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Un’altra fiction. (1)

di Rita Bosso
Un'altra vita [1]

 

– L’hai vista? Che te ne pare? – chiedo in giro, e premetto che non sono ammesse critiche alla sceneggiatura: mai parlar male degli assenti.

Scrive in proposito Aldo Grasso, critico televisivo del Corriere della Sera:
La fiction italiana credo che non abbia ancora scoperto quella parte che si chiama sceneggiatura: non si fanno delle sceneggiature nella fiction italiana, si fanno cronologie… si racconta la vita della persona e dalla sua biografia si ricavano battute, si cuce insieme la sua biografia. Questa non è sceneggiatura. Questo credo sia il punto più delicato: quando la fiction italiana scoprirà il valore della sceneggiatura allora forse le nostre fiction saranno apprezzate anche all’estero”.

– Silve’, hai visto la prima puntata della fiction, giovedì sera?
– La sera? Io vado a letto alle sette e mezzo, dopo una giornata passata qua, alla biglietteria per Frontone…

Tra i sei milioni e rotti di telespettatori della fiction non figurano Luigino e Gigino (con una gi, nessun legame con Sang’ ’i Retunno); Luigino, per prassi, non assiste agli spettacoli della concorrenza:
Ecché so’ scemo? Ho una mia televisione, mica vedo i programmi degli altri! E poi, quelli della rai sono gelosi di me perché trasmettono solo dieci minuti della processione di san Silverio, dopo una settimana. Io, invece, mando in onda tre ore e mezzo di filmato quasi in diretta.

Passo oltre.
Giua’, che te ne pare?
La fiction valorizza le bellezze della nostra isola e su questo non ci piove. La trama è esile, resa accettabile dalla bravura degli attori protagonisti e non, Loretta Goggi e Natalia Estrada in testa.

– Natalia Estrada, Giuà?
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 Sissì, è la protagonista, spagnola – conferma.
– E la Goggi ha detto appena due battute!
– Appunto! –interviene Gigino con una gi.

– E’ il solito polpettone da prima serata stile rai uno – dice Enzo recitato male con attori inespressivi, battute scontate, ma soprattutto luoghi comuni triti e ritriti: gli indigeni diffidenti, cafoni e, per istinto, inferiori: sarò maniacale, ma proprio non sopporto che si dia il ‘lei’ alla “dottoressa milanese” che invece da del ‘tu’ a quei “simpatici” zuzzurelloni locali. Il tutto ovviamente con marcato accento partenopeo perché, è risaputo, gli italiani parlano benissimo il volgare dantesco, tranne quelli all’ombra del Vesuvio: jamm’ bell’,  ja!
– Che volevi, il documentario?
– sbotta Gigino – Stai su rai1 in prima serata, dopo i pacchi e prima di  Porta a Porta… Se non ti sta bene, aziona il telecomando!

Tento la mediazione: – Enzo, per favore, un giudizio sugli attori.
Il miglior attore protagonista, l’unico che non recita da cani è il mio Pluto, che non ha perso occasione per occupare la scena – Enzo gongola orgoglioso.

Luisa, cosa ne pensi?
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 Attori abbastanza bravi (almeno nella norma delle fiction, per chi non ci fosse abituato) a parte una Vanessa Incontrada per ora con una sola espressione: quella da cocker rimproverato, ma speriamo che il bell’Antonio riesca a farla sorridere
Errato: secondo Aldo Grasso (il critico di prima), Vanessa esibisce ben due espressioni; invito Luisa a seguire con maggiore attenzione le prossime puntate e a comunicarci data e luogo del rinvenimento (della seconda espressione).
A me Vanessa piaceva tantissimo sia come spalla di Bisio che negli spot con Panariello, ma adesso mi è sembrata un po’ legnosa: da tener presente per la  seconda edizione de Lo Stracquo, l’arte che viene dal mare.

Effettivamente gli stereotipi si sprecano, frutto di riflessi condizionati elementari, pavloviani, equamente distribuiti:
– per genere (maschio = sfaticato, femmina = pettegola),
– per professione (medico = incompetente, insegnante = nullafacente),
– per geografia (meridionale = cafone, milanese = puzza sotto al naso).

Gigino con una gi, pur non avendo visto la puntata, mi spiega che sono funzionali alla narrazione, secondo lo schema del film “Benvenuti al Sud”: lo scontro etnico iniziale evolve in scoperta/rivalutazione/rinascita.
– Ma “Benvenuti al Sud” è un film del 2010, copiato da un film francese di un paio d’anni prima – protesto.
– Embè, cosa pretendi da rai1? Le innovazioni? – risponde Gigino con una gi.

Chest’è, direbbe Giggino con due gi.

– Stereotipi? Cosa dovrei dire io, allora? Hai visto come vengono descritte le figlie della protagonista, milanesi? –  rilancia il Sindaco.
Tre simpaticissime ragazze – lo rincuora Giovanni.

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[Un’altra fiction (1) – Continua]