Califano Giovanni

Forza Ponza

segnalato da Martina Carannante che l’ha ripreso da Facebook
FORZA PONZA copia

 

Giovanni Califano ha commentato il post su facebook relativo alla partita di ieri con questo scritto:

“Ogni domenica di ritorno da una trasferta è sempre la stessa storia: gente, compaesani, fratelli ponzesi che chiedono il risultato della partita e ridono di noi giocatori.
– Ma che ce iat’a ffa? …La domenica prendetevela di sonno” …Perdite semp’! …V’è iuta bona: di solito ne prendete di più …ecc.
Quanto può essere avvilente un’accoglienza del genere?
E’ vero, la nostra non è certo una squadra di fenomeni che vince tutte le domeniche, anzi. Eppure tutti noi facciamo grandi sacrifici per cercare di portare avanti un po’ di sport e dei principi da tempo smarriti su quest’isola, come la lealtà, l’amicizia, il rispetto e la fratellanza. Penso a quei ragazzi che vengono da fuori, in primis il tecnico; penso all’impegno di chi lavora tutto il giorno e trova il tempo e la forza di venire al campo ad allenarsi tre volte la settimana; a chi la domenica potrebbe riposare dopo una settimana intera di fatica ed invece si alza alle 6 e torna alle 16.
Il tutto per amore del calcio e di Ponza.
Faccio parte di questa squadra solo dalla passata stagione, ma vi posso garantire che questo atteggiamento nei nostri confronti è sempre più fastidioso e, a mio modo di vedere, vergognoso.
Non riesco francamente a capacitarmi di come un ponzese sia contento che la squadra di calcio del proprio paese vada male ed abbia difficoltà. Nessuno, risate e sfottò a parte, ha mai mosso una critica costruttiva o si è mai impegnato per sostenerci la domenica e durante la settimana.
E me ne accorgo dai semplici “Mi piace” su Facebook: il mio articolo sulla prima vittoria stagionale ha ottenuto ben 32 like con 8 commenti di complimenti alla squadra. Solitamente è meno della metà…
Rivolgo dunque un gentile invito a lor signori. Se avete così tanto bisogno di farvi una risata, basta vedere una buona commedia alla televisione.
Di “tifosi” così non ne abbiamo proprio bisogno!”

12 Comments

12 Comments

  1. silverio lamonica1

    16 Dicembre 2014 at 10:20

    Anche quando gioca la nazionale di calcio italiana, diventiamo tutti allenatori. Lasciamo all’allenatore vero le scelte. Limitiamoci ad apprezzare l’abilità degli uomini in campo. Allo stesso modo comportiamoci con questa squadra di calcio che si esibisce a livello dilettantistico. L’importante è che i nostri ragazzi si impegnino, provino gusto nel mettersi in gioco, siano sempre più affiatati, trovino il giusto spirito di squadra, si divertano: questo è la cosa essenziale. Il risultato è importante, ma è secondario. Perciò, forza ragazzi, mettetecela sempre tutta, in barba ai denigratori. Sono e sarò sempre con voi.

  2. Giovanni Conte di Silvano

    16 Dicembre 2014 at 11:06

    Come sempre su questo scoglio non si guarda a quello che si fa per il bene comune, ma si gioca sempre a sfasciare quel poco di buono che c’è. FORZA RAGAZZI, continuate così, condividete lo spirito di sacrificio e mettete tutti voi stessi in quello che fate; infischiatevene (anche se volevo usare un altro termine) di quello che pensano i ‘parlatori’ di Ponza che non sanno fare altro che criticare

  3. polina ambrosino

    16 Dicembre 2014 at 13:57

    Purtroppo anche questa è Ponza: “non ti curar di loro, ma guarda e passa” dicono sagge antiche parole. A Ponza, per poter sopravvivere, bisogna per forza fare cosi, perché altrimenti non si sopravvive, specie se si fanno cose su cui non si lucra. Se il calcio ponzese portasse un guadagno, altro che sorrisini e battutine… ci sarebbero squaletti e orche assassine a fare il tifo. Non avvilitevi, ragazzi: cercate solo di dare davvero il vostro meglio, e magari metteteci un po’ di sana “rabbia agonistica”: il dragon boat, che pure finì come una bolla di sapone, portò a Ponza un titolo NAZIONALE, dico NAZIONALE: NESSUNA AUTORITA’, NESSUNA FESTA, NESSUN COMPLIMENTO, NULLA DAI PONZESI. Solo quest’anno, dopo ben 22 anni dalla fine di quell’avventura, nella manifestazione estiva del Ponziano Benemerito, è stata ricordata quell’avventura. Questo per dire che, come afferma Giovannino, ciò che si fa per la cultura e per il sociale, non nutre di grande considerazione fra i nostri compaesani. Non importa: spesso le cose migliori sono quelle che solo in pochi apprezzano! La massa NON HA SEMPRE RAGIONE, impariamo ad accettarlo, a fare del nostro meglio e a non mollare. IN BOCCA AL LUPO!

  4. Umberto Prudente

    16 Dicembre 2014 at 15:18

    Mi inserisco nelle note di Giovanni Califano, Silverio Lamonica e Martina Carannante.
    Oltre alle elezioni politiche, che si svolgono di norma ogni 5 anni, la partecipazione ai campionati sportivi sotto l’egida del CONI, in questo caso il calcio, sono le uniche manifestazioni a cui l’Isola di Ponza partecipa insieme a tutt’Italia.
    Che io sappia, oltre al calcio, da tanti lustri non c’è altra attività cui Ponza partecipa, insieme a tutt’Italia, a pieno regime e per tutto l’anno.
    Inoltre in quest’Italia allo sconquasso, disastrata, dove non si rispetta niente e nessuno, lo sport, le associazioni sportive sono rimaste l’unico ambiente dove, pena pesanti sanzioni, bisogna rispettare i regolamenti, i compagni, gli avversari e i giudici.
    Lo sport insegna a partecipare, al confrontarsi con il vivere civile, cioè tutto quello in cui le istituzioni adibite a questo sono carenti o del tutto assenti.
    Per cui un plauso ai ragazzi e ai dirigenti che, anche con tutti gli errori che si potrebbero imputare loro, portano avanti con abnegazione la squadra, con tutti i sacrifici dall’essere residenti a Ponza.
    I criticoni della squadra sono i soliti che all’arrivo della nave criticano la manovra, che al bar danno sentenze categoriche, i “so tutto io”, che se una persona fa qualsiasi cosa per pura passione, per divertimento dicono: “Sicuramente guadagnerà qualcosa”. Ma se chiedi che per porre rimedio alla magagne da loro segnalate bisogna impegnarsi, mettere una firma, alzare una mano, si girano, con fastidio, dall’altra parte.
    Dicendo questo so di non aver scoperto niente di nuovo, è sempre stato così.
    Quello che lascia basiti è che non si rendono conto che stiamo su una china pericolosa e se si affonda, si affonda tutti.
    Certamente il disfattismo, nella storia, non ha mai aiutato, la critica sì, ma che sia costruttiva non distruttiva.
    In conclusione, per me, e spero per gli altri, qualsiasi cosa si fa per la comunità, ha per motto: “Diamoci dentro finché possiamo”.
    Saluti
    Umberto Prudente

  5. vincenzo

    16 Dicembre 2014 at 17:33

    Io ho gia avuto modo di parlare di questo e cioè dell’isolamento a Ponza delle attività culturali, sociali, sportive, ma in generale delle attività collettive nel periodo invernale. A proposito del calcio io ho scritto in un altro commento che per me il risultato più importante questa dirigenza l’aveva ottenuto e cioè quello di mantenere una trentina di ragazzi a fare allenamenti e di aver attivato anche una scuola calcio richiamando una quarantina di bambini a correre dietro una palla con un allenatore che li dirigeva.
    Ma io penso che lo sfogo di Riccardo, il Brera ponzese, non chieda solo un incoraggiamento, tra l’altro gradito, ma in effetti inutile perché non cambia la realtà che resta di solitudine profonda di non condivisione. E infatti chi aderisce a questo grido di dolore? Silverio Lamonica, sempre attento alle problematiche giovanili, Umberto Prudente animatore e finanziatore in passato di squadre di calcio e pallacanestro, ma poi di Polina sempre impegnata in attività sociali e culturali e anche Giovanni Conte impegnato nella banda, comunque persone sensibili all’aspetto umano; Silverio, Polina, Giovanni, Umberto sanno cosa comporta mettere insieme le persone, con quali sacrifici portare a termine un’attività collettiva per ottenere poche soddisfazioni e soprattutto non avere una speranza che resti, di questi sacrifici, qualcosa nel contesto isolano.
    In queste ore c’è gente che prepara un presepio in chiesa, c’è qualcun altro che sta allestendo il presepe vivente e non è facile, c’è chi si vede la sera per preparare il teatro, c’è chi si vede la sera per fare un concerto e chi va nel campo con la pioggia a fare allenamenti. Ma perché lo fanno? Lo fanno solo per se stessi? Se la domenica c’è la partita è perché c’è una squadra e se andremo a vedere uno spettacolo teatrale, o un concerto o un presepe è perché ci sono ancora a Ponza residenti che vogliono far vivere quest’isola al di là del denaro.
    Ma cari amici volontari, non aspettatevi medaglie, cominciate a sostenervi tra di voi, l’una associazione aiuti l’altra non solo nella partecipazione morale, ma addirittura nel “coprirvi tra di voi le spalle” nei confronti della cultura dominante individualista: solo così si può rompere l’isolamento.

  6. Giovanni Conte di Silvano

    16 Dicembre 2014 at 21:18

    Le medaglie non se le aspetta nessuno ma un minimo di rispetto si, e sono d’accordo con Vincenzo quando ci dice di “coprirci le spalle tra di noi”. Continuiamo a lavorare per far vivere quest’isola

  7. Sandro Russo

    17 Dicembre 2014 at 03:44

    In questa impresa – vera ONLUS – vogliamo metterci dentro anche quei “quasi tutti forestieri” di “Ponza racconta”? …Che nessuno li paga per prendersi tanto a cuore le sorti dell’isola; che sono ‘volontari’ nel senso più stretto e più largo del termine; che hanno ospitato le cronache del calcio di Ponza tutte le volte che è stato possibile così come ogni altra attività aggregativa e di unione, contro la disgregazione imperante? Con il recupero di una memoria collettiva, del dialetto, di tradizioni e ricordi, a far da collante
    …E mettiamoceli, su! …per l’occasione del Natale che rende tutti più buoni!

  8. Alessandro Romano

    17 Dicembre 2014 at 18:23

    Fa male leggere queste cose, ma purtroppo, a Ponza si fa proprio così. Ed è praticamente inutile prendersela dato che l’uso della critica sterile e malevole è molto diffusa tra i nostri paesani. Una volta tocca il calcio, un’altra il volontariato di protezione civile, un’altra ancora le manifestazioni culturali e via dicendo. Credo che la questione vada studiata a livello antropologico che è, come dire, a livello psicologico, in una comunità isolana lasciata alla deriva in decenni di abbandono culturale e sociale.
    Certo è che la critica distruttiva ha una costante, un massimo comune divisore che avvolge ogni iniziativa ponzese: il volontariato, il sacrificio non corrisposto. Insomma il non guadagno. Perché se guadagno c’è, allora quella stessa critica si tramuta in interesse e, addirittura, in ammirazione se la questione è infarcita da manovre semitruffaldine.
    Più volte ho cercato di capire la fonte primaria di un tale atteggiamento, il movente psicologico e credo di aver individuato una cosa estremamente interessante: probabilmente chi critica e mortifica un’iniziativa di volontariato è inconsciamente invidioso di chi, invece, ha avuto il coraggio di imbarcarsi in quell’avventura.
    Ho avuto modo in più occasioni di mettere alla prova questa mia tesi. In una delle prime formazioni antincendio da me costituite a Ponza, i più pronti, preparati e volenterosi erano proprio coloro che, prima di far parte della Protezione Civile, muovevano critiche delle più feroci. Poi, una volta entrati nella squadra, felici ne subivano le fatiche e, naturalmente, le critiche da parte di chi ancora ne stava fuori. Un vero e proprio turno.
    Tutti coloro che criticano il calcio Ponza, al di là dei risultati, in realtà vorrebbero anche loro parteciparvi, ma o non hanno il coraggio di ammetterlo, né l’età oppure il fisico per farlo. Ed allora mettono in moto la loro lingua malefica che non è comandata da una volontà di far male, ma da una seria carenza culturale che noi chiameremo ignoranza. Tutto qui.
    Saluti a tutti.
    Alessandro Romano detto Sandro

  9. vincenzo

    18 Dicembre 2014 at 17:25

    Seguo sempre con molto interesse le analisi di Sandro Romano, anche perché ormai, credo, che abbia acquisito, in tanti anni di ricerca, una grande conoscenza dei fatti storici e di costume dei ponzesi; ma caro Sandro, qui il problema non è capire quale sia la ragione delle critiche dei ponzesi nei confronti delle attività sociali e culturali ma cercare di capire come fare a “voltare pagina.”
    Ponzesi sono i criticoni individualisti, ma ponzesi sono anche coloro che, da volontari, si impegnano nelle associazioni e in parte questo vizio, se lo portano dietro.
    Si rischia nell’entrare nelle associazioni di non riuscire ad ottenere dei risultati – organizzativi, strutturali, cioè duraturi e quindi ereditabili – per cui si diventa non funzionali al cambiamento culturale ma addirittura funzionali al sistema del consumismo in questo caso culturale ricreativo.
    Il mio solito messaggio era quello che le associazioni si proteggano le spalle contro “coloro che non sanno quello che fanno” ma al di là “della pacca sulle spalle” le associazioni a Ponza non solo non si “vogliono proteggere le spalle” ma vogliono persistere nel loro isolamento e solo in alcuni momenti capiscono la fondamentale importanza di trovare delle nuove forme di condivisione di un progetto unitario.
    Si ha bisogno di spazi che non vanno elemosinati, c’è bisogno di finanziamenti che vanno garantiti, c’è bisogno di una continuità di azione culturale che va reinventata.
    Se militanti volontari non capiscono l’operazione di consorziarsi, di federarsi, di cooperare, che speranza può avere un’isola come Ponza, dove tutto è funzionale al “si salvi chi può!”.
    Sandro, le iniziative volontarie se rimangono come sono, isolate e non strutturate, serviranno, dal nostro punto di vista, a passare meglio il tempo sull’isola, ma non produrranno cambiamento.

    Infatti parlavo di punto di vista, perché poi c’è l’altro punto di vista di chi pensa che è certamente migliore farsi i fatti propri, curare il proprio orticello perché tanto “mondo era, mondo è e mondo sarà” e quindi meglio andare a prendere i calamari che riempiono la pancia che preparare un presepe vivente.

  10. susy scarpati

    19 Dicembre 2014 at 19:43

    Non importa chi, come o quando… l’importante che si faccia… non dobbiamo ascoltare le voci insensate dei criticoni e di chi non muove un dito: sono loro che rendono “brutto” il nostro paese, sono loro “l’anima nera” di un popolo che, nonostante tutto, si sente vivo. Non li ascoltiamo, continuiamo ad andare avanti… Diceva mia nonna: …’A cicale ‘a fforze ‘i canta’, schiatte” …E allora forza Ponza!

  11. Giovanni Conte di Silvano

    19 Dicembre 2014 at 21:23

    Grande Susy

  12. Paolo Iannuccelli

    20 Dicembre 2014 at 00:45

    Voglio dire al ragazzo che gioca con il Ponza che quello che succede a lui e ai suoi compagni, quando perdono, è cosa di tutti in giorni, almeno in Italia, dove fare risultato è findamentale. Da sempre.
    Ponza non fa eccezione, tutto il mondo è paese, la vittoria significa ottenere elogi, l’insuccesso solo mortificazioni.
    Caro amico, hai ragione nello scrivere certe cose ma non è solo a Ponza che si verificano preoccupanti fenomeni, specialmente nel calcio.
    Le battute denigratorie dispiacciono, io ho allenato a lungo nel basket. Quando la mia meravigliosa società di Latina iscriveva una squadra giovanile di Allievi al campionato Cadetti, solo per fare esperienza, subivamo batoste visti i due anni di differnza di età, poi a maggio raggiungevamo puntualmente le finali nazionali nella nostra vera categoria di appartenenza.
    Le parole di chi ci aspettava al ritorno dalle lunghe trasferte nei Cadetti erano sempre le stesse, uguali a quelle dei ponzesi che citi. Non è cambiato nulla, Ponza è identica a tutta l’Italia del pallone. Continuate ad andare avanti e a divertirvi, la cosa più importante. Arriveranno anche i tre punti.

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