Ambiente e Natura

L’isola delle palme nane

di Adriano Madonna

tramonto a palmarola

 

Pubblichiamo con piacere questo articolo datato 2009  del prof. Madonna. 
Al di là della descrizione incantata di Palmarola c’è un bel ricordo dell’indimenticabile Ernesto.
Sempre sull’isola delle palme nane segnaliamo, dello stesso autore, l’articolo pubblicato il 1° dicembre 2011: “Itinerari subacquei a Palmarola” (leggi qui)
In appendice, per gli appassionati culinari, la ricetta di un piatto tipico, “i ravioloni di mare”,  proposto da un ristorante storico di Ponza “Il Rifugio dei Naviganti”.
La Redazione

 

Ho ritrovato questo articolo nel mio computer. Risale a diversi anni fa, quando ero giornalista di una nota rivista di immersione subacquea, dove sono rimasto per trentasei anni, per andare poi in pensione nel 2010.
A. M.

Il cemento mangia il mondo, lo smog mangia l’aria, spesso il petrolio mangia il mare, la civiltà mangia le foreste, l’uomo mangia la sua stessa vita… Ma, ogni tanto, quasi un pillola di salvezza, c’è qualcosa che sfida il tempo e la follia umana e sopravvive. Destino o magia?

Un fenomeno del genere investe Palmarola, che si è sottratta al “gran cemento” da sempre e una volta non esistevano parchi marini e aree protette. Al contrario: negli anni Sessanta eravamo in piena era di “colonizzazione” dei luoghi più belli del mondo da parte di personaggi dal portafoglio gonfio che andavano in giro per l’Italia a seminare ville nei punti più “impossibili”: vette di montagne innevate costellate di verde, con cervi, lupi, tassi e uccelli, oppure scogliere a guardia di specchi di mare sin dal primo mattino del mondo, dove la natura più selvaggia e il pino marittimo contendevano al mare spicchi di roccia.

palmarola valico la forcina

Nonostante tutto, qualcosa si è salvato e Palmarola resta uno degli angoli della Terra più belli che l’uomo, pur nella sua ingordigia, per benevolo destino o per volontà, si è ritrovato a possedere. Siamo in tanti, infatti, a considerare quest’isola delle Ponziane una delle più belle in assoluto e… ne abbiamo viste di isole, giracchiando qua e là per il mondo!

Palmarola: l’ultima volta l’avevo vista un po’ di tempo fa. Poi, tre anni fa, “zitto zitto” ho compiuto sessant’anni e mi sono regalato una specie di Amarcord: sono andato nei posti più cari dei miei vent’anni, quando pescavo saraghi qua e là per il mio mare e quello di Ponza e così sono approdato a Palmarola. Era una giornata fredda e con il sole. Saltabeccando lungo la parete di destra della lunga spiaggia dove c’è il ristorante O’ Francese, ho ritrovato un posto che ricordavo bene: ho cercato un po’ e poi… eccolo! Ho ritrovato un arpione che avevo piantato nella roccia quarant’anni fa, in ricordo di un giorno e di una notte che avevo passato a Palmarola per pescare. Una volta, di notte si prendeva molto pesce, che veniva paralizzato dalla luce della lampada, anche se le torce subacquee di allora montavano le lampadine dei fari delle biciclette.

Quella notte, a Palmarola, avevamo preso saraghi nelle tane degli scogli lunghi (Le Galere) davanti allo spiaggione, io e Tino di Marco, poi, di notte era scoppiata una tempesta apocalittica e ci eravamo riparati sotto il muro del ristorante O’ Francese. Fu una notte di tregenda, ma eravamo d’estate e la mattina dopo c’era un sole grosso così.

la spiaggia di palmarola

Vedemmo arrivare La Giovannina, che faceva la spola fra Ponza e Palmarola carica di turisti e ci imbarcammo per “tornare a casa”, da Rosanna, che ci avrebbe preparato la pastasciutta, come faceva sempre quanto tornavamo dalla pescata, ma i nostri saraghi puzzavano, perché non avevamo avuto l’accortezza di metterli in una borsa frigorifero, roba rara quarant’anni fa!

Sono ritornato a Palmarola lo scorso ottobre 2009, con Andrea Donati, che con il Nettuno, la bellissima barca del Ponza Diving Center, e un gommone di 8 metri con un Suzuki da 250 cavalli, accompagna i subacquei a fare l’esperienza di immersioni indimenticabili.

Questa volta, dunque, sono ritornato a Ponza con il gommone di Andrea e a bordo c’era Ernesto Prudente, insegnante a riposo, che a Palmarola vive per diversi mesi l’anno, in una casetta che non è certo il frutto di un abuso edilizio, bensì una sua più che lecita proprietà e la storia ce lo racconta: nel 1875, per volontà del re di Napoli, Palmarola fu divisa e data in enfiteusi perpetua a ventotto famiglie di ponzesi.
Ernesto Prudente ci racconta che l’ingegnere Carpi fece il mappale dell’isola, dopo di che si iniziò a coltivarla. La coltivazione di Palmarola continuò fino agli anni Cinquanta del secolo scorso, poi Palmarola fu abbandonata. I nipoti delle ventotto famiglie presero possesso delle grotte ubicate nei lotti ceduti per enfiteusi perpetua, le modificarono e costruirono qualche piccolo abituro. Una di queste casette è quella di Ernesto Prudente. Siamo andati a vederla, nascosta tra roccia e verde, con il gommone di Andrea, raggiungendo l’enorme pettata di quella grande cala nota come La Forcina, poiché la costa, in alto, fa una sorta di sella (una forcina).

Nella nostra escursione a Palmarola non avremmo potuto desiderare un “Virgilio” migliore di Ernesto, che di Ponza e delle sue isole è la memoria storica e un attento cultore di qualunque cosa appartenga alle tradizioni e alla cultura di quelle felici fette di terra galleggianti sul mare.

Quel giorno, insieme con Ernesto, con Andrea e con Daniela, l’escursione a Ponza si tramutò in quello che sarebbe diventato, poi, un ricordo ricco di numerosi interessi. Ernesto, infatti, è una fonte inesauribile di fatti, informazioni, ragguagli e storia e mentre parlava mi affrettavo ad annotare mille particolari.

Perché Palmarola

“Ma insomma, perché si chiama Palmarola?”. Ernesto sorride, si aggiusta gli occhiali sul naso e si schiarisce la voce: “Sembra che il nome derivi dalla presenza della palma nana, che fra tutte le isole Ponziane cresce spontaneamente solo a Palmarola”. Poi si affretta ad aggiungere: “ E se ne vedrai qualcuna a Ponza è perché ce le hanno portate, ma prima le palme nane crescevano solo qua”.
Costeggiando costeggiando, con il motore al minimo e con il naso in su, siamo andati in cerca delle palme nane: ce ne sono tante, basta notarle, qua e là sui dirupi più alti. Sono getti di verde che schizzano fuori dalla roccia grigia e gialla, con i rami adorni di ventagli di foglie.

palma_nana

Ho chiesto a Ernesto:

“Ma davvero a Palmarola non c’è mai stata una presenza umana stabile fino a che il re di Napoli non volle darla in enfiteusi?”.

Non è esatto”, ha risposto Ernesto, “se l’uomo moderno non l’ha mai abitata, come sembra, c’è stato di certo l’uomo primitivo: sul monte Guarniere, infatti, il cocuzzolo più alto dell’isola con i suoi 249 metri, ci sono i resti di un’abitazione dell’uomo preistorico. Durante una sua prima occhiata all’isola deve aver scoperto l’ossidiana, che modificò totalmente la sua vita, sì che da nomade diventò stanziale e da raccoglitore errante di frutti e di bacche divenne contadino in forma stabile. L’ossidiana deriva da un raffreddamento veloce della lava eruttata dai vulcani ed è un minerale con l’aspetto del vetro che ben si presta alla costruzione di utensili, punte di frecce, armi e attrezzi per vari impieghi.
Oltre alle tracce della casa dell’uomo primitivo (in verità, ne sono state individuate due), a Palmarola è stata trovata anche una grotta sotterranea, che egli scavò per la raccolta dell’acqua: una antesignana dell’attuale cisterna“.

 

Palmarola sott’acqua

Ponza Diving Center, uno dei più famosi diving italiani, è il centro d’immersione più accreditato per conoscere ogni angolo di fondale di Ponza e delle sue isole più vicine. Andrea Donati e i suoi collaboratori, infatti, trascorrono tutto il loro tempo libero nella ricerca di nuovi punti d’immersione e spesso fanno scoperte interessanti.

Da diversi anni, nelle giornate di bel tempo, l’ex peschereccio Nettuno molla gli ormeggi nel porto di Ponza, proprio davanti alla sede del diving, e fa rotta verso Palmarola con il suo carico di allegri subacquei e di… spaghetti, poiché il Nettuno, oltre a essere una barca da sub, è anche una sorta di ritrovo di gaudenti: infatti, ci sono sempre una pentola d’acqua sul fornello e un quintale di spaghetti e sughi vari in cambusa.

Arrivando per la prima volta a Cala Brigantina, il versante sud di Palmarola, manca il fiato per l’emozione: pochi posti al mondo sono tanto belli! Poco a levante della punta di fuori dello Scoglio Suvace (piatto come una suacia, un pesce simile alla sogliola), c’è la Secca degli Zirri, uno dei punti d’immersione proposti dal Ponza Diving a Palmarola, in particolare per i neofiti, con una profondità massima di 20 metri. Diciamo che è una “secca comoda” e poi, dopo l’immersione, proprio là, a portata di mano, c’è Cala Brigantina, dove si sta volentieri. La Secca degli Zirri, più che una secca intesa come una proiezione verso l’alto del fondale, è un plateau roccioso molto esteso, con grandi massi, canaloni e grottini passanti. Ci sono murene, gronghi, polpi. I più attenti scovano nudibranchi colorati nascosti tra alghe e concrezioni.

lo scoglio suvace a palmarola

A nord est di Palmarola c’è la Secca dei Vricci, che da un fondale di 62 metri di profondità sale fino a -28. Una imponente parete verticale ammantata di gorgonie rosse con un ricco “sottobosco” di fauna sessile e vagile fa dei Vricci una delle immersioni più belle delle Ponziane. Nella stagione del passo, in giornate particolari, il blu terso dell’acqua frigge di pesci pelagici.

“Come precisava un vecchio pescatore amico mio”, ci dice Ernesto Prudente, “i Vricci sono una secca piccola, tant’è che ci vanno quattro coffe e cioè centosessanta ami”.

Distaccandosi da Palmarola di un miglio e mezzo a sud, si individua la Secca di Mezzogiorno, che sale da 78 metri di profondità e ha il cappello a -40. Anche la Secca di Mezzogiorno presenta una parete piena di gorgonie rosse e gialle e un’importante fauna sessile.

Sempre sul versante di Mezzogiorno, ma ritornando sotto la costa di Palmarola, quindi avvicinandosi a Cala Brigantina, troviamo un imponente gruppo di faraglioni, con la Scoglio Cappello e la Grotta di Mezzogiorno. Tra il Faraglione di Mezzogiorno e il Faraglione di Fuori, una volta c’era l’Arco di Mezzogiorno, formato da due alte guglie che si univano a formare un arco, ma tanti anni fa esso crollò e i due monconi delle guglie, di diverse altezze, furono battezzate lo Scoglio Fucile. In seguito, i due tronconi di roccia si sono ulteriormente accorciati.

il grottone di palmarola

Tra la Punta di Mezzogiorno e il Faraglione di Mezzogiorno, proprio in mezzo allo stretto, si elevano due piccoli faraglioni alti e sottili noti come gli Ommenielli (gli omini).

Un altro posto incantevole che vale la pena andare a vedere sott’acqua e una delle mete del Ponza Diving, sono Le Cattedrali, all’interno della cala chiusa tra il Faraglione di Tramontana e Punta Tramontana, all’estremità nord di Palmarola.
Qui, la conformazione capricciosa della roccia è tale che sembra di trovarsi al cospetto di un immenso complesso di canne d’organo incastonato nella pietra. Le Cattedrali si trovano a una profondità massima di 25 metri e offrono al sub l’incanto di una serie di grotte di cui una ospita una nutrita popolazione di gamberetti. Il fondale è caratterizzato da massi grandi e piccoli, tra i quali pullula una ricca biodiversità.

palmarola cattedrale

Le parole non bastano per descrivere Palmarola, troppo bella e intrigante per farsene un’idea solo attraverso una descrizione e delle fotografie. Andate a vederla e a conoscerla sopra e sott’acqua! Poi prendetevi un caffè al Bar Welcome, a Ponza, e chiedete di Ernesto Prudente. Vi racconterà tante cose e pezzi di storia con il sapore di tempi andati, spolverati di un sottile velo di nostalgia: le isole di Ernesto, quelle di tanti anni fa.

 

I ravioloni di mare al Rifugio dei Naviganti

Dopo l’escursione a Palmarola a bordo del Nettuno, al tramonto si ritorna a Ponza, dove metteremo il sigillo alla giornata con i piedi sotto il tavolo di uno degli ottimi ristoranti dell’isola. Questa volta andremo al Rifugio dei Naviganti, dove ci aspetta la simpaticissima Giovanna con i suoi piatti straordinari. La signora Giselda, mamma di Giovanna, ci insegna a preparare i ravioloni di mare.

Ingredienti per quattro persone

Per preparare la pasta:
un bicchiere d’acqua, due pizzichi di sale, un cucchiaio d’olio, farina quanto basta per preparare una “palla” di pasta morbida e malleabile.

Per preparare l’imbottitura:
quattro gamberoni reali, due cucchiai di parmigiano, albume di due uova, due cucchiai di ricotta di pecora, prezzemolo tagliato fine, un po’ di pepe (se è gradito).

Esecuzione

Preparare l’imbottitura dei ravioloni unendo nel mixer i gamberoni lessati e sbucciati, il parmigiano, gli albumi, la ricotta di pecora, il prezzemolo e il pepe.

Per preparare la pasta, unire farina, acqua, sale e olio e lavorare una palla omogenea di pasta. Metterla sulla spianatoia e stendere un rettangolo di circa 30×50 cm. Mettere l’impasto a cucchiaiate su una metà del rettangolo di pasta, che copriremo rivoltandovi sopra l’altra metà. Con un bicchere pressare sopra la pasta farcita formando delle formelle rotonde (i ravioloni). Bollirli in acqua bollente salata e scolarli quando vengono a galla.

Mettere in un tegame: un bicchiere d’olio, qualche spicchio d’aglio, otto gamberoni, otto pomodorini, un bicchiere di vino, un peperoncino. Aggiungere i ravioloni e saltare il tutto. Infine, aggiungere un pugno di Grana Padano, mantecare un po’ e servire a tavola.

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