, allora in voga (alcuni lo sono ancora adesso, tanto per cambiare) per cui stilai, quasi di getto, la seguente filastrocca in versi settenari (alla maniera di San Martino del Carducci: La nebbia agli irti colli... tanto per intenderci) che pubblicai nella raccolta “Signori in Carrozza” Ed. Joppolo, Milano 1996 e che ora ho disposto a due a due, per facilitarne la lettura.

E’ il mio augurio di Buon Natale e Felicissimo Anno Nuovo a tutti i Lettori e alla Redazione di Ponza Racconta.

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A San Gregorio Armeno / al fin d’un breve giro
un bel presepe ammiro / con grande commozion.
Tra monti, valli e fiumi, / tra i laghi e le marine,
“le belle statuine” / ti scrutano sornion.
Il Silvio sorridente / già pronto ad acquistare
promette un buon affare / a certi “vu cumprà”.
Accanto a lui dimena / la coda vellutata
Di fede ben provata / Emilio il cucciolon.
L’ e.. letta pecorella / col timido belato
tutto il suo latte ha dato / al ricco gran pastor.
Le scarpe ad un amico / il ciabattino Umberto,
davvero tanto esperto / è intento a preparar.
E Massimo contempla / al centro del salone,
assieme al buttiglione / lo scudo col martel.
A guardia del palazzo / il centurion Gianfranco,
al questuante stanco / l’ingresso impedirà.
La Sandra ben procace / al lavatoio antico,
accanto al vecchio fico / i panni a risciacquar.
Di buona mira assai / Altèro mai non falla
con la doppietta in spalla / le peppole in carnier.
Vittorio fra gli sgorbi / la ciaramella imbecca,
col tic alquanto stecca / è meglio non sentir.
Giuliano ben rigonfio / zampogna incorporata,
par frigger la frittata / con l’uova del panier.
Dall’eremo sul colle / Luigi pur rimedia,
riprende la commedia, / l’Oscar si meritò.
Giacinto con la bava / un cane assai randagio,
un osso lecca adagio / non ha più la dentiér.
In mano la conocchia / vicino al focolare,
la Nonna Nilde appare / lontan dal nipotin.
Il fabbro Fausto suda / nella fucina antica
e fabbrica a fatica / la falce col martèl .
Al semplice apparire / la svampitella Ombretta,
assai giuliva ochetta / i galli fa fuggìr.
E Giulio lo sgobbone, / il vecchio dromedario,
s’aggira solitario / per l’arido sabbiòn.
Ai piè del Gennargentu / Mariotto ognor sbadiglia
nel suo bel dormiveglia: è senza occupazion.
Laggiù nella Barbagia /Francesco il tormentone
gettato via il piccone / le pietre ha preso in man.
Totò “lu macellaru” / brandisce lo stiletto
sul ventre del capretto / che la lupàr finì.
Dal mare burrascoso / Saverio il pescatore
la rete con ardore / s’affretta a ritiràr,
un po’ giel’ha squarciata / il pesce biondo Alfredo,
non è gran danno, credo, / pur si riparerà.
Tonino coi Re Magi / han preso un’altra strada,
lontano è la contrada: / la Stella li sviò.
Irén la pastorella, / davanti alla capanna,
lo sguardo non appanna / in piena adoraziòn.
Dell’asino col bue / non è rimasta traccia:
è ben che si dispiaccia / chi pur li divorò.
Giuseppe si dispera: / che gelida nottata!
Non ode la cantata / degli Angeli dal Ciel.
Maria riman perplessa, /avvolta nel mantello:
“Il Santo Bambinello / chissà se nascerà”.

Ancora tanti e tanti Auguri a tutti!
Silverio

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Immagine di copertina: la vignetta è proposta dalla Redazione, indipendentemente dall’Autore della filastrocca