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Il Peperoncino, il Falso e il Pepe (1)

di Sandro Russo
Il-buono-il-brutto-il-cattivo [1]

 

Il Pepe. A voler prendere la storia molto alla lontana, Serendip è il nome di un’isola dell’Oriente misterioso (Ceylon, l’attuale Sri-Lanka) dove si svolgono le avventure di tre principi che nel loro peregrinare scoprono sempre delle cose che non cercano. La storia è riportata dallo scrittore inglese Horace Walpole (1717 – 1797) che riferisce di averla tratta a sua volta da una antica favola persiana, poi tradotta in francese e in inglese, intitolata ‘The Travels and Adventures of Three Princes of Serendip’.

Di qui il termine serendipità (serendipity in inglese; molto usato in astrologia e astrofisica): cercare una cosa e trovarne per caso un’altra, eventualmente più interessante o migliore di quella che si cercava.

Il concetto in sé si applica a molti casi della vita e può diventare quasi un modo di stare al mondo, tra il caso e la necessità.

Per i nostri fini la applichiamo alle scoperte di Cristoforo Colombo, che andava alla ricerca di un nuovo passaggio per le Indie e trovò l’America;  voleva trovare la via delle spezie e trovò un’altra spezia – il peperoncino – fino ad allora sconosciuta nel vecchio mondo; cercava oro e pietre preziose, ricchezze per pochi e, anche se ne trovò, ben altri tesori portò indietro dal Nuovo Mondo: pomi d’oro (nel senso di pomodori), pomi di terra (pommes de terre, patate) e altre piante ancora, della (a noi) ben nota famiglia delle Solanacee (leggi qui [2]).
Tesori per tutti, che nei secoli a venire avrebbero salvato dalla fame milioni di persone.
Infatti ora… si potrebbero immaginare i tedeschi senza le patate? I napoletani senza il pomodoro e i calabresi senza il peperoncino? O i turchi senza il tabacco?
Eppure era questa – priva di ortaggi e altre piante fondamentali – la dieta dei popoli europei e mediterranei prima delle scoperte di Colombo.

Il commercio delle spezie fu il motivo principale che spinse il navigatore portoghese Vasco De Gama ad aprire la rotta per l’India, doppiando l’Africa al Capo di Buona Speranza. Il 20 maggio 1498 De Gama giunse nel Malabar (attuale Kerala), sulle coste sud occidentali dell’India; era quella la prima volta che una nave europea approdava in India. E le spezie furono anche tra i motivi che portarono Colombo a cercare, nella direzione opposta, una rotta rapida e sicura per le Indie (1492), con i risultati che conosciamo.

Le grandi scoperte geografiche [3]

Dalla mappa (cliccare per ingrandire) è evidente che l’assenza del canale di Suez e del canale di Panama costringevano i navigatori a viaggi molto più lunghi  e perigliosi che includevano il doppiaggio del Capo di Buona Speranza e del Capo Horn (all’estremo del continente sud-americano) 

Il commercio delle spezie [4]

I-colori-delle-spezie [5]

L’apertura del collegamento via mare finì col ridurre drasticamente il monopolio commerciale di veneziani, turchi e arabi nel commercio delle spezie e diminuì l’importanza delle antiche rotte terrestri come la Via della Seta e la Via dell’Incenso. Questi commerci, insieme a quelli successivi del thè e del caffè, cambiarono il corso della storia mondiale; spinsero a cercare nuove vie e mezzi di collegamento tra l’Europa e le (future) colonie, e indirettamente portarono alla scoperta e colonizzazione del continente americano.

All’epoca degli antichi scambi con l’Oriente, la spezia piccante per eccellenza era il pepe nero.

FOTO 1. Raccolta [6]

FOTO 2.Pepe nero. Rampicante [7]

Il pepe nero (Piper nigrum – Fam. Piperacee) è una liana sempreverde e rampicante. È originario dell’India del sud e dello Sri-Lanka e può raggiungere anche 4 -5 metri d’altezza

FOTO 3. Pepe nero. Fiore [8]

Piper nigrum ha foglie di un bel verde brillante; i fiori sono piccoli, bianchi, di forma allungata. Della stessa famiglia delle piperacee fanno anche parte il piper longum e piper retrofractum, di limitata importanza commerciale

FOTO 4. Pepe nero. Green [9]

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Piper nigrum ha frutti rotondi, disposti in grappoli allungati, di diverso colore in relazione allo stadio di maturazione

Il pepe che si trova in commercio, seppure derivi dalla stessa pianta, si presenta sotto forme diverse a seconda delle modalità di lavorazione.
Distinguiamo il pepe nero, più conosciuto e diffuso, ottenuto per essiccazione dei frutti, la cui polpa assume un aspetto rugoso; ha un sapore ben noto, piccante e dominante, che i cuochi usano con moderazione.

Per ottenere il pepe bianco le bacche vengono messe a macerare in acqua per separarne l’involucro esterno (la polpa del frutto); quindi i semi, chiari e lisci, sono messi ad essiccare. Questo tipo di pepe é diffuso nella cucina cinese; rispetto a quello nero ha un sapore meno acuto, che meglio si accorda ai gusti agrodolci.

Pepe. Semi e buccia [11]

Il pepe verde, più aromatico ed erbaceo, è il pepe acerbo, raccolto immaturo. Anche esso può essere essiccato, previo trattamento per mantenere il colore verde del frutto. In alternativa può essere conservato in salamoia o sotto aceto. Nella cucina thailandese, e sud-est-asiatica in genere, vengono comunemente usati i grani di pepe acerbo appena raccolti dalla pianta.

FOTO 6. Pepe nero. Ciotole [12]

I tre tipi di pepe in commercio: nero, bianco e verde (v. testo)

Il pepe ha proprietà revulsive (irritanti cutanee), carminative (stimola le secrezioni gastro-intestinali), diaforetiche (fa sudare) e genericamente stimolanti sul metabolismo e sull’assorbimento degli altri nutrienti.

 

Le proprietà farmacologiche e ‘il piccante’ del pepe derivano dal suo contenuto di piperina, un alcaloide che si trova sia nella polpa che nel seme. Il seme contiene anche una resina amara denominata cavacina. L’asprezza si attribuisce alla piperina ed alle resine.

La polpa, che è mantenuta anche se essiccata nel pepe nero, contiene inoltre olii essenziali aromatici che danno sapore di limone, di legno e di fiori alla spezia. Questi profumi sono assenti nel pepe bianco in quanto seme completamente privo della polpa.

Il pepe, specie se macinato, perde abbastanza presto il suo aroma quando viene esposto alla luce, a causa della degradazione della piperina; infatti molte ricette di cucina raccomandano di macinare il pepe al momento, con un macinino da tavola o con un mortaio.

 

Il pepe nero è genericamente irritante, controindicato nei pazienti con gastrite o ulcera gastro-duodenale e nei portatori di emorroidi; è anche sconsigliato nelle affezioni infiammatorie delle vie urinarie e organi connessi.
In linea di massima ha una tollerabilità minore e un effetto irritante maggiore rispetto all’omologo piccante peperoncino, sebbene la piperina raffinata sia piccante circa l’uno per cento rispetto alla capsaicina contenuta in quest’ultimo.

 

[Il Peperoncino, il Falso e il Pepe (1) – Continua qui [13]]