Ambiente e Natura

Ponza e la sua natura geologica. (8). Considerazioni finali sul PAI a Ponza

a cura della Redazione
Lato di Capo Bianco della Rada

 

Per gli articoli precedenti sul tema digita – natura geologica – nel riquadro CERCA NEL SITO, in Frontespizio

 

Poiché l’argomento che stiamo trattando è piuttosto complesso e va a toccare diversi ambiti che si intersecano tra di loro, per rendere le considerazioni finali le più comprensibili e lineari possibili, procediamo adottando uno schema in tre punti:
– Cenni sul modificato rapporto dei residenti con il territorio isolano e conseguenti effetti sulla sua salvaguardia
– Il PAI: mitigazione ed adeguamento
– La gestione del rischio

Partiamo dal primo punto.
Se si va fare una passeggiata sul piazzale di Chiaia di Luna e si volge lo sguardo verso la collina sulla propria destra (guardando il mare), si può vedere il canale di scolo delle acque piovane che segue tutta la cresta della parete.

Veduta falesia e canale soprast

Veduta d’insieme della falesia di Chiaia di Luna e del canale soprastante. Sotto: particolari dell’opera

Canale di derivaz. acque

Canale. Part.

Canale. Part.2

Quando saranno eseguiti i lavori a Frontone, anche lì è previsto qualcosa di simile, almeno per la parete alta. Non solo, fa già parte dell’appalto anche la canalizzazione delle acque che arrivano dalla valletta del Poliambulatorio, mentre il lavoro di risistemazione delle catene nella stessa area è da attribuire successivamente.

Per i geologi, il dilavare dell’acqua piovana e la  sua impropria infiltrazione negli strati sottostanti, vanno ad influire sulla tenuta del territorio.
Negli ultimi anni la situazione è diventata critica per effetto di precipitazioni sempre più violente e concentrate in pochi minuti, che comportano veri e propri torrenti d’acqua che tutto travolgono.
A ciò si aggiunge il cambio dello stile di vita degli isolani e l’abbandono dell’attività agricola; la massa d’acqua meteorica che una volta era utilizzata per usi domestici ed agricoli, oggi non solo non è più raccolta ma non è nemmeno convogliata in altro modo.

Canali non più puliti, sentieri, pozzi e pantani abbandonati, consentono all’acqua di scorrere  liberamente ed infiltrarsi come e dove può, accelerando il processo di erosione del territorio isolano, ovunque, anche lungo le pareti delle coste.

È quindi evidente la necessità di una diversa gestione del territorio.

Le modalità vanno cercate e sarebbe opportuno discuterne, ma pensare di poter continuare a fare unicamente gli operatori turistici per tre mesi l’anno e poi abbandonare l’isola per tutto il resto del tempo è il modo migliore per accelerare il processo di sfaldamento del territorio, con tutte le negative conseguenze anche sulle attività turistiche.       

Il PAI: mitigazione ed adeguamento
In rapida sintesi i punti essenziali della delicata problematica PAI a Ponza:

L’attuale Piano di Assetto Idro-geologico (PAI) è stato redatto in tutta fretta sull’onda emotiva della tragedia di Ventotene del 2010;

I successivi interventi di riduzione del rischio idro-geologico sono stati elaborati sull’assunto iniziale  che l’intero arcipelago sia a livello di rischio R4; l’attuale gestione del territorio in larga parte è condizionata dal Piano del 2010;

Le due amministrazioni che si sono succedute negli ultimi quattro anni si sono e si stanno dimostrando poco incisive e propositive rispetto all’importanza che il problema riveste per la sopravvivenza economica e la stessa qualità della vita della comunità locale.
Queste considerazioni scaturiscono dall’analisi dei documenti e da quanto sta avvenendo.

Si ricorderà su quali presupposti fu approvato il Decreto 6 dicembre 2010 n. 3 (riportato nella terza parte di questa serie: leggi qui):
“ (…) tenuto conto che, rispetto all’aggiornamento del prospetto di PAI in oggetto, potranno essere comunque introdotte ulteriori  modificazioni… sulla base di eventuali approfondimenti argomentati…”

Ed ancora se si va a leggere il comma 1 dell’art. 14 delle Norme di Attuazione del Piano stralcio per l’assetto idrogeologico, approvato con Deliberazione del Consiglio Regionale n. 17 del 04/04/2012 (B.U.R.L. n. 21 del 07/06/2012 – S.O. n. 35)

Allegato file .pdfPiano stralcio P.A.I. Lazio. Norme_di_attuazione

…troviamo scritto:“Il Piano, per sua definizione, possiede una natura dinamica che esige un continuo adeguamento alle nuove realtà territoriali, in termini sia di conoscenza, sia di approfondimenti specifici, tramite successive adozioni ed approvazioni del Piano in versioni più aggiornate”.

Adeguamento, il senso di tutto è concentrato in questo termine. Proviamo ad esplicitarlo con maggior chiarezza.
Abbiamo già più volte ripetuto che il PAI 2010 relativo a Ponza è grossolano come gli stessi estensori del piano hanno pubblicamente confermato, per la rapidità con cui è stato predisposto e l’approssimazione delle indagini.

Inoltre il PAI del 2010 considera un’unica categoria di rischio: la R4 – la più alta – e soprattutto sulle mappe catastali dell’isola non è mai stato riportato graficamente dove cade la linea di rischio dei 50 metri, con importanti implicazioni pratiche (v. avanti).
Sappiamo d’altronde che la stessa generosa natura che ha reso le nostre isole così uniche per varietà di colori ed articolazione e bellezza della costa, è il motivo della loro fragilità.
Ma viene naturale chiedersi. siamo proprio sicuri che per il 97% delle nostre coste ed ovunque per la stessa profondità di 50 metri, tutto sia a rischio massimo?

Fino ad oggi, e con grave carenza, il Comune – ente deputato alla tutela degli interessi locali, a meno che la Regione non voglia sostituirsi ad esso – non ha mai richiesto uno studio geologico dettagliato per verificare se effettivamente quanto stabilito in urgenza nel 2010 avesse riscontro nella realtà dei fatti.

Anzi, piuttosto che avviare uno studio in quel senso, sta tentando di far passare gli interventi di mitigazione del rischio idro-geologico – quelli avviati in forza dell’Accordo di Programma del 2010 ed affidati fino a pochi giorni fa al Prefetto Santoro, in sostanza gli interventi illustrati sin qui – come interventi volti “a ridurre la gabbia PAI a Ponza”, mentre sarebbe necessario fare un passo indietro: rivedere se la diagnosi è giusta e solo successivamente prendere le decisioni conseguenti.

Un concetto è la mitigazione del rischio idro-geologico. Dichiarato un livello di rischio R4, la Regione sta  intervenendo per renderlo meno incombente/imminente, ma la sua classificazione di rischio, nella quasi totalità dei casi, sempre R4 è destinata a rimanere. Altro è richiedere l’adeguamento del PAI 2010.

Anzi, va aggiunto che – restando al concetto di mitigazione  –  se si parte dal rischio massimo, – esempio Frontone –  l’intervento di riduzione conseguente ha buona probabilità di diventare invasivo e addirittura deturpante per l’ambiente; mentre era opportuno – con un adeguamento del PAI in vigore – prima accertare se veramente il rischio è tutto R4 e poi procedere con il relativo progetto.

Perché non si è proceduto in questo senso? Perché questo approfondimento e relativa richiesta di adeguamento avrebbero dovuto essere svolti per iniziativa e a cura del nostro Comune.

Il compito dei Commissari Straordinari non era la verifica/adeguamento del PAI, ma di far funzionare la complessa macchina tecnico-burocratica per gli interventi di mitigazione del rischio, partendo dal  presupposto che tutto il resto fosse già stato ampiamente verificato e valutato.
Adesso che sarà la Regione a gestire la mitigazione del rischio, cambierà qualcosa?

Per tornare alla profondità (buffer) di rischio di 50 metri, si può affermare che con si conoscano neppure quali siano esattamente le aree e quindi i soggetti interessati al rischio, a parte alcune situazioni del tutto evidenti; sottovalutando in tal modo anche gli effetti ed i costi per chi viene a trovarsi in zona ‘rischio’. Nell’approssimazione attuale, interventi edilizi anche banali, potrebbero trasformarsi in difficoltà enormi e molto costose anche per chi non dovrebbe essere sottoposto a vincoli.

Viene perciò da chiedersi, in mancanza di mappe precise: quali criteri vengono adottati, nel rilasciare i permessi, per stabilire se effettivamente un soggetto è ricadente o meno in zona PAI?

…E ancora non è stato adottato un piano regolatore generale!

Facciamo un esempio, nel settore pubblico, cui già si è accennato (leggi qui).
L’approvazione del progetto per l’intera rete fognaria della Forna è stato sospeso per ulteriori approfondimenti, poiché l’area del depuratore – e di altri impianti fognari – cade all’interno del buffer, mentre con una buona probabilità in quella zona una profondità di 50 m è eccessiva.
Anche qui un adeguamento del PAI avrebbe potuto/potrebbe fare chiarezza.

È del tutto evidente, a questo punto, quale importanza rivesta per l’isola, investire in un piano di adeguamento del PAI, che da un lato fornisca una mappatura precisa sui luoghi interessati a rischi di natura geologica e ne accerti la gravità e nel contempo punti a liberare alcune aree che potrebbero impropriamente essere state incluse nel rischio massimo.

Solo un’ultima annotazione di carattere generale.  Una linea di rischio tutta uguale, seppure tutta rossa, potrebbe addirittura indurre ad effetti controproducenti: se tutto è proibito e quasi come se nulla fosse proibito. Potrebbe con ciò venire a mancare la giusta attenzione per qualche località ove effettivamente il rischio si potrebbe presentare concreto e imminente.

E giungiamo al punto finale: la gestione del rischio.
Il concetto è stato espresso nel modo migliore proprio dai geologi nel loro comunicato intermedio nei giorni in cui sono stati presenti a Ponza (leggi qui)

Ne riprendiamo alcuni passaggi con l’intento di sottolinearne l’importanza.

Il presidente dell’ordine dei geologi del Lazio, Roberto Troncarelli:  Da tecnico rilevo una mancanza di proporzionalità tra la ricorrenza del manifestarsi di eventi franosi e le forti limitazioni all’uso del territorio imposte dall’attuale regime vincolistico. Queste, invece, dovrebbero essere maggiormente calate nelle singole situazioni locali, tenendo conto dei beni esposti, della necessità di un’applicazione graduale dei vincoli e della reale propensione al dissesto dell’area”

Il segretario dell’Ordine Tiziana Guida: “a dispetto del tentativo che la nostra società fa, attraverso normative, divieti e ordinanze, di perseguire un utopistico obiettivo di sicurezza assoluta, ogni giorno ciascuno di noi inconsapevolmente e tacitamente si prende qualche rischio.  Alcuni di questi rischi sono socialmente accettati, in quanto fanno parte del costume comune e si ritiene che i benefici delle attività a cui sono connessi siano superiori ai possibili danni.
Bisogna quindi cambiare direzione
andando oltre la ricerca della sicurezza per approdare al concetto più ampio della gestione del rischio, rendendo il turista consapevole, ma contemporaneamente attuando il monitoraggio delle aree in dissesto e la manutenzione delle opere di difesa realizzate”.

Rendere il turista consapevole, ci sarebbe da aggiungere il turista che va al mare, perché la ricerca della sicurezza a tutti i costi non viene richiesta dal turista che frequenta le nostre splendide valli e montagne.

 

Controllo e gestione attenta del territorio, monitoraggio ed interdizione ove il rischio è conclamato e imminente, informazione costante anche attraverso gli stessi operatori turistici e condivisione – con chi arriva sulle nostre isole anche solo per pochi giorni – di come sia la loro stessa bellezza a renderle fragili, invitando con ciò ad assumere comportamenti prudenti ma nel contempo consentire di godere di quanto madre natura ci ha elargito.

Questo, per quanto non semplice, è l’unico percorso possibile per mantenere in vita queste isole e non farle diventare una gabbia di cemento, reti e divieti.

4 Comments

4 Comments

  1. francesco ferraiuolo

    21 Luglio 2014 at 19:51

    Gent. Redazione, l’argomento “Ponza e la sua natura geologica” mi è sembrato ben sviluppato e dettagliato. Insomma, un ottimo lavoro. Condivido pienamente le considerazioni finali, anche perché sul tema ho avuto modo di pronunciarmi in diverse occasioni, esprimendo concetti simili, pur non essendo uno specialista del ramo ma, credo, una persona di buon senso.
    Ricorderete, in particolare, per averlo pubblicato anche su “Ponza Racconta”, l’intervento che io feci nel corso della seduta del Consiglio Comunale del 19 settembre 2012, di cui riporto uno stralcio:
    … “Sig. Presidente, già nella seduta dello scorso 28 giugno ebbi modo di manifestare il mio giudizio critico per come si era giunti alla formulazione del P.A.I. e sulle conseguenze nefaste che da esso sarebbero scaturite per Ponza sul piano socio-economico.
    Nella successiva data del 9 luglio le indirizzai una lettera, con la quale proponevo di impostare nei confronti della Regione Lazio una “vertenza Ponza” [cioè un tavolo per la soluzione delle problematiche relative al P.A.I., affinché la stessa si assumesse la responsabilità delle sue scelte calate su di noi, con la consapevolezza che l’isola non può essere lasciata sola, anzi rappresenta un importante e peculiare punto qualificante l’offerta turistica nel circuito regionale], data la sua responsabilità nell’aver dato luogo, nella formulazione del P.A.I., a scelte che, francamente, appaiono, alla grandissima parte dell’opinione pubblica, esagerate e sbrigative.
    Sono e siamo convinti che un esame più approfondito sul piano squisitamente tecnico, scevro da qualunque motivazione emotiva e penale, avrebbe prodotto un risultato molto meno penalizzante, un risultato che io ho definito equivalente ad un “terremoto”, seppure di carattere amministrativo, come avvalorato dalla planimetria del 13/07/2009, di appena un anno e mezzo più “vecchia” di quella del P.A.I. aggiornata 06/12/2010.

    Nella seduta del 28 giugno suggerii [come ribadito nella predetta lettera del 9 luglio 2012] anche di nominare degli esperti di chiarissima fama in grado di dimostrare, attraverso le più accurate indagini e valutazioni, che la costa di Ponza presenta elementi di effettiva pericolosità solo in alcuni punti; che l’isola non è tutta da chiudere perché mostra le stesse caratteristiche di tutte le altre isole italiane, di tante costiere celebri (penso, ad esempio, alle costiere amalfitana e sorrentina) o di strade e luoghi rinomati di montagna, dove, ad eccezione dei punti in cui vi sia stato un puntuale e motivato accertamento tecnico d’imminente pericolo di crollo, cioè il vero caso che giustifica un provvedimento contingibile ed urgente di interdizione, il potenziale rischio, nelle debite situazioni, viene solo segnalato con adeguata cartellonistica, in cui compaiono le istruzioni correlate al grado ed alla caratteristica del rischio stesso.
    Tutti sappiamo che l’eliminazione completa del rischio è assolutamente impossibile perché le sue variabili sono infinite ed imponderabili; la realtà quotidiana ci impone di metterle in gioco e dal momento che non si possono prevedere e studiare tutte, esse ci espongono inesorabilmente al pericolo.
    Possiamo dire di essere totalmente sicuri quando passeggiamo o sostiamo, ad esempio, lungo la Banchina Di Fazio o il Corso Pisacane con ciò che incombe sulle nostre teste o su una strada percorsa dal traffico autoveicolare o mentre siamo qui, in questo luogo, oltretutto in zona PAI? Sicuramente no!
    E allora, siccome il rischio zero non esiste, che facciamo, chiudiamo il paese con una bella ordinanza?
    Oppure, l’ordinanza non la facciamo perché in questo caso non è previsto un piano rischi e ciò ci mette al riparo dalle personali responsabilità? O, invece, siccome siamo ossessionati dalla sindrome per la sicurezza, scusate l’ironia, facciamo una bella norma che ci impedisca proprio di nascere così da eliminare a monte ogni pericolo per la nostra incolumità?
    E’ di tutta evidenza, quindi, che il rischio può essere, come si dice in gergo tecnico, mitigato ma mai eliminato del tutto.
    Il buon senso, allora, cosa ci dice?
    1) Che è giusto intervenire con provvedimenti interdittivi, contingibili ed urgenti solo laddove vi sia stato un puntuale e motivato accertamento tecnico d’imminente e concreto pericolo per la pubblica incolumità (cioè non più un pericolo probabile);
    2) Nel caso di rischio potenziale, ancorché segnalato in un piano, bisogna: a) adottare azioni periodiche di monitoraggio per accertarsi che non siano sorte situazioni di imminente pericolo; b) eseguire lavori [ad esempio disgaggi] per la mitigazione del rischio stesso, che non alterino possibilmente le caratteristiche ambientali e paesaggistiche dell’Isola (non è assolutamente accettabile l’idea di Ponza avvolta da reti e da muraglioni di cemento), in relazione alle risorse finanziarie disponibili ed alle zone più frequentate (è impensabile poter intervenire su tutto il 97% della costa); c) indicare il potenziale pericolo con adeguata segnaletica e cartellonistica, in cui compaiano le istruzioni correlate al grado ed alla caratteristica del rischio stesso.
    Quindi, a mio avviso, va privilegiata, in primis, una buona informazione locale che è anch’essa un atto per la mitigazione del rischio, sicuramente più efficace di risibili quanto inutili transennamenti (vedi quello della Parata) che nottetempo vengono eliminati (come a Le Forna, da improbabili “pariolini” e… non più ripristinati), atteso che operare per la sicurezza è si compito delle istituzioni ma, principalmente, i primi ad essere responsabili per la nostra e per l’altrui incolumità siamo noi stessi”…
    Va precisato che il predetto intervento fu svolto, come detto, nel corso della seduta del Consiglio Comunale straordinario del 19 settembre 2012, convocato su richiesta mia e del collega Balzano, ai sensi dell’art. 39 del D.Lgs. n.267/2000, nel quale chiedemmo la costituzione di una Commissione Consiliare speciale per il P.A.I. composta da consiglieri di maggioranza e di opposizione, funzionari degli enti preposti, soggetti esperti e rappresentanti di categoria, la quale avrebbe dovuto occuparsi di trovare soluzioni al problema P.A.I.
    Il Sindaco si manifestò, come è noto, favorevole alla costituzione della commissione e disse che ci avrebbe riconvocati a breve termine per concordare i termini della sua costituzione.
    A tutt’oggi, nessuna convocazione, nessuna risposta: sono passati due anni inutilmente.

  2. Silverio Lamonica1

    22 Luglio 2014 at 20:10

    Sempre a proposito di PAI a Ponza
    E’ superfluo precisare che condivido pienamente l’articolo “Ponza e la sua natura geologica ….” proposto dalla Redazione di cui faccio parte, specie nella parte conclusiva. Per rafforzare maggiormente la tesi finale dell’articolo, mi sono preso la briga di effettuare alcune ricerche su internet relative agli incidenti, purtroppo mortali, che si verificano ogni anno in Italia:
    a) Fonte ASAPS.it “Il Centauro”: vittime per incidenti stradali solo nel 2012, 3653 persone (Ponza ha circa 3300 residenti, fonte Wikipedia), come possiamo classificare le strade italiane? Altro che R4 , forse non basterebbe la R44! L’ANAS che gestisce le strade, ha mai pensato di commissionare piani di salvaguardia cervellotici, tali da chiudere definitivamente i tratti di strada dove purtroppo si sono verificati gli incidenti? Nulla di tutto ciò: avrebbe paralizzato il Paese. Abbonda, giustamente, la segnaletica con le limitazioni di velocità e l’informazione, anche coi vari spot televisivi riguardanti la “guida prudente e sicura”.
    b) Fonte Daily life – gruppo Adncronos: 30 morti l’anno sulle piste da sci.
    c) Fonte ARPAV Veneto.it : Stagione invernale 2012/13 Regioni alpine, 109 morti

    E potrei continuare. Ma risulta che sia stato interdetto l’accesso alle piste da sci e sentieri di montagna dove si sono verificati quegli incidenti? Non lo credo, salvo smentita documentata. Logicamente il turista deve essere messo in guardia di fronte alla eventualità del pericolo.

    Il caso di Chiaia di Luna: La Regione Lazio ha investito centinaia di migliaia di euro, se non qualche milione, nell’apporre tre volte (!) la rete alla falesia e nelle riparazioni all’interno del tunnel. Risultato: la spiaggia è chiusa.
    Quale può essere la spiegazione? Lavori effettuati male e materiale impiegato di infimo ordine che hanno impedito l’esito positivo del collaudo dei lavori? Cosa è successo? Perché non aprire un’inchiesta per individuare i responsabili di tale disastro, inoltrando denuncia anche alla Corte dei Conti, dal momento che c’è stato uno sperpero notevole di pubblico danaro?

    Il caso Frontone: il PAI prevede una copia, in scala, della “Muraglia Cinese” sulla spiaggia che andrà a deturpare quell’angolo paradisiaco. Sulla scorta di quanto è accaduto a Chiaia di Luna, chi ci assicura che la spiaggia non sarà poi interdetta perché, magari, le fondamenta della muraglia, poggiando sulla sabbia, non cedano con prevedibile crollo sui bagnanti?

  3. vincenzo

    22 Luglio 2014 at 21:22

    Caro Franco Ferraiuolo, non ci si deve fermare, a mio avviso bisogna sollecitare il Sindaco Vigorelli e l’assessore ai lavori pubblici Franco Ambrosino ad istituire una commissione consiliare che porti avanti un’azione nei confronti della Regione per riconsiderare il Pai. Se gli amministratori non si muovono Franco, si possono prendere le firme dei consiglieri comunali e se non basta si fanno riunioni con le associazioni di categoria e i cittadini e se non basta si prendono le firme dei cittadini per sostenere questa giusta lotta che dovrebbe vedere l’amministrazione comunale unita e solidale.
    Questo Pai è un’assurdità imposta dalla paura e dall’emergenza non dalla logica e dal buon senso!
    Il caso di Chiaia di Luna sta a dimostrare che con le reti non sempre si risolvono i problemi: una auspicata commissione consiliare, come ha detto giustamente Silverio Lamonica, anche a mio avviso dovrà sollecitare la magistratura ad aprire un’inchiesta che vada a valutare le responsabilità di chi ha speso i soldi pubblici invano visto che la spiaggia rimane chiusa. Franco Ferraiuolo, la politica ha ancora molti spazi di manovra anche se le difficoltà in questa isola sono enormi: buon lavoro!

  4. Biagio Vitiello,

    24 Luglio 2016 at 07:05

    Ieri pomeriggio, per sfuggire alla canicola estiva, mi sono messo a letto (con aria condizionata) a vedere in TV la trasmissione Linea Blu.
    Mi ha suscitato molti interrogativi il reportage sull’isola di Linosa, perché questa isola per molti aspetti è simile alla nostra Ponza e a Ventotene.
    C’è la riserva marina, ma si può pescare con reti a maglia grande. A terra si può cacciare, ma solo chi è residente vero e munito di permesso speciale.
    Ho notato che anche Linosa ha un progetto per la protezione delle berte (i nostri ‘parlanti’), per l’eradicazione del ratto e del Carpobrotus edulis (o rosa marina), con un occhio attento sulle colonie feline.
    La popolazione delle colonia delle berte è di circa 10.000.
    Linosa ha una popolazione di 350 abitanti che come a Ponza decresce col passar del tempo (ma non hanno residenze di comodo?).
    Non può arrivare In macchina a Linosa, chi non vi risiede, da giugno a settembre.
    Cosa molto interessante che il bagno lo si può fare in tutto il periplo dell’isola. Forse loro non hanno il PAI, pur essendo Linosa un’isola vulcanica molto simile, per il terreno, a Ventotene?
    A proposito del PAI, non ne ho sentito parlare: forse esso esiste sono nella nostra regione Lazio?
    Io non ho mai sentito parlare di zone interdette PAI a Capri, all’Elba, a San Domino, a Procida, ecc..!

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