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Riflessioni a margine alla presentazione di Frammenti di umanitàRosanna Conte Sabato sera, nei locali dei Cameroni c’è stata la presentazione dell’ultimo libro di Franco De Luca alla presenza di un folto pubblico. Il libro in sé era intrigante per il punto di vista dell’autore che, delineando alcune figure di ponzesi, giunge a una disamina sulle ragioni che hanno condotto Ponza sull’orlo del collasso. Per avere il senso dell’opera partiamo dal titolo che ci dà la dimensione della narrazione: Frammenti di umanità La miriade di personaggi che il protagonista incontra o ricorda in un fine settimana di ritorno sull’isola, gli squinternano la ricca e variegata umanità ponzese che ha incontrato nella sua vita: umile, semplice, laboriosa, solidale, figlia del mare burrascoso e della terra arida e faticosa. La presenza anche di spiriti insofferenti costituisce la spia della matrice che può consentire la vita su quest’isola: l’adesione a quanto la natura distribuisce a piene mani, come la bellezza e la violenza degli elementi naturali, la solitudine, l’aridità di un terreno petroso… cioè, la necessità di accontentarsi. Ma questo implica un’auto-delimitazione tragica che non consente di sognare di andare oltre e facilita un’autoreferenzialità che blocca anche l’idea del cambiamento. Chi non ce la fa a vivere così, va via, anche se dilaniato dall’isolaitudine, il desiderio di fuggire in contrasto continuo col desiderio di tornare. L’analisi della condizione ponzese è impietosa e non sfugge alla penna dell’autore nemmeno l’autocritica: coloro che un giorno andarono via per studiare, convinti di poter costituire la futura classe dirigente, hanno privilegiato l’affermazione personale invece che l’impegno e l’interesse per Ponza, lasciandola nelle mani di persone corrotte che l’hanno ridotta come è oggi: un piccolo gruppo affaristico che gestisce le attività turistiche ed i propri interessi – anche se con ricadute economiche di diverso livello sugli altri- senza sviluppo culturale e senza aspirazioni ad innovare. Le uniche connotazioni culturali dei ponzesi sono rimaste il dialetto e la venerazione con il relativo culto di San Silverio, ma anch’esse si stanno sfaldando nell’impatto col nuovo, mettendo in evidenza la debolezza del senso di appartenenza ad una comunità che non si riconosce altrimenti, se non per questi due soli elementi e a cui, molto probabilmente, non si trova altro valido motivo di adesione. L‘etereo rapporto emotivo che lega Luca, il protagonista, alla sua terra gli ispira la certezza di una rinascita che non osa chiamare speranza, perché la speranza nasce dal timore che ciò che si vuole non si possa realizzare e Luca “sente” che la bellezza rinascerà sulla sua isola. In realtà si tratta di essere fedeli a se stessi, ma non in maniera preconcetta, poiché la vita ci cambia, bensì seguendo quanto ispirano il cuore e la mente cioè rimanendo autentici, sinceri. Il libro di Franco mi ricorda un altro libro in cui l’autore esamina la sua isola “L’isola dentro” di Vittorio Parascandola, procidano. Lì non c’è un ritorno, ma c’è la quotidianità dell’isola in cui ognuno incrocia una miriade di compaesani, caratterizzati dalla loro individualità. L’incontro non è mai scontro: è un riconoscersi, un rispecchiarsi nell’altro, un atto di rafforzamento della propria identità. Il vivere gomito a gomito ha determinato comportamenti solidali e lo scoglio, a cui pensa il procidano in qualsiasi parte del mondo si trovi, è il mondo interiore che dà la dimensione dell’io. Come è possibile che ci sia tanta differenza fra l’insularità di Parascandola e l’isolaitudine di Franco De Luca? Certamente ha influito la storia, come pure dice Franco. La collocazione ai confini del regno non ha certamente favorito il cambiamento o un innesto positivo. Pensiamo a quanto scriveva il Tricoli sulle amministrazioni che si sono susseguite a Ponza dalla nascita del regno delle due Sicilie fino all’unità d’Italia: la descrizione minuziosa che ne fa, sembra riecheggiare nelle pagine di Franco. Se ci fu, allora, il tentativo di cambiare le cose, fallì nel momento in cui chi doveva farlo veniva coinvolto nelle beghe ed interessi locali.
Sabato sera i punti fondamentali del libro sono emersi e Franco ha ribadito che la sua posizione da intellettuale è ormai quella di dare, solo dare, visto che fino ad ora ha ricevuto poiché tutto quello che è e che ha scritto lo deve a Ponza e ai ponzesi che hanno permeato la sua anima e il suo spirito arricchendo la sua mente e la sua sensibilità. E se qualcuno ha sottolineato che la trasmissione della cultura materiale si è interrotta con la modernizzazione che ha lasciato da parte, in maniera indolore, le conoscenze e le abilità che avrebbero potuto essere tramandate per diventare oggi strumento di conoscenza e comprensione del nostro passato, qualcun altro ha sottolineato che tutt’oggi c’è l’insipienza delle famiglie a non trasmettere competenze artigianali, ancora presenti, alle nuove generazioni. Al di là del dramma di una comunità che non riesce più nemmeno a cercare se stessa, il problema determina ripercussioni anche in campo economico. Da che mondo è mondo, l’operatività costruttiva nasce dall’elaborazione del pensiero ed il pensiero trova la sua carica e la sua verifica nell’operatività. 1 commento per Riflessioni a margine alla presentazione di Frammenti di umanitàDevi essere collegato per poter inserire un commento. |
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Ringrazio TUTTI coloro che hanno speso parole intorno al mio libro, “Frammenti di Umanità”
Sono grato per aver dedicato parte del loro tempo alla lettura del libro e per aver voluto manifestare il loro giudizio.
Cordialità
Francesco De Luca