Ambiente e Natura

L’anniversario del 12 ottobre. Il sogno americano fra scoperta e conquista (1)

di Rosanna Conte
Nuovo mondo. Una scena dal film

 

Il sogno americano ha accompagnato generazioni di emigranti che, poveri o perseguitati, vedevano nei paesi del nuovo mondo la fine delle loro tribolazioni e l’inizio di un futuro, non dico radioso, ma almeno sereno.

Era un po’ il perpetuarsi del sogno di Colombo che pensava di arrivare al paese delle spezie e al mitico Catai, visitato da Marco Polo, per una via più breve ed un mare libero da altri concorrenti, ed invece arrivò su una terra sconosciuta.

I conquistadores spagnoli che la esplorarono e conquistarono  avevano anche essi un sogno. Se l’erano inventato interpretando i racconti degli indios secondo le proprie aspettative: all’interno, c’era la mitica Eldorado, la città tutta d’oro. In nome di questo sogno che mai si concretizzò, sterminarono intere popolazioni indios e conquistarono gran parte del territorio americano.

 

Che l’America sia stata scoperta da Colombo e conquistata dagli spagnoli  per i ponzesi che, dalla fine dell’800 in poi, hanno migrato verso il nuovo continente, non ha avuto alcuna importanza.

Anch’essi partivano spinti da un sogno: quello di poter lavorare per mangiare o per migliorare la propria condizione economica. Era un sogno che nasceva della povertà, dalla precarietà e che era alimentato dai racconti di questa terra lontana dove tutto era possibile, anche guadagnare molto per chi avesse avuto voglia di lavorare.

Così loro, l’America, l’hanno scoperta a proprie spese affrontando traversate transoceaniche molto poco confortevoli, ammassati in terza classe- quando non erano clandestini -, subendo le umiliazioni e le angosce di Ellis Island, sopportando un lavoro che, quando si trovava, era durissimo, con incertezze per il futuro, assenze di tutele ed esposizione a rischio di infortuni.

Ellis Island

Immigranti a Ellis Island. Pronti allo sbarco

Immigrants-Ellis-Island

Ellis Island

Era una amara scoperta che una canzone di emigranti italiani, riportata da Vittorio Zucconi in un suo articolo del 2001 [(2) – Cfr. file .pdf alla fine del presente articolo], ci restituisce in maniera semplice: “Venni in America credendo che ci fossero strade lastricate d’oro. Quando arrivai mi accorsi che non erano lastricate d’oro, che non erano neppure lastricate e che toccava a me lastricarle”.

E la fatica, spesso improba, che l’America richiedeva, non era sola ad alimentare la deludente scoperta, perché c’era anche il dolore scatenato dalle tragedie sul lavoro a far sentire quanto fosse esosa e crudele la nuova patria.

E’ quello che è capitato a Luigi Feola che perse la vita nell’impressionante disastro minerario, avvenuto il  6 dicembre 1907 a Monongah, in West Virginia. Non si sa esattamente quanti minatori vi morirono, forse qualche migliaio, anche se l’elenco ufficiale -redatto dalla società mineraria per versare l’indennizzo alle famiglie- ne riporta 362, di cui 171 italiani, e Luigi era  fra essi.

Monongah. 6 dic. 1907. L'ingresso del pozzo 8 dopo l'esplosione

Monongah. 6 dic. 1907. L’ingresso del pozzo 8 dopo l’esplosione

Cimitero Monongah West Virginia

Il cimitero di Monangah, West Virginia

In gran parte provenivano dai 300mila italiani sbarcati l’anno prima a Ellis Island senza un punto di riferimento e disperati. La società mineraria Fairmont Coal Company li aveva di certo reclutati direttamente lì, appena arrivati, come sempre faceva: offriva il lavoro, anticipava loro il costo del biglietto ferroviario per arrivare in West Virginia e li “accoglieva” nel villaggio di Monongah.

Erano tutti giovanissimi e vivevano quasi da reclusi. I campi di lavoro erano controllati da guardie armate, non si poteva evadere, se non prima di aver pagato tutti i debiti. Anche il cibo si comprava allo spaccio della compagnia mineraria che tratteneva la spesa dallo stipendio. Così erano sempre sotto scorta, tanto che circolava una battuta: “Gli emigranti italiani fanno parte tutti della famiglia Reale”  (1).

L’amara beffa per la famiglia di Luigi Feola, che era rimasta a Ponza, fu che, oltre ad aver perso il capofamiglia, non ricevette mai l’indennizzo di 200 $ per la vedova e 155$ per ogni figlio inferiore ai 16 anni, pur spedito dagli USA. Chissà dove si fermarono nel lungo percorso dagli USA a Ponza!

Foto d'epoca di lavoratori della ferrovia del West Virginia 
Immagine d’epoca di lavoratori della ferrovia del West Virginia (foto gentilmente fornita da Isidoro Feola)

Gli immigrati italiani, fin dagli anni ’70 dell’800, erano stati dirottati verso i lavori più pericolosi e faticosi, e questo con l’avallo dello stesso governo italiano che si accordò con i proprietari terrieri della Louisiana per inviare emigranti che lavorassero nelle piantagioni di canna da zucchero al posto dei neri che, liberati dalla schiavitù (1866), si rifiutavano di fare quel lavoro estenuante in condizioni economiche ed ambientali  insopportabili.

Italia-Balilla.. Un manifesto fotomontaggio di propaganda fascista.

Un manifesto di propaganda fascista a favore dell’emigrazione. Tratto dal libro ‘L’emigrazione’ di Paola Corti (Editori Riuniti)

Proprio per la loro accondiscendenza a svolgere qualsiasi lavoro, gli italiani delle prime immigrazioni erano malvisti e divennero oggetto di attacchi razzisti. La loro difficoltà a parlare la nuova lingua alimentava le incomprensioni ed ostacolava qualsiasi passo verso l’integrazione.

“Gli italiani sono gli individui più abietti, più pigri, più depravati, più violenti e più indegni che esistono al mondo, peggiori dei negri e più indesiderabili dei polacchi“. Furono giudizi come questo che scatenarono il linciaggio di nove siciliani a New Orleans, il 14 marzo 1891. Per non dire della vicenda di Sacco e Vanzetti, arrestati, processati e giustiziati sulla sedia elettrica nell’agosto del 1927

Bartolomeo Vanzetti e Nicola Sacco in manette

Bartolomeo Vanzetti e Nicola Sacco in manette

Gli immigrati italiani che hanno dato vita ad una grande fetta della popolazione americana – nel 2001, 140 milioni di americani discendevano da coloro che erano arrivati fra il 1892 e il 1924 –  sono stati veramente coraggiosi e intraprendenti, con una forza d’animo non indifferente perché la loro lotta per la vita la vivevano spesso da soli, lontano dalla famiglia e solo dopo anni di lavoro poteva consentirsi di pagare il viaggio a tutti i suoi membri, per ricongiungersi.

Così, possiamo dire che, dopo la sua scoperta, l’America se la sono conquistata!

E i ponzesi furono tanti!
Basta scorrere gli elenchi del data base di Ellis Island a cui chiunque può attingere via internet. Inserendo i cognomi comuni qui a Ponza, ne escono tanti, citati con l’età, il sesso, la data di arrivo e la nave che li ha portati lì.

Emigranti.3

Emigranti: madre con molti figli

Parecchi di questa prima ondata migratoria hanno realizzato il loro sogno. Sono tornati a Ponza ed hanno costruito case o comprato proprietà, come fecero Luigi Migliaccio, il papà di Giustino Mazzella, Francesco Ferraiuolo (nonno di Franco); il nonno di Biagio Vitiello (v. sotto) ed altri ancora.

Certificate Of First-Aid Training copia

Il diploma di addestramento al Pronto Soccorso di Biagio Vitiello senior, di quando lavorava nelle miniere del West-Virginia; recuperato nel 1932, quando si recò negli USA per i certificati della pensione americana (cliccare per ingrandire)

Qualcuno, poi, nel proprio sogno inserì i ponzesi tutti e con i soldi americani donò loro, nel 1924, la luce elettrica.
Franco Feola era solito declamare la sua soddisfazione con queste parole: Franco Feola, Feola Franco, terza elementare, luce elettrica a Ponza.

Molti altri sono rimasti negli States e non hanno trascurato di coltivare il legame con la terra di partenza per tramandarlo ai loro figli, specie attraverso il culto di S. Silverio, il dialetto, le tradizioni culinarie ed il ricordo affettuoso per chi avevano lasciato sull’isola.

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1)  Sintesi da “Monongah 1907, una tragedia dimenticata” di Norberto Lombardi, direttore di “Quaderni sulle Migrazioni”.

(2)  Ellis Island di Vittorio Zucconi: V. Z. Da Repubblica Archivio 2001. Ellis Island

Immagine di copertina – La scena del distacco, dal film di Emanuele Crialese, Nuovomondo, del 2006

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[L’anniversario del 12 ottobre. (1) – Continua]

1 Comment

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  1. Paolo Iannuccelli

    11 Ottobre 2014 at 20:01

    La cifra erogata dalla compagnia assicuratrice statunitense, nel 1908, per risarcire la famiglia dell’operaio Lugi Feola, deceduto nel disastro minerario del West Virginia, era di 1283 dollari Usa.
    L’intera documentazione – da me attentamente visionata – è in possesso del docente universitario Joseph Tropea che ha visitato due volte Ponza per approfondire il caso (leggi qui).
    La somma – per quei tempi – era notevole. La lettera contenente l’assegno partì da New York, transitò per Berlino, Roma ed arrivò sicuramente a Ponza.
    Non si sa se è stata riscossa.

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