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Ponzesi a Dorgali

di Rosanna Conte

 

Ho avuto il piacere di leggere uno scritto, Storia di una famiglia, non ancora pubblicato, in cui si ricostruisce la storia di una famiglia di fine ‘800 che, partita da Ponza, si è stabilita in Sardegna.
L’autore è Sergio Mazzella, discendente di Paolino (Pietro Paolo) Mazzella e Maria Civita Mazzella; lui, figlio di Silverio Mazzella e Carmela Cirillo, lei, figlia di Emiliano Mazzella (Migliano) e Gelsomina Scotti. La narrazione, molto lunga, arriva fino ai nostri giorni. Per ora mi soffermo sulla parte che ritengo più interessante per ricomporre un quadro della migrazione ponzese sulle coste sarde.

Paolino e Fam [1]

Seguendo i ricordi legati alla Casa dei Sacco” e agli articoli scritti su Ponzaracconta, ci si imbatte sempre nelle figure di ponzesi pescatori.
Invece Paolino Mazzella non va in Sardegna a fare il pescatore, ma il commerciante. Il che, scusate, non è poco, visto che stiamo parlando di un giovanotto ponzese di fine ‘800. E’ vero che era stato in America ed aveva avuto modo di vivere una dimensione ben più ampia di quella ponzese legata alla terra, alla pesca e, tutt’al più, alla navigazione mercantile, ma certamente Paolino doveva avere una buona dose di spirito d’iniziativa e molto orgoglio. E sì, anche l’orgoglio, perché per sposare la sua Civita ha dovuto scontrarsi con suo padre Emiliano, il quale, da grande proprietario di terre qual’era, avrebbe gradito un genero ugualmente ricco, e  lui la ricchezza non poteva accumularla con i mestieri tradizionali dell’isola. Da qui la decisione.

Visto che suo fratello Salvatore aveva il patentino per guidare le navi, nei primissimi anni del ‘900 insieme fondano una società, chiedono un prestito, comprano un bastimento e… vanno.
Dove?

Non nelle zone frequentate abitualmente dai pescatori ponzesi: loro non sono pescatori, ma “ambulanti del mare”.
Se l’intenzione è quella di portare ai sardi mercanzia campana ed acquistare da loro i prodotti particolari della loro terra, come il formaggio, da rivendere a Napoli, è opportuno recarsi lungo coste poco frequentate, ma in cui è possibile avere qualche appoggio, visto che per completare il commercio di tutto il carico c’è bisogno di un po’ di tempo e di un deposito per custodire i prodotti che man mano vanno ad  accumularsi.
La scelta cade su cala Gonone.

Cartina panoramica del Golfo di Orosei [2]

Cartina del Golfo di Orosei

– “Sembra che all’inizio dell’attività, si fosse valutata l’opportunità di sbarcare le merci a Orosei che, assieme a Gonone erano le prime due piazze “libere” a sud di Olbia e La Caletta di Siniscola, non servite dai trasportatori marittimi ponzesi, che “il patto di non concorrenza non scritto”, in vigore tra loro, imponeva di rispettare” – Così scrive Sergio.
Poco lontano da Gonone, ad Orosei, c’è un ponzese, Ciro Mazzella, che vive lì stabilmente: sarà lui a gestire il piccolo deposito con la merce. E’ invece, un altro personaggio, il signor Secci venuto da fuori, commerciante di pelli e granaglie, a favorire l’insediamento di Paolino a Dorgali, il paese a cui era ed è collegata Cala Gonone.

Dorgali.1 [3]

Dorgali panorama

Diciamo che va tutto per il meglio, anche grazie alle capacità relazionali e commerciali di Paolino che nei fatti prende le decisioni della società. Nel 1910, sua moglie, Maria Civita, ed i primi quattro figli si trasferiscono a Dorgali, dove a fine anno nasce la quinta figlia, la Gilda che sarà la memoria storica della famiglia. Fino ad allora Maria Civita, come Lucia Conte, moglie di Salvatore, il capitano del bastimento, era rimasta a Ponza ad aiutare i genitori a gestire i due negozi dove venivano venduti i prodotti arrivati dalla Sardegna.

Tre foto [4]

Paolino, in breve tempo, riesce a crearsi una posizione, perché, man mano le sue attività si ampliano. La prima nuova attività, accanto al traffico mercantile, è la produzione del carbone vegetale. Intorno a Dorgali ci sono boschi interi il cui legno può essere tramutato in carbone con procedimenti di combustione adeguati ed il carbone, molto richiesto nel periodo della diffusione delle industrie e della navigazione a vapore, può riempire il veliero che spesso torna dalla Sardegna  mezzo vuoto.

Questa attività è talmente importante che gli viene concesso l’esonero dalla chiamata alle armi della prima guerra mondiale. Per lo stesso motivo saranno esonerati i suoi figli, durante la seconda.

Ma non si ferma qui. La scorza delle querce abbattute è trasportata a Napoli dove  viene lavorata per estrarre il tannino, necessario alla concia delle pelli. Ben presto la richiesta di carbone è tale da dover ricorrere a bastimenti specifici, le carboniere, ed i nuovi bastimenti hanno sia i motori che la velatura.

Paolino va ancora avanti. Compra altri terreni per fare il carbone vegetale ed apre una panetteria, oltre ad impiantare un negozio sotto la casa che è riuscito a finire. Ormai può stare abbastanza tranquillo per sè e per i suoi figli che, contando solo i vivi, sono dieci.

E’ una storia, questa, positiva, col lieto fine, perché la famiglia resta in Sardegna. Col tempo si sparpaglia negli altri centri, da Cagliari ad Olbia ad Arbatax, ma conserva il baricentro a Dorgali e Cala Gonone, dove i rampolli, che vanno a studiare fuori, tornano nel periodo estivo.

Il genio dell’imprenditorialità ha continuato ad essere presente in alcuni discendenti di Paolino che sono numerosissimi: dai 10 figli sono nati 33 nipoti, 57 pronipoti e non si sa a quanto arriveranno i loro discendenti.

Cogliere i cambiamenti e adeguarsi è stata la caratteristica di questa famiglia. Il figlio di Paolino, Veruccio, nell’immediato dopoguerra capisce che l’epoca del carbone è finita e si dà al commercio e alla distribuzione del Gpl (Gas propano liquido – NdR), ma diventa anche grossista di elettrodomestici; e suo figlio, Sergio, l’autore del racconto, bazzicando i rally di cui è appassionato, riesce ad ottenere nel 1964 la concessione per le vendite dell’Alfa Romeo nella provincia di Cagliari.

Un altro figlio di Paolino,Vittorio, avvia un’attività alberghiera a Cala Gonone, mentre Pierpaolo, figlio di Attilio (quartogenito di Paolino), nel 1969 costruisce il villaggio turistico di Telis ad Arbatax.
Naturalmente la famiglia Mazzella ha dato validi lavoratori in tutti campi e non dimentichiamo quelli che si sono dedicati all’insegnamento nei diversi gradi dell’istruzione, anche universitaria.

Cala Gonone. Foto recente [5]

Cala Gonone. Foto recente

 

Paolino è morto nel 1929, per una peritonite non riconosciuta, e Maria Civita nel 1934, però il sassolino era riuscito a  toglierselo dalla scarpa verso suo suocero, come ci suggerisce l’aneddoto che spesso raccontava Carmelina int’a patura, che da giovane abitava sui Conti, nelle vicinanze di Migliano, per averlo sentiro narrare da lui stesso.

Quando Emiliano era andato a trovare sua figlia – e questo certamente prima del 1924 per gli ovvi motivi che diremo – aveva avuto l’incontro col diavolo. La prima notte non era riuscito, per quanti sforzi avesse fatto, a spegnere la luce, eppure aveva soffiato forte e poi dalla finestra aveva visto delle persone correre su due “chirchie ‘i vuttone”.

Immaginiamo il sorriso di sua figlia Civita al mattino, quando, avendogli chiesto se avesse dormito bene, si sentì rispondere che il letto era buono, ma la luce non aveva voluto spegnersi. Avrà accompagnato la sua mano sulla chiavetta dell’interruttore e gli avrà fatto compiere il semplice gesto che consentiva di spegnere la luce; e i “chirchie ‘i vuttone” erano una bicicletta, che non aveva mai visto prima.

Non ci meravigliamo. Emiliano viveva in un periodo in cui la radio non c’era ancora e certamente non leggeva i giornali; come tutti i contadini di una volta  non si muoveva facilmente dalla sua isola e, prima del 1924, quando Franco Feola impiantò la centrale elettrica a Ponza, questa invenzione era quasi sconosciuta, come anche quella della bicicletta.

Il passo di Paolino era stato enorme e Migliano poteva dormire sonni tranquilli per la figlia, anche se viveva in un mondo così diverso dal suo.