De Luca Francesco (Franco)

Storie da un’isola. Un’eco per amica

di Francesco De Luca
Ponza. Panorama dalla Guardia Guarini

 

Sentiva quel vento  fresco perché gli faceva contrasto col sudore del corpo. Lo rendeva vivo e reattivo ai moti del suo animo agitato.
Silverio aveva avuto un contrasto con la madre. Ella non tollerava che si venisse meno ad un appuntamento concordato, Silverio invece da quei condizionamenti stava allontanandosi, costruendo la sua indipendenza interiore. Tendeva a seguire la sua propensione verso la sincerità dei sentimenti.
È vero, aveva assicurato alla mamma che sarebbe andato a trovare la zia. Non per dovere e nemmeno per piacere, soltanto per pura convenzione. Quella zia non la sentiva appartenente alla famiglia, tanto era distante, non soltanto dalla sua sfera affettiva ma anche da quella dei genitori. Che però volevano che le apparenze non fossero sovvertite e gli imponevano, quando venivano a Ponza, di andare a portarle i saluti.
Una pura formalità, falsa e posticcia, perché poi, nel chiuso della casa, da quella zia ci si teneva lontani il più possibile.

Ebbene Silverio non c’ era andato da zia Marianna e nell’animo la disobbedienza alla mamma contrastava con l’intima soddisfazione di essersi comportato in sintonia con se stesso.

Spirava un vento non tutto da ponente perché i refoli venivano anche da Frontone e agitavano le acque del golfo, increspandole ordinatamente, mentre fuori, sia alle “scuglietelle” sia alle “formiche”, la furia era evidente e spumava, alta sbruffando.

Nessuna nave avrebbe collegato l’isola col continente e l’isolamento, che si preannunciava totale, amplificava in Silverio un senso di vigore.

Col broncio verso la madre aveva preso il viottolo che ascende monte Guardia. Accaldato s’era fermato su una balza  d’“a Guardia  ’i Guarini” e si faceva avvolgere dal fresco del vento.

Tersa era l’aria e intorno nemmeno il solito abbaiare del cane di Cirotto.

L’animo era agitato e nella pace naturale a Silverio venne di buttar fuori l’irrequietezza interiore. La volle esternare per farla divenire una cosa, che si muove nel vento, si lacera sui rami, si disperde verso Chiaiadiluna.
Gridò: “Mannaggiaaa!”.  Così, a vuoto, per puro sfogo. “Mannaggiaaa!” – gridò, come un bambino ferito e  orgoglioso.

Ebbe un sussulto! Qualcuno rispose.

Da lontano risentì il suo “mannaggia” vibrare in quel paesaggio, apparentemente muto.

L’eco…  gli aveva risposto l’eco. Con la stessa foga, con lo stesso tono.

Qualcuno l’aveva ascoltato perché a qualcuno stava a cuore il suo animo, e lo rassicurava. Questo gli bastò.

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