Archeologia

Ponzio Pilato nella storia di Ponza

di Alessandro Romano
Stele-ponzio-pilato. Part.

 

Ho letto con molto interesse l’articolo del prof. Francesco De Luca e, anche se concordo su alcuni punti, non me la sento di condividerne le conclusioni. Infatti, se ci si basa esclusivamente sulla documentazione prodotta è più che evidente che il nesso tra Ponzio Pilato e Ponza è tutta un’invenzione.

Ma la verità storica non si costruisce solo smantellando i miti che, tra l’altro, potrebbero avere un fondo seppur minimo di verità; essa deve essere raggiunta passando anche e soprattutto attraverso il recupero di quelle “sopravvivenze” culturali, documentali, monumentali e, in ultima analisi, attraverso articolate e provate deduzioni logiche che ci consentono di ricostruire anche vicende complesse e lontane nel tempo.

Di Ponzio Pilato, a parte la mitologia ed i racconti del settecento, che notizie abbiamo a disposizione per ricavarne una storia più vicino possibile alla verità?

In primo luogo ci sono dei frammenti di marmo rinvenuti nel 1961 presso l’anfiteatro romano di Cesarea risalenti al periodo tiberiano, sulle quali Ponzio Pilato viene chiaramente menzionato in un’incisione seppure frammentaria:
“[Caesarensibu]s Tiberiéum/[Pon]tius Pilatus/[Praef]ectus Iuda[ea]e”.
Così traducibile: “presso i Cesarensi, Ponzio Pilato, Prefetto di Giudea, [dedicato a] Tiberio”.

Caesarea Maritima. Stele

Iscrizione trovata presso il teatro di Cesarea in Palestina nel 1961

Questa lapide certifica in modo diretto ed inconfutabile che il personaggio istituzionale Ponzo Pilato è effettivamente esistito e che il suo cognome è riportato nel modo corretto dalla storiografia. Pertanto gli scritti di Giuseppe Flavio, Filone, Tacito e di quanti altri narrano di Ponzio Pilato, fanno riferimento ad un personaggio vero della storia.
Allo stesso modo, attraverso una stretta comparazione, anche il Nuovo Testamento ed i racconti apocrifi (Atti di Pilato, 11 capitoli del Vangelo di Nicodemo) riferiscono di un personaggio realmente esistito. Anche se va detto che sull’attendibilità scientifica di queste due ultime fonti, ritenute fortemente condizionate dal fattore religioso, si alza il consueto vespaio che mette in discussione la loro serenità storica nella narrazione dei fatti.

In ultima analisi, ma non per importanza, c’è lo studio della struttura dei nomi delle persone in epoca romana e della toponomastica quali “emergenze storiche” e “fossili culturali” grazie ai quali, articolando un organico ragionamento, arrivare alla verità.

Quindi, non avendo dati diretti e certi sulla connessione del personaggio con la nostra isola, è chiaro che solo in base alla metodologia deduttiva ed alle fonti su citate è possibile mettere insieme la parte mancante della vita di Pilato. Sarà quindi necessario effettuare un’analisi retrospettiva, partendo dagli elementi attuali in nostro possesso e andando indietro nel tempo per poi incrociarla con un’altra diacronica dal passato ad oggi.

Per comprendere le difficoltà della ricostruzione storica, basta considerare che di Pilato non si conosce nemmeno il luogo certo della sua nascita: a Cori, nell’attuale provincia di Latina? Nel Sannio? Nell’attuale provincia di Benevento? Oppure a Ponza?

Tra gli antichi romani vigeva la formula “trinomia” composta da praenomen, nomen e cognomen.
Il “praenomen” era il nome proprio, di solito tralasciato, il “nomen” (nostro cognome di adesso) distingueva le famiglie (gens), il “cognomen” distingueva il soggetto dai componenti della stessa famiglia e, di solito, descriveva fisicamente la persona o si riferiva a sue gesta. Nel nostro caso, ‘Ponzio’ è il nomen e ‘Pilato’ il cognomen. Quindi Ponzio indica la famiglia di origine.

Fin dalla prima costituzione dell’Impero Romano e soprattutto durante la sua formidabile espansione, ogni nuovo territorio conquistato veniva affidato, attraverso il sistema delle “centuriazioni”, ad un’aristocrazia militare fidata (anche a riposo) che dava o prendeva da quel territorio il “nomen” anche per una questione di immediatezza amministrativa. Da ciò la prima deduzione sul nome della famiglia Pontius riferita a Ponza va tenuta necessariamente in considerazione, unitamente al fatto che in tutto l’Impero nessun altro luogo portava quella denominazione. Tale deduzione va opportunamente affiancata alla nomenclatura di alcuni luoghi e manufatti già esistenti durante la prima colonizzazione borbonica di Ponza che fanno riferimento a Pilato. Dai numerosi autori sia coevi che recenti, risulta che le Isole Ponziane, prima di diventare luogo di esilio furono, almeno nell’epoca romana, luoghi di residenza periodica di molte famiglie patrizie. Ed è proprio per questo fattore che alcuni personaggi importanti finiti nei guai giudiziari, furono costretti a mandare i propri familiari a Ponza o a Ventotene, cioè in esilio lontani dalla Roma imperiale, in una sorta di “arresti domiciliari” proprio nelle loro residenze estive.

Tenuto presente che nessuno di coloro che hanno edificato ville nelle isole hanno introdotto nella propria “trinomia” il nome del luogo, emerge che il nome Ponzio si riferisce ad una famiglia che, molto probabilmente, nelle isole viveva o vi era vissuta in modo continuativo e determinante e che, quindi, non ci andava per svagarsi. Ad avvalorare una tale ipotesi vi è anche il fatto che tutte le famiglie dell’alta aristocrazia militare romana che hanno avuto a che fare con la storia ed i cui membri hanno rivestito ruoli importanti durante l’impero, appaiono frequentemente nelle cronache dei vari scrittori del tempo. Se la famiglia Ponzio, di elevatissimo rango tanto da mandare un proprio membro in Giudea quale Procuratore dell’Imperatore, non appare minimamente nella documentazione fino a sconoscerne il luogo di nascita, probabilmente è solo perché non risiedeva a Roma. E dove avrebbe potuto risiedere l’importante famiglia Pontius (appartenente a Pontia) se non a Pontia?

Come sappiamo, Pilato ad un certo punto della sua carriera cadde in disgrazia e fu processato a Roma. Infatti, nel 36 d.C. un altro palestinese si autoproclamò il Messia, concentrando sul Monte Garizim, monte sacro in Samaria, una moltitudine di seguaci. Pilato, ritenendo la riunione sediziosa e pericolosa per la stabilità politica della zona, inviò immediatamente la cavalleria romana che massacrò tutti. Però quella feroce repressione nel sangue non garbò al legato di Siria Lucio Vitellio che lo destituì e lo spedì a Roma per farlo processare. Non si conosce con precisione la sorte di Pilato, di certo si sa che non fu ucciso. Infatti fu mandato in esilio lontano da Roma, ma non risulta dove. Qualcuno dice in Gallia, altri dicono a Ponza: di fatto nessuna prova concreta, ad oggi, emerge dalla storia.

Tuttavia, come è ampiamente provato e su accennato, al quel tempo si usava allontanare gli indesiderati ed i condannati scomodi appartenenti alle alte caste in luoghi distanti, ma nello stesso tempo ben controllati da Roma, possibilmente di proprietà della famiglia di appartenenza. Ed allora Pilato fu relegato a Ponza? Può darsi. Certo è che in Gallia nessuna traccia di Ponzio Pilato è stata mai rilevata.

Incrociando tali provati avvenimenti storici con un’analisi retrospettiva basata sulla toponomastica dei luoghi di Ponza, possiamo cogliere due momenti. Le grotte di Pilato ed il palazzo di Pilato. Mentre i dubbi sui “bagni di Pilato”, le attuali grotte, ci sono, sul palazzo Pilato occorre andarci con molta cautela visto che il nome di quel sito fu riportato dai primi coloni che, come sappiamo, “riciclarono” pietre e marmi delle antiche vestigia romane e pre-romane. In base a quale elemento avevano associato a quell’importante manufatto dirupato il nome di Pilato, personaggio culturalmente e storicamente a loro così lontano?
La metodologia retrospettiva applicata ai toponimi ci insegna che un nome di un luogo è un indizio, due luoghi della stessa area con lo stesso nome è una prova, un segnale chiaro che ci giunge dal passato. Certamente una prova che va ulteriormente corroborata con altre ricostruzioni, documenti, resti, comparazioni storiche e deduzioni logiche discendenti.

Vorrei, infine, puntualizzare circa i palesati dubbi sullo spessore politico e militare di Pilato. Egli fu nominato Procuratore della Giudea dall’imperatore romano Tiberio nel 26 d.C. (fino al 36). Questo tipo di incarico veniva affidato solo ai membri della classe equestre del ceto medio-alto dell’Impero, mentre la distanza del luogo assegnato era direttamente proporzionata alle capacità degli individui ed alla fedeltà della famiglia di provenienza. Un po’ al contrario dei criteri ai quali oggi siamo malamente abituati. Pertanto, il saggio imperatore Tiberio non avrebbe mai mandato in Giudea, luogo lontano ed ostile, vera e propria polveriera politica, un suo rappresentante militare poco capace che, tra l’altro, era stato delegato ad amministrare la giustizia ed a riscuotere i tributi,

Pilato, di famiglia (ponzese?) molto stimata a Roma, giovanissimo si arruolò (a Roma) nell’esercito come tribuno militare, studiando con profitto e facendo una carriera così brillante da meritare, ancora trentenne, l’incarico di procuratore dell’Impero. Pertanto, se si considera la particolare carriera, il prestigioso incarico istituzionale e le varie vicende politico-militari a lui ascritte dalle fonti storiografiche ufficiali, Ponzio Pilato appare come un personaggio di grosso calibro non solo nella storia del Cristianesimo, ma anche e soprattutto nella storia di Roma. Quindi non fu incapacità la sua, ma solo sfortuna dato che si trovò di fronte il Dio dei Cristiani, un falso Messia e un legato di Siria piuttosto pauroso.

Concludo con la consapevolezza che questa mia ultima affermazione rischia di alimentare la tradizionale e per niente scientifica teoria isolana secondo la quale l’accanimento della sorte contro Pilato è solo il frutto avvelenato di un atteggiamento tipico del ponzese verace.

Pilate washes his hands. The Liege Psalm book. Belgium. 13th century.

Pilato si lava le mani. Libro dei Salmi di Liegi, Belgio; XIII sec.

2 Comments

2 Comments

  1. Francesco De Luca

    26 Ottobre 2014 at 11:05

    Ringrazio Alessandro Romano per l’attenzione data al mio articolo (leggi qui – NdR). Cercherò di evidenziare i punti di discussione: quelli convergenti e quelli divergenti.

    – Romano dice che Ponzio Pilato è un personaggio storico esistito per davvero. Questo nessuno lo contesta (il ritrovamento a Cesarea del 1961 – l’unico che ci sia – lo attesta);

    – Romano dice, con ragionamento deduttivo, che probabilmente poteva essere rampollo di una ‘gens pontia’ che “nelle isole viveva o vi era vissuta in modo continuativo”. Questa è una affermazione che come ipotesi di ricerca è interessante, ma storicamente infondata;

    – Romano dice che Pilato fu rimosso dalla carica di Prefetto della Giudea. Questo è provato e nessuno lo contesta.

    – Romano dice che il suo allontanamento da Roma, derivante dalla disgrazia in cui incappò, poté farlo trasferire a Ponza. E’ una ipotesi che però cozza col fatto che a Ponza veniva relegato chi si era macchiato di reati legati alla condotta morale. La legge di Augusto colpì infatti i familiari imperiali che avevano tenuto a Roma condotta disdicevole. Ponzio Pilato, sino a prova contraria, non era di lignaggio imperiale e si era macchiato di una colpa politica, non morale.

    – Romano parla di Grotte di Pilato e di Palazzo Pilato. Le Grotte di Pilato sono identificate nel murenaio, ma il Palazzo Pilato dove si colloca? Nelle carte nautiche presentate da Vincenzo Bonifacio, per ‘Palazzo Pilato’ si intendeva la Cisterna di via Parata o rifugio. Il Palazzo Pilato qual’era ?

    – Romano si dice convinto che lo spessore politico e militare di Pilato sia stato di prima grandezza. E’ una legittima convinzione tutta sua, perché non traspare simile giudizio da nessuna fonte storica.

    – Per il resto mi considero un ponzese verace e non nutro nessuna avversione per Ponzio Pilato. Anzi, averlo come compaesano a me darebbe soltanto lustro.

  2. Alessandro Romano

    26 Ottobre 2014 at 15:38

    In risposta ai punti di discussione di Francesco De Luca.

    – Romano dice, con ragionamento deduttivo, che probabilmente poteva essere rampollo di una ‘gens pontia’ che “nelle isole viveva o vi era vissuta in modo continuativo”. Questa è una affermazione che come ipotesi di ricerca è interessante, ma storicamente infondata;

    Le ipotesi nel campo della probabilità storica sono legate esclusivamente al pensiero e, oltre al pensiero, non hanno alcun altro legame concreto con le vicende in questione. Le deduzioni logiche sono di un livello superiore rispetto alle ipotesi perché, appunto, costruite su una logica (ovvietà) dei fatti esaminati che, comunque, aspettano di essere provate o smentite da prove dirette e concrete. Pertanto, la deduzione che tu chiami ipotesi, non è storicamente infondata (nessun documento la nega), ma solo storicamente da confermare. E come disse il saggio ponzese in risposta al prete all’altare che gli domandava se volesse prendere in moglie la presente signorina: “ed è per questo che stiamo qua”.

    – Romano dice che il suo allontanamento da Roma, derivante dalla disgrazia in cui incappò, poté farlo trasferire a Ponza. E’ una ipotesi che però cozza col fatto che a Ponza veniva relegato chi si era macchiato di reati legati alla condotta morale. La legge di Augusto colpì infatti i familiari imperiali che avevano tenuto a Roma condotta disdicevole. Ponzio Pilato, sino a prova contraria, non era di lignaggio imperiale e si era macchiato di una colpa politica, non morale.

    Come possiamo apprendere da Tacito, ann. 53, che nel 2 A.C. la figlia di Augusto fu relegata a Ventotene per violazione della Lex Iulia, legge sulla moralità pubblica, emanata del 18 a.C. da Augusto. Cassio Dione ci parla anche della madre di Giulia, Scribonia, che la volle accompagnare a Ventotene per poi farla trasferire a Reggio Calabria nel 3 d.C.
    Fatto salve altre condanne simili, Giulia inaugurò il tipo di pena che non era però legato alla quella sola tipologia di violazione. Infatti non a caso proprio Tiberio, l’imperatore ai tempi di Pilato, nel 29 d.C. mandò nelle isole personaggi appartenenti alle famiglie aristocratiche romane rei di insubordinazione e tradimento. Tra i nomi più illustri Agrippina Maggiore, moglie di Germanico. Svetonio riferisce con dovizia di particolari che Nerone, fratello di Caligola (non quello dell’incendio), fu mandato a Ponza per motivi politici dove si suicidò. E via dicendo altri personaggi scomodi che o per immoralità o per intrighi in odore di tradimento e, quindi, scomodi vennero avviati al domicilio coatto nelle Isole Ponziane. D’altronde fu la stessa fine che fecero i numerosi martiri cristiani, dalla condotta morale ineccepibile, che appartenenti a famiglie romane altolocate furono mandati nella nostra isola dove trovarono la morte. La stessa sorte che, poi, toccò qualche secolo dopo a San Silverio.
    Tutto ciò posto, il probabile invio di Pilato a Ponza non cozzerebbe con nessuna inopportunità legislativa, ma rientrerebbe benissimo nella consuetudine politico-giudiziaria di quel tempo.

    – Romano parla di Grotte di Pilato e di Palazzo Pilato. Le Grotte di Pilato sono identificate nel murenaio, ma il Palazzo Pilato dove si colloca? Nelle carte nautiche presentate da Vincenzo Bonifacio, per ‘Palazzo Pilato’ si intendeva la Cisterna di via Parata o rifugio. Il Palazzo Pilato qual’era ?

    Le carte nautiche forniscono toponimi spesso fondamentali per la ricerca retrospettiva del territorio e perciò rivestono un ruolo importantissimo nella ricostruzione storica. Se si affianca la cartografia di Vincenzo Bonifacio alla rilevazione di Pacichelli e del Carpi si comprende che là, dove ci sono le ampie cisterne di Via Parata, c’erano dei ruderi romani poi “riciclati” dalla colonizzazione borbonica. E’ chiaro che, considerate la varie stratificazioni ed i vari stravolgimenti del territorio urbano, una tale ricostruzione oggi appare piuttosto complessa.
    Tuttavia, per la nostra ricerca non è importante il luogo dove si ergeva il palazzo Pilato, ma l’esistenza di questo nome che sia nelle carte che nelle rilevazioni pre e post (Mattej e Tricoli) colonizzazione possiamo tranquillamente rilevare.

    – Romano si dice convinto che lo spessore politico e militare di Pilato sia stato di prima grandezza. E’ una legittima convinzione tutta sua, perché non traspare simile giudizio da nessuna fonte storica.

    Le valutazioni sui personaggi ci possono anche arrivare dalla storia, ma è buona norma del ricercatore farsi una propria idea basandosi sugli elementi rilevati. Infatti, ciò che ci arriva dal passato spesso è condizionato dalle ideologie e dalle credenze del tempo. Di esempi ne abbiamo moltissimi.

    – Per il resto mi considero un ponzese verace e non nutro nessuna avversione per Ponzio Pilato. Anzi, averlo come compaesano a me darebbe soltanto lustro.

    Anche io mi considero un ponzese verace e, a parte la strage sul Monte Garizim, avrei fatto esattamente le stesse cose che fece Pilato. E di questo sarebbe interessante discuterne.

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