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Le nasse e l’arte di costruirle. Incontro con Benedetto Sandolo (2)di Vincenzo (Enzo) Di Fazio Per la prima parte, leggi qui
Incontro Benedetto mentre si sta dedicando all’imbottigliamento dei pomodori, “i suoi pomodori”, ci tiene a precisare, attività comune in questo periodo dell’anno a molti isolani. Tra un pezzo di pomodoro infilato in bottiglia ed una foglia di basilico aggiunta per aromatizzarlo comincio con il chiedergli come è nata questa passione e da chi ha imparato. “La materia principale è il giunco” mi dice. Ed è importante sapere come va trattato per evitare che si rovini. Poi ci sono le canne tagliate a listelli sottili in modo che diventino flessibili. “Ci ho messo due mesi per imparare a tagliarle come si deve” mi dice Benedetto. Infine i rametti di mirto, scelti tra quelli meno nodosi, più lunghi possibile ma sottili in modo da essere facilmente piegati. “Qual è l’inizio di una nassa?” chiedo. “Da qui si comincia” mi dice “questa è l’imboccatura della nassa, dal diametro del cerchio stabilisci quanto grande deve essere. Capisco che il dopo avviene seguendo quasi “un protocollo”. All’imboccatura si legano, sempre con il filo di nylon, i giunchi in gruppi di due o di tre che scendendo prendono strade diverse in modo da dar forma alla tramatura della gabbia. Si continua con i listelli di canne che, uno dopo l’altro, danno forma e forza alla “campana”. La nassa si compone di due pezzi: la campana di cui si è detto e la gabbia che in dialetto Benedetto chiama “‘a capa E’ la parte attraverso la quale passano i pesci. Nasce con la base circolare che ha un diametro solo di uno/due centimetri inferiore a quello della parte finale della “campana” a cui va fissata una volta inserita. Benedetto – mi accorgo – è orgoglioso di essere padrone di questa antica arte cui oggi si dedica per farne oggetti che molti gli chiedono per trasformarli in articoli di arredamento. “Una volta – mi dice – tutti i pescatori erano in grado di costruirle, erano obbligati ad imparare sapendo che pescando con le nasse potevano anche sfamarsi… era faticoso quel tipo di pesca, perchè per trovare il pesce, quello buono… per trovare le aragoste dovevi farle scendere a 60/70 fino a 100 braccia che significa tradotte in metri fino a 100/150/200 metri di profondità… e tirarle da quei fondali non era uno scherzo…” Mi guardo intorno e m’accorgo che Benedetto non fa solo nasse ma anche cesti di varia foggia. “Chiste è speciale, è ‘nu nassielle pe’ piglià i cazzi ‘irre” e continuando “lo utilizzano moltissimo i francesi, soprattutto a Marsiglia perché con le donzelle che prendono ci fanno un brodino speciale molto richiesto, il “bujabesse” (o bouillabaisse)”. La mattonella grazie al suo peso fa capovolgere il cesto quando viene calato in acqua e lo fa adagiare sui fondali consentendo alla parte contrapposta, l’imboccatura a forma d’imbuto, di stare ferma rivolta verso l’alto sempre pronta a pescare. La costruzione di questa particolare nassa (nassiello come viene chiamato in dialetto) presenta più difficoltà rispetto a quella tradizionale, sia perchè la bombatura che la caratterizza richiede maggiore attenzione nella manipolazione del giunco e della canna sia perché la trappola ad imbuto attraverso la quale passano i pesci è un tutt’uno con il corpo del cesto. Sicuramente bella ed affascinante quest’arte! Chiedo a Benedetto se ha mai tentato di trasferire a dei giovani tutte queste sue conoscenze. “Sull’isola – mi dice – non c’è molto interesse, ne passano di giovani qui sotto casa e mi vedono “ngiarmare” con i giunchi ma nessuno è mai salito a chiedermi cosa sto facendo. Forse bisognerebbe stimolarli.” “Quando ero imbarcato sulla Maddalena – continua – mentre eravamo fermi nel porto di Ventotene ed io a poppa a fare una nassa, mi è capitato di essere avvicinato da un ristoratore che mi ha chiesto di preparargliene un paio da mettere, come arredi, nel suo ristorante. Qualche mese dopo sono stato contattato dal sindaco che voleva organizzare un corso sull’isola per coinvolgere ed interessare i giovani” “E come è andata?” gli ho subito chiesto. “No – mi risponde – non ho accettato, era troppo complicato per me fare avanti e indietro con Ventotene”. “Ma lo faresti a Ponza?” gli chiedo, di rimando. “Anche gratis – mi risponde – l’importante è che ci mettano i soldi per comprare i giunchi. Quelli costano e bisogna farli venire dalla Sardegna.” Dico a Benedetto che questa cosa la renderò pubblica attraverso Ponzaracconta. Benedetto con le canne, i giunchi ed i rametti di mirto crea tanti oggetti, belli anche come souvenir; le nasse per donzelle con le quali i francesi amano fare il tanto prelibato bujabesse possono anche essere esportate… A Ponza l’inverno è lungo, penso. Ce ne sarebbe di tempo… per imparare!
Guarda qui un video, della durata di due min circa, da YouTube
[Le nasse e l’arte per costruirle. Incontro con Benedetto Sandolo. (2) – Fine] 3 commenti per Le nasse e l’arte di costruirle. Incontro con Benedetto Sandolo (2)Devi essere collegato per poter inserire un commento. |
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E’ stato aggiunto, alla fine dell’articolo, un video esplicativo – sempre con Benedetto Sandolo – della durata di circa due minuti; da YouTube
Ha ragione Benedetto quando dice che i migliori giunchi arrivavano dalla Sardegna.
I pescatori ponzesi che frequentavano quelle terre ne raccoglievano in abbondanza lasciando comunque in Sardegna il grosso di quanto raccolto.
Sarebbe servito l’anno dopo per fare le nasse per le aragoste.
Una parte dei giunchi raccolti veniva portata comunque a Ponza e usata durante l’inverno.
Un aneddoto: mio zio Francesco mentre costruiva la sua casa la utilizzava anche per ripararsi dal vento mentre faceva le nasse.
Un giorno calcolò male le dimensioni della nassa a rutunne che stava facendo e alla fine scoprì che non sarebbe potuta uscire dalla porta.
La tirarono fuori grazie al fatto che quella casa non aveva ancora il tetto.
Caro Enzo, con molto piacere ed interesse ho letto il tuo racconto sulle “nasse”. Ho sempre visto in tempi passati questi arnesi sulla barche in ormeggio maneggiati dai pescatori, ma è la prima volta che ho compreso appieno la loro funzione e le difficoltà della loro costruzione.