Ambiente e Natura

L’anniversario del 12 ottobre. Il sogno americano fra scoperta e conquista (2)

di Rosanna Conte
Welcome_to_the_land_of_freedom. Da un giornale illustrato del 1887

 

Per la prima parte dell’articolo, leggi qui

 

Il numero degli emigranti italiani verso gli USA diminuisce dal 1924 in poi, per il blocco imposto dal governo americano, ma i lavoratori ponzesi potevano inviare le rimesse e i pacchi consentendo alle loro famiglie di vivere agiatamente.

Tuttavia, quando scoppiò la guerra, la situazione divenne molto pesante per chi, rimasto a Ponza, non aveva altre fonti di sostentamento. Si assistette, così, al capovolgimento di fortuna di diverse famiglie.

Nel dopoguerra, come scrive Silverio Corvisieri, furono molte le donne ponzesi (probabilmente 200) che, con la mediazione del parroco Dies, sposarono giovanotti emigrati formando famiglie ancora radicate affettivamente nell’isola. L’operazione, messa a punto con il viaggio di monsignore a New York nel 1953, servì a bilanciare la forte sperequazione fra maschi e femmine dovuta alla guerra e all’emigrazione e concretizzò il sogno americano di molte ragazze destinate a rimanere zitelle.

Imbarco di emigranti dal porto di Genova

Imbarco sulla nave per l’America, a Genova

Il flusso migratorio italiano degli anni successivi alla guerra privilegiò i paesi europei a scapito degli Stati Uniti.

Molti erano stati i cambiamenti!
Inserita nel contesto europeo, l’Italia viveva il boom economico aprendosi all’era del consumismo, un modello socio-economico che affondava le sue radici in America. Ormai, per gli statunitensi, l’italiano non era più, come agli inizi del secolo, un parassita indesiderato, ma un gran lavoratore.

Charles Ebbets.  Pranzo in cima a un grattacielo

Questa immagine di Charles Ebbets (1932) “Pranzo in cima a un grattacielo” è diventata rappresentativa dell’epoca di espansione edilizia di New York City, basata sui lavoratori immigrati (cliccare per ingrandire)

Certamente i grandi nomi italiani che avevano continuato a dare lustro agli USA, lungo la linea che da Meucci era arrivata a Fermi, e l’attività delle diverse associazioni, culturali e non, sostenute dagli italo-americani che erano diventati una grossa fetta della popolazione statunitense, avevano contribuito a recupere l’immagine dell’emigrante italiano. Come dimenticare tra questi grandi uomini Fiorello LaGuardia (Little Flower, per la sua bassa statura), sindaco di New York, nato a N. Y. ma di padre del foggiano (Cerignola) e madre triestina, che prima di intraprendere gli studi di legge e la carriera politica aveva lavorato come interprete proprio per il Servizio Immigrazione di Ellis Island. A lui è intitolato il secondo aeroporto di New York, inaugurato nel 1947, anno della sua morte.

laguardia-airport

D’altro canto, in Italia la televisione faceva vedere direttamente come fosse l’America che, così, perdeva il suo alone di sogno, diventando uno spazio ravvicinato in cui potersi misurare mettendo in campo le proprie capacità; insomma, uno spazio da conquistare!

La tornata migratoria degli anni ’60-’70 comprendeva persone che erano andate a scuola e in America portavano, oltre alla loro forza, tenacia e intraprendenza, anche la cultura e, spesso, una buona formazione tecnico-professionale. I diplomati della scuola italiana erano molto stimati per il livello di conoscenza che possedevano al confronto dei coetanei americani.

E ci furono anche tra questi nuovi immigrati dei grandi nomi, che hanno dato lustro e ricchezza agli USA, come quello di Federico Faggin che, nel 1971, nella Silicon Valley, con M. Edward Hoff e Stanley Mazer inventò il primo microchip e più tardi inventò anche il touch pad, lo specchietto che funziona da mouse sui pc portatili.

Anche negli anni ’60 ci furono partenze da Ponza, nonostante si cominciasse a intravvedere che forse l’America si poteva trovare, ormai, sull’isola con il turismo.

New York. Times Square. Scultura di Sergio Furnari

New York, Times Square – la scultura di Sergio Furnari che riproduce gli operai in pausa per il lunch su una trave di uno dei grattacieli del Rockefeller Center. Una citazione della foto di Charles C. Ebbets del 1932

Se le condizioni di questi nuovi emigranti, all’arrivo, sarebbero state migliori di quelle in cui si erano imbattuti i nostri connazionali decenni prima, il dolore del distacco e l’incertezza del futuro che attanagliavano i loro animi erano simili.
Ricordo che nel 1969 partirono due miei zii con le loro famiglie. Fecero la traversata con la “Raffaello”.

Quando arrivò la notizia che “avevano tutte le carte in regola” per andare in America, gioirono per la possibilità che avevano di venir fuori dai problemi che Ponza poneva alla vita delle loro famiglie Ma ben presto subentrò lo smarrimento che prelude alla nostalgia, sebbene sopraffatto da tutte le incombenze legate alla partenza.

Non mancò il giro dei parenti da salutare. Vennero anche da noi, a Procida, per salutare la loro sorella. Fu commovente il momento del distacco davanti alla scaletta del piccolo piroscafo: – Chissà quann’ ce vedimm’… Quann’ vo’ Die!.

Ancora allora, sebbene, fossi abituata a veder passare in continuazione i grandi transatlantici, l’idea dell’America mi proiettava in un luogo da cui era difficile tornare. E le lacrime di mia madre me ne davano conferma. Ovviamente tornarono, decenni dopo, e avevano voglia di raccontarci di questo mondo difficile per loro che, da attività tradizionali svolte nell’isola, si erano visti sbalzare nella bolgia della vita stressante di New York, con orari di lavoro rigidi, chilometri di viaggio giornalieri per arrivare in fabbrica, con le mogli che andavano anch’esse a lavorare a quegli stessi ritmi sebbene in settori manufatturieri che avevano a che fare con la sartoria e non con le acciaierie, come succedeva per loro.

Se dicevamo che anche in Italia si viveva ormai allo stesso modo, ci rispondevano che non era la stessa cosa: per loro l’Italia era ancora Ponza.

Naturalmente non era così per i loro figli. Non ho più avuto modo di vedere i due cugini americani che si sono subito inseriti nel nuovo mondo e, sebbene siano trascorsi 35 anni da quella partenza, quando penso a loro, ritorno ai piedi di quella scaletta mentre salutavo i loro genitori.

New_york_skyline

Il destino degli emigranti è questo, se vogliamo: partono per trovare condizioni migliori di vita e, se tutto va bene, perché dovrebbero guardare indietro? Non possono consentirsi la nostalgia, e pensiamo a Ralph De Falco che nel nuovo mondo ha potuto costruire la sua dimensione (leggi qui).

Tuttavia il ritorno per brevi periodi, per ritrovare i vecchi amici e sentirsi di nuovo compaesani ponzesi oggi è molto frequente. Sono tanti i nomi che ci scorrono davanti agli occhi – e faremmo torto agli altri se ne nominassimo solo alcuni- sono nomi di persone che hanno raggiunto un livello economico tranquillo che consente loro di poter accorciare le distanze fra il nuovo mondo e Ponza mediante frequenti ritorni che dànno la possibilità di rivedere, risentire, riappropriarsi di antiche emozioni.

Ma ci sono anche le generazioni successive che decidono di venire a conoscere l’isola perché non rimanga solo un sogno costruito dal racconto dei genitori e dei nonni attraverso il ricordo di fatti, persone e luoghi del paese di origine. In questo contesto abbiamo apprezzato il racconto di Gaetano Migliaccio Jr. (in quattro puntate) su queste pagine [digitare – Migliaccio Gaetano Jr. – nell’Indice per Autori].

E’ stato anche questo legame – coltivato attraverso più generazioni-  che ha portato, l’estate scorsa Joe Conte, qui a Ponza: voleva conoscere l’isola da cui era partito suo nonno nei primi decenni del ‘900 ed incontrare i parenti per ricostruire la sua storia familiare.

Dal sogno, ormai, siamo arrivati alla storia recente!

Però, i ponzesi potrebbero continuare ad avere un sogno, non più quello americano, ma quello ponzese che veda la collettività isolana continuare a vivere sull’isola, bloccando e invertendo la fuga verso la terraferma.

I ponzesi di fine ‘800 e quelli del secolo scorso ebbero la forza, l’intelligenza e la tenacia di trasformare un sogno in realtà.
E quelli di oggi lo sapranno fare?

Iscrizione-alla-base-della-Statua-della-Libertà

Iscrizione alla base della Statua della Libertà (la foto e la traduzione sono già state proposte sul sito (leggi qui)

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– Prima immagine in alto, su questa pagina: Welcome to the land of freedom – Benvenuti nella terra della Libertà –  Da un giornale illustrato del 1887
– Immagine di copertina: New York City. Skyline attuale

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[L’anniversario del 12 ottobre. (2) – Fine]

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