C’è un tempo per voler ossessivamente dare testimonianza di quel che si pensa, visibilità a quel che si vede.
…E un altro tempo, di ripensamento a quel che è già stato scritto, che si è letto in passato.
Piccole cose preziose che fanno parte dei propri ricordi; altre perle messe da parte per periodi migliori, in cui ci sarebbero stati più tempo, più pazienza e applicazione…
L’autunno è la stagione giusta per tirarle fuori: l’autunno atmosferico, metaforico, astronomico che va ad incominciare.
Ecco, per cominciare, la madre di tutte le poesie sulle stagioni (ivi incluso l’autunno), che nessuno di noi avrà potuto dimenticare, anche mettendocela tutta!
I doni
Primavera vien danzando
vien danzando alla tua porta.
Sai tu dirmi che ti porta ?
Ghirlandette di farfalle,
campanelle di vilucchi,
quali azzurre, quali gialle
e poi rose, a fasci e a mucchi.
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E l’estate vien cantando
vien cantando alla tua porta,
sai tu dirmi che ti porta ?
Un cestel di bionde pèsche
vellutate, appena tocche;
e ciliege lustre e fresche
ben divise a mazzi e a ciocche.
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Vien l’autunno sospirando
sospirando alla tua porta,
sai tu dirmi che ti porta ?
Qualche bacca porporina,
nidi vuoti, rame spoglie,
e tre gocciole di brina,
e un pugnel di morte foglie.
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E l’inverno vien tremando.
vien tremando alla tua porta,
sai tu dirmi che ti porta ?
Un fastel d’aridi ciocchi,
un fringuello irrigidito;
e poi neve, neve a fiocchi,
e ghiacciuoli grossi un dito.
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(Angiolo Silvio Novaro (1866-1938), da: Il cestello: poesie per i piccoli (1910, nuova edizione accresciuta Mondadori 1928; recente ed. Fogola 2005)
Giuseppe Arcimboldo – Autunno; 1573
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[Un altro autunno. (1). – Continua]