Cinema - Filmati

11 settembre

a cura di Sandro Russo

 

Riporto da Wikipedia queste notizie relative all’11 settembre:

1973 – Cile: golpe militare di Augusto Pinochet rovescia il governo, il presidente Salvador Allende muore durante le ultime fasi di assalto al palazzo presidenziale

Golpe_de_Estado_1973

2001 – Attacco terroristico dell’11 settembre 2001: negli Stati Uniti, il dirottamento di tre aerei provoca il crollo del World Trade Center a New York e danni al Pentagono, e un quarto si schianta in Pennsylvania; muoiono quasi 3000 persone.

11.9.2001. Torri gemelle

Limitatamente al secondo dei due gravi episodi, vorrei menzionare un film, intitolato appunto 11 settembre 2001 (11’09″01 – September 11), uscito l’11 sett. 2002, a un anno esatto dalla tragedia; una co-produzione internazionale per un’opera composta da undici episodi diretti da altrettanti registi provenienti da 11 Paesi (e culture) diversi.

Locandina film

Essi sono: Yusuf Shahin, Amos Gitai, Claude Lelouch, Sean Penn, Mira Nair, Ken Loach, Danis Tanovic, Alejandro González Iñárritu, Shohei Imamura, Idrissa Ouédraogo e Samira Makhmalbaf.

Per ogni episodio (della durata simbolica di 11 minuti, 9 secondi e un fotogramma), ciascun regista ha avuto a disposizione un identico budget (di 400.000 dollari).

Tra tutti, propongo completo in video da YouTube, in versione originale, l’episodio diretto da Sean Penn (segmento USA)

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YouTube player

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Un anziano vedovo – il personaggio è interpretato da una vecchia gloria di Hollywood, Ernest Borgnine – vive in un appartamento non distante dalle Torri Gemelle, le quali gli sottraggono la luce del sole per tutto il giorno. Trascorre la sua vita parlando alla moglie, ormai morta da tempo, come se fosse viva,  preparandole i vestiti da indossare, curando i suoi fiori appassiti per la mancanza di luce.
Il crollo delle Torri inonderà di luce l’appartamento, rivitalizzando i fiori e inducendolo a prendere coscienza della sua condizione.

Ernest Borgnine

 

Il commento che segue è di Danilo Ausiello, un amico di Napoli, con cui abbiamo curato (insieme ad altri) una rassegna di “Cinema del Cambiamento” nel lontano 2006, per la Scuola di Cinema “Sentieri selvaggi”.

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Undicinove
di  Danilo Ausiello

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L’11/9 di Sean Penn è un risveglio.
È la lancinante emersione da un sonno profondo e rassicurante.
È un oscuro torpore trafitto dai lampi del tempo.
È la vita che torna con tutto il suo carico di dolore. E che svela la morte.

L’11/9 di Sean Penn sta dentro 10 minuti di immobilità.
Il tempo di un uomo paralizzato in un vuoto di tempo, inconsapevole ostaggio di una non-esistenza dentro cui anche la morte si cristallizza.

La compagna defunta imbalsamata nel culto di una presenza invisibile, l’ostinato ripetersi della misera e consolatoria liturgia quotidiana, la deliberata esclusione dal tempo dei vivi.
Un uomo rinchiuso in un tempo rinchiuso.
Segregato nello spazio ridotto del suo appartamento, i movimenti lenti e molli che disegnano una più ampia fissità. L’inquadratura è ferma, lo schermo lo imprigiona, il montaggio ne frammenta la stasi.

In più c’è un’oscurità gelida che circoscrive tutto lo spazio del film.
Un buio denso da cui affiora giusto il candore di un corpo grasso e cadente.

L’effetto è quello di un cono d’ombra che protegge oscurando: serrande abbassate a schermare le luci della verità. E i flash del tempo. Uno spazio dentro cui dimenticarsi felici, al riparo dai bagliori del mondo.

Poche immagini ristagnanti che, susseguendosi rapide, restituiscono una paralisi.
Nel racconto non c’è traccia di deviazioni, svolte, cambiamenti.
Meglio ancora: è esattamente la negazione cosciente di ogni possibilità di cambiamento.

Almeno fino agli ultimi 35 secondi, quando la macchina da presa, per la prima volta, si muove.
Percorre la breve traiettoria che separa il talamo-simulacro da una televisione.

Ed è precisamente da quello schermo – strumento di luce per eccellenza – che proviene il primo traumatico raggio di verità. Le immagini dell’attentato squarciano la placida tenebra domestica: da quel varco filtra, luminoso, l’orrore del mondo.

Ed ecco il risveglio.
Gli occhi si riaprono inondati da colori inediti, la vita si riversa nel lugubre microcosmo, la luce smaschera la coscienza e rivela il lutto.
È il cambiamento: scioccante, doloroso, insopportabile. E liberatorio.

Micidiale rivelazione da estendere, data la portata dell’evento storico in ballo, dal piano strettamente esistenziale a quello geopolitico. Il letargo emotivo di un uomo si dilata fino a trasformarsi in quello di un’intera nazione ridestatasi di colpo, proprio quella mattina di settembre, da un lungo sonno irresponsabile.

Che una vita cambi nello spazio di un mattino è cosa rara, ma possibile.
L’idea, invece, che sia la Storia tout court a rivoltarsi come un calzino nel lasso di poche ore sembrerebbe in effetti un’idea pazzesca.
E forse, in fondo, lo era.
Prima dell’11/9.

1 Comment

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  1. vincenzo

    11 Settembre 2014 at 18:11

    Dopo la notte arriva il giorno ma subito la notte e così dopo il buio arriva la luce ma subito il buio, dopo il dolore un po’ di serenità e ancora dolore.

    L’11/9 non ha cambiato niente né la storia. Dopo un atto terroristico ci sarà la reazione e forse un nuovo attacco terroristico.

    Oggi stiamo ancora a parlare di nuove guerre con il comandante Obama a rivendicare energicamente la supremazia dell’Occidente a guida americana.

    Leggendo questa mattina lo scritto di Giuseppe Mazzella sulla chiesa di Le Forna ho voluto credere per un attimo a quello che scriveva: beato colui che vede il mondo con gli occhi di un bambino magari anche nel buio come Sean Penn che conserva, in questo buio e riproduce, i più cari attimi della sua vita.

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