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A settembre c’erano i castardelli…

di Alessandro Vitiello (Sandro)

 

“Per tutti quelli che… il mare a settembre è buono solo per una canzone nostalgica”

 

Passato il gran caldo dell’estate con le prime piogge di settembre l’isola ricomincia a respirare; tutto diventa più dolce.
Le giornate si accorciano, i ritmi della vita agostana vengono abbandonati ed il mare , nelle giornate di calma, sembra una tavola di un colore celeste chiaro che sembra poterci camminare sopra.
E’ in questo periodo che fino ad una ventina di anni fa intorno alla nostra isola arrivavano i cantarelli – i castauriéll’.
Forse ci stavano pure da prima ma settembre era il mese in cui si caricava la “crastaullara” (una rete d‘a galla che cingeva il branco dei pesci) in barca e si partiva per andare a pescare.

La costardella (Scomberesox saurus) [1]

La costardella o castardella (Scomberesox saurus) è un pesce della famiglia Scomberesocidee


Pesce azzurro simile all’aguglia, molto buono da mangiare fritto, viaggia in branchi anche molto numerosi.
Per pescare i castardelli bisogna trovare i delfini: senza la collaborazione di questi nostri cugini acquatici non si combina niente.
I delfini trovano i castardelli per cibarsene: per banchettare più facilmente li bloccano con salti e giravolte (‘u menale) e quelli, credendo di farsi forza, si compattano come una palla, col risultato di venir pescati più facilmente [per i rapporti tra alcuni tipi di delfini, i tursiopi, e i castardelli, leggi qui [2]].

Tursiopi e castardelli [3]
Quando c’è questo momento magico in cui si capisce che i castardelli hanno fatto “la palla” è come se una scarica ad alta tensione colpisse la barca e quanti vi lavorano sopra.
Con urla disumane, a grande velocità viene fatta scivolare in mare, dalla poppa della barca, la rete che in pochi istanti chiude in un sacco il pesce e che poi lentamente viene tirata a bordo.
Gli attimi di convulsione che decidono i destini della pesca sono un autentico delirio e così come vengono, vanno via nei momenti successivi, quando si capisce che il pesce è in trappola.
Spesso capita di stringere la rete e scoprire che dentro non c’è niente: si è arrivati troppo tardi, i pesci hanno messo in fretta la testa verso le profondità o altre cose che fanno partire bestemmie a raffica e imprecazioni contro qualcuno della barca che non ha fatto bene il suo lavoro.
Capita. Ma capita anche di vedere all’improvviso, quando il destino è con te, in mezzo al mare azzurro, una grande palla di colore argento, viva, che guizza, fatta di milioni di pesci.
Piano piano quei pesci finiscono in barca e vengono sistemati in cassette accatastate una sull’altra. A volte i pesci erano così tanti che bisognava chiamare in soccorso qualche altra barca per farsi aiutare a caricare tutto il pesce perché se si voleva essere ingordi si poteva anche rischiare di affondare.

E i delfini?
Finita la pesca, c’era sempre qualcuno dei marinai che faceva volare in acqua una cassetta di castardelli per i delfini.

Una cassetta di castardelli [4]

Ma con la crastaullara non si pescavano solo castardelli.
In quei tempi, nelle giornate calme calme chi aveva occhi buoni, continuava a scrutare il mare, dalla barca, per cercare qualche relitto (tronco, barchetta abbandonata o quant’altro che galleggiasse) e andare a vedere se sotto, all’ombra, ci fossero dei pesci.
Lampughe, cernie di superficie, tonnetti, ‘nfanfari (? …è il ‘fanfano’ o pesce pilota, nominato da Adriano Madonna?) potevano trovarsi lì sotto e se c’erano, o con la rete o con delle lenze che avevano come richiamo le piume bianche delle galline, quei pesci avevano poche possibilità di cavarsela.

Adesso non le abbiamo neanche più, le galline dalle piume bianche..!

Ma se volete approfondire l’argomento della pesca ai  cantarelli, vi consiglio il bell’articolo di Raffaele Sandolo, un nostro amico ponzese dell’Elba, già pubblicato sul sito: leggi qui [5].

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