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La ‘mia’ Festa dei Morti

di Domenico Musco
Cimitero Ponza. Ingresso [1]

 

Come tutti gli anni, ho visitato il nostro cimitero per la Ricorrenza dei Defunti, ma quest’anno sono andato contro corrente: ho scelto di salutare tutti gli amici e i parenti scomparsi, nel giorno della ricorrenza, tradendo la tradizione ponzese che prevede il giorno del 1° novembre quale giorno di visita al cimitero.

Una piccola precisazione: si va su al camposanto il giorno di Ognissanti (1° novembre), spostando di fatto la vera data dedicata ai defunti, che è il 2 novembre. La spiegazione è molto semplice: ci si anticipa di un giorno per “preparare” le dimore dei defunti.
Non si può “fare brutta figura” con la trascuratezza delle tombe, almeno non il giorno dei morti. E’ pratica comune ad ogni latitudine, la vita ha sempre, per fortuna, il sopravvento e tutto scorre, tutto passa.

Mi sono messo di buona lena in cammino con Emanuela, a cercare tutti i conoscenti e restando stupiti quando appare un viso ben noto: – Ma come, anche lui? – Non ci credi anche se è vero.

La piazzetta del Cimitero dall'ingresso [2]

Salendo e scendendo gradini, si scopre la cappella appena restaurata, ma si passa dapprima a trovare l’amico che ci ha lasciato da poco …che non sembra vero, eppure è così.
Ci inoltriamo tra i vicoli scaldati dal sole novembrino, tra un tepore di primavera e l’odore forte dei fiori, mischiati al profumo della signora che passa, al gel del giovane che segue il padre come un’ombra, alla bambina addormentata in braccio a suo padre.
Mi ero riproposto di farmi con calma tutti i passaggi e le cappelle, così nei posti più impensabili ho trovato tombe di persone che conoscevo e che credevo ancora in vita… Che brutta sensazione!

Come si fa con i piccoli quando si va al cimitero e si raccontano le storie, le curiosità e i tanti aneddoti delle persone quando erano ancora in vita – allo scopo di renderli partecipi della storia di Ponza – così io ho fatto con Emanuela.
Il cimitero era tutto in ordine, pulito e imbiancato, come sempre in questo giorno: le solite linee nere vicino ai gradini bianchi, per delimitare il confine dello scalino, fiori e lumini dappertutto.

Cimitero. Vista di Levante [3]

Le storie che ho raccontato ad Emanuela sono tante: quella di quando eravamo bambini e sulle vecchie lapidi, ornate da anelli d’ottone tra cui una croce con quattro fori, posta sia sulla destra che sulla sinistra del marmo, permetteva di vedere dentro al loculo i resti del defunto: era una gara di coraggio per noi ragazzi.

C’è poi quella lapide isolata giù alla batteria, solitaria sulla sommità di una roccia alta sei metri: è lì che riposa il vecchio custode del cimitero, noto perché ai suoi tempi, quando portavano il defunto a spalla dalle zone più impervie dell’isola, i portatori arrivavano distrutti e senza energie, così spesso la bara veniva deposta sul sagrato della Chiesetta del cimitero mentre loro se ne andavano.
Spesso il povero guardiano si trovava da solo a dover sistemare la bara e non sapeva come fare perché non trovava quasi mai qualcuno che gli desse una mano; a quei tempi la fame era tanta e ognuno dosava le proprie energie per il proprio lavoro.
La poca collaborazione tra gli isolani era più fame che egoismo.

Senza cercare altre soluzioni, meno “violente”, il guardiano portava la bara all’inizio della scalinata e con fare solenne, quasi ad imitare di un sacerdote, diceva al defunto: – Adesso ti faccio andare in carrozza, vedrai che bella esperienza..!
E con una bella spinta la bara iniziava a scivolare giù per gli scalini, dapprima lentamente poi acquisendo velocità, tanto da poter spettinare il defunto, composto con sobrietà tra l’imbottitura del feretro. La bara atterrava fragorosamente, arrivando precisa fino alla buca scavata poc’anzi dal guardiano, pronta nella zona bassa. E’ ovvio che solo ai più poveracci toccava questa sorte.

Cimitero. La discesa [4]

Ho cercato senza trovarle quelle lapidi antiche con su incise frasi speciali e piccoli componimento quasi poetici, ma sembra che per motivi di spazio siano state tutte rimosse e sostituite da nuovi marmi con su il semplice nome e cognome e le date di Alfa e Omega.

Durante la visita ai tanti loculi e cappelle, dove l’odore dei fiori è più forte e quasi stordisce nello spazio angusto, ad Emanuela è venuta una crisi di claustrofobia così si è messa seduta su una panchina a guardare il mare e Zannone.

L'interno di una cappella [5]

Tra le varie cappelle ne ho trovate alcune chiuse, per paura che la mancanza di spazi per i nuovi defunti imponga l’esproprio forzoso degli spazi nelle cappelle private.
Giù alla batteria uno steccato divide il cimitero in due, con una parte in divieto di accesso perché la zona è pericolosa. Qualcuno ha però scavalcato, fregandosene del divieto.

Vista dall'alto delle zona ora interdetta [6]

 

La zona interdetta [7]

Risalendo verso il piazzale della Chiesetta, mentre il sacerdote impartisce la benedizione ai Defunti ed ai loro cari, si diffonde una tristezza profonda. Forse perché in ogni cappella e in ogni angolo si incontrano tanti amici e conoscenti, e si fa un rapido calcolo: si conoscono più persone tra i defunti che tra quelle che si incontrano in giro per Ponza.

Spesso per queste ultime si deve chiedere a qualcuno – Ma chill… a chi appartèn’? – mentre su al cimitero questa domanda non è necessario farla, perché si sa tutto di loro…

Scoglio rosso e Zannone [8]